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Una donna diversa



- Se io dovessi dire, dopo tanti anni di militanza socialista, quello che più rischio di rimpiangere è l’aver negletto e trascurato delle cose che si potevano fare, di modeste dimensioni ma utili nell’attesa di qualcosa di bellissimo, formidabile ma impossibile…uno strano anno questo 1965, Silvano. Un anno in cui sembra che nulla sia successo…un anno che ci collega al ’64 e continua la linea che abbiamo iniziato nel 1963, ma direi da dopo il 1956, quando la Russia invase l’ Ungheria. Un anno in cui ancora di più provo a fare quelle cose di modeste dimensioni che credo porteranno maggiori risultati di quelle incredibili, sperate ma impossibili da attuare. Non voglio rimpianti quando mi ritirerò dalla politica.
Che credi Silvano? Che siamo al governo solo perché abbiamo avuto successo alle elezioni? Anche per questo. Ma ci siamo soprattutto perché agli americani servivamo.
- In che modo Pietro? Non vedo il nesso.
- Gli americani, con Kennedy, hanno capito che c‘è bisogno di riforme in Italia. E quindi non vedono negativa un‘ apertura a sinistra. E hanno capito che noi ci stiamo sganciando dai comunisti. Nella amministrazione Kennedy c‘è chi sostiene la formula del centrosinistra, grazie a queste persone abbiamo avuto la possibilità di essere al governo. Ma non tutti approvano quello che Kennedy approva... Anche in casa DC ci sono fin troppi che remano contro di noi. E anche il fronte militare, i carabinieri soprattutto, è contro di noi. Quando ho parlato di un tintinnare di sciabole mi riferivo a un tentato colpo di stato dell‘anno scorso...
- Davvero c‘è stato?
- Sì. Non posso fare nomi o entrare in dettagli ma c‘è stato. Forse era più per farci paura, per rallentare la voglia nostra di riforme che di effettivamente portarlo a termine. Ma tutto era pronto. Dopo aver eliminato Mattei (anche con l‘appoggio di chi stava dentro l‘ENI e voleva succedere a Mattei – non posso fare nomi lo ripeto, ma forse capirai a chi mi riferisco)...aveva fatto un grosso accordo con la Russia...volevano farci paura. Non so bene, non ho tutte le informazioni. Ma sembra che alla base ci sia una struttura che lavori per impedire lo spostamento a sinistra. La DC, americani, inglesi, carabinieri, esercito e massoneria...insomma sono in tanti, e non uno solo...e forse anche tante strutture segrete di cui non sappiamo nulla...
- Ma tu Pietro dove hai avuto queste informazioni?
- Beh non dimenticare che innanzitutto siamo finalmente entrati nella stanza dei bottoni...e poi , in occasione del ricevimento ufficiale offerto nei giardini del Quirinale durante la sua breve visita in Italia a luglio dell‘anno scorso, Kennedy mi ha preso in disparte e mi ha messo a conoscenza di una nuova opinione sull’Italia e sui socialisti. Vedessi come schiattavano quelli della DC – e sorrise Nenni.

Anche Silvano sorrise. Silvano aveva conosciuto Nenni a Firenze, in occasione di una sua visita. Poi era andato a Roma e di nuovo lo aveva incontrato. Nenni era figlio di contadini come lui. E subito avevano familiarizzato. Nenni era un romagnolo schietto, Silvano un toscanaccio senza peli sulla lingua, in politica.
Entrambi avevano la ribellione nel sangue. L’antipatia a chinare la testa.
Ciò che lo distingueva da Silvano era quel basco alla Sartre che Nenni spesso indossava, mentre Silvano si vestiva più da dirigente sindacale, in giacca e cravatta e non indossava mai nessun tipo di cappello in quegli anni.

Con che amore io vedo Lei, acerbo,
gli occhiali e il basco d'intellettuale,
e quella faccia casalinga e romagnola,
in fotografie, che, a volerle allineare,
farebbero la più vera storia d'Italia, la sola.


Così lo descriveva Pasolini in una poesia. Non molto dissimile da come lo vedeva Silvano. E Nenni era così, davvero. Nenni era la Storia. E nella sua passione e ideologia non era settario. Era un uomo che riusciva ad essere amico anche degli opposti. Era nato sotto il segno dell‘Acquario, gli opposti non erano un problema da conciliare.
Anni dopo, quando Nenni morì, Silvano si ricordò di una confidenza di Nenni.

- Sai chi mi ha salvato al Brennero? Quando ero nel vagone piombato che mi portavano in Germania?

Silvano si era stretto nelle spalle, guardandolo senza sapere che rispondere.

- Uno solo mi poteva salvare. Mandare i carabinieri a prendermi e far spiombare il vagone per trasferirmi a Ponza.
- Chi? – reagì impaziente Silvano.
- Benito.
- Il duce?
- Sì.
- Ma tu lo conoscevi bene? So che siete stati in galera insieme…
- Non solo...anche a Ponza ci siamo incrociati, nel 43, quando Benito è stato arrestato.
- Non immaginavo un rapporto di amicizia così forte fra te e il duce. E‘ una rivelazione.
- Sai che diceva Edda, sua figlia, di noi due?
- Non riesco nemmeno a immaginarlo.
- Voi due vi lega la Romagna, la povertà, la testa dura. E la galera. Questo diceva Edda. E credo avesse ragione.

Silvano era andato a Roma al Viminale, dove aveva incontrato Nenni.
Sedeva a un tavolone colmo di documenti, in una stanza grandissima, decorata e piena zeppa di quadri. Si trovò seduto su un seggiolone scomodo. Con Nenni che gli sorrideva davanti.
Era andato a chiedere un finanziamento per la sede di Firenze. Ma finì che parlarono un po’ di tutto fuorché di quello.
Solo alla fine quando si salutarono Nenni gli disse. 

- Non preoccupatevi a Firenze. Vi faremo avere quanto prima quello di cui avete bisogno. 

Silvano era arrivato a Roma verso le 11. Da Roma termini con taxi era arrivato al Viminale.
In treno aveva dormito. Ma solo dopo Arezzo era riuscito ad addormentarsi. Prima aveva a lungo pensato a Sabatina.
La sua disperazione lo disturbava. Lo costringeva a vivere una doppia vita. Anzi una vita che in realtà diventava sempre più la seconda e sempre meno la prima.
Sapeva di non comportarsi bene con lei. Ma gli pareva inevitabile quel comportamento. E non doveva spiegazioni. Che spiegazioni doveva? Le aveva detto la verità, no? Che altro avrebbe dovuto dire?
Voleva una vita nuova tutto qua.
L‘Italia era cambiata. Non era più quella di quando era finita la guerra. Tutto cambiava. Solo Sabatina era sempre la stessa.
L‘avesse mai vista con un vestito diverso. Una volta truccata, con le labbra rosse...
Quando aveva chiuso la porta dietro di sé si era sentito sollevato. Le gambe lo avevano portato leggero alla stazione. Il pensiero di incontrare Nenni a Roma era l‘unico che aveva in testa. Ed era un pensiero leggero. Un pensiero di libertà. E non di oppressione. Poi in treno...erano venuti quelli di oppressioni. Prima uno, poi un altro, poi un altro ancora...e poi a decine avevano reclamato il diritto di vita nella mente affollata.
E quello stato lo aveva accompagnato fino ad Arezzo.


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