Saturday 20 May 2017

Del carattere dell'Italia



Nel porsi il problema del carattere degli italiani credo che il primo e fondamentale quesito sia: in quale mondo vivono?
La storia dell’Italia moderna si caratterizza per la mancanza di un “Hic”, su cui si focalizzano le categorie del pensiero.

Esistono invece tanti “hic” nei quali le categorie di un pensiero si focalizzano.
Queste categorie o partono dall’interiorità o si costruiscono dall’esteriorità.
Noi propenderemmo per la seconda prospettiva. La categoria non è all’interiorità dell’uomo italiano ma gli appartiene in quanto la individua all’esterno di uno dei tanti “hic”
L’uomo italico non è certamente un uomo kantiano e nemmeno cartesiano. E’ piuttosto un uomo fenomenologico.
L’uomo italiano vive progettato verso l’esterno ed composto dagli strati dei “hic”.

Individuiamo due “hic” di partenza, uno dell’Italia pre-unitaria e uno dell’Italia quasi-unitaria.

Machiavelli e Guicciardini – “i proto-hic”

Da una parte abbiamo uno schema generato dal pensiero del Guicciardini in cui l’uomo si rifugia nel “particulare”, nel proprio tornaconto personale o del proprio clan familiare o comunque nel proprio mondo davanti alla coscienza che la realtà è immutabile nella sua imprevedibilità e impossibile da cambiare; dall’altra abbiamo lo schema machiavelliano dell’adattamento alla situazione e perfino della simulazione al solo scopo di raggiungere i propri fini, in entrambi è la realtà (effettuale) a dettare le ragioni all’uomo, a imporgli le proprie categorie, ma i modi di adattarvisi sono uno passivo (temporeggiatore) ed uno attivo (subdolo, machiavellico)



Liborio Romano – l’inventore della legge fisica del trasformismo 
“Meglio, in politica, aver rappresentato venti bandiere che nessuna: parecchi grandi uomini sono passati da una ad un’altra bandiera, e il mondo non si è trovato di ciò troppo male (Benedetto Croce)
Benedetto Croce ha ripetuto ciò che Romano Liborio aveva codificato: il trasformismo. Lo ha reso prassi e legge fisica fondamentale della politica italiana.
Per chi non sapesse chi era questo Carneade, riferiamo che incomincia la sua carriera in una setta carbonara e la prosegue da ministro di Polizia del re Borbone mentre si mantiene in contatto con Cavour, tradisce Cavour e si schiera con Garibaldi. Garibaldi lo farà ministro, Cavour lo escluderà da ogni carica.
Un uomo di forte personalità e intelligenza che vive costantemente in più stati contemporaneamente. A causa forse della sua estrema intelligenza tattica egli sa anticipare un nuovo stato rispetto a quello che aveva già occupato per cui chi vi si relaziona non ne coglierà mai la posizione in atto. Ma alla fine questa sua continua sovrapposizione di stati lo farà collassare e sarà emarginato dalla vita politica.
L'accusa più grave che generalmente gli si muove è quella di aver costituito una speciale forza dell'ordine composta di camorristi. Di essersi connesso con la camorra e di averne favorito il passaggio da illegale a legale. Di aver costruito la prima ufficiale (ma già Garibaldi in Sicilia lo aveva ufficiosamente anticipato) collusione fra stato e mafia facendo entrare nella forza di ordine pubblico Salvatore De Crescenzo (Tore 'e Criscienzo) capo camorrista e di conseguenza la camorra napoletana.
Liborio Romano non fa che esplicitare una forma implicita di collaborazione che nelle carceri borboniche del dopo i moti del 1848 aveva forgiato una prima connessione, fra camorristi e uomini politici liberali che si opponevano ai Borboni. Molti avvocati, professori, nobili, in contrasto con la dinastia dei Borboni erano finiti in carcere e si erano incontrati con i camorristi e ne era nata una certa intesa, sotto forma di rispetto e di conoscenza.
Quindi l'idea di Liborio aveva già una lunghezza d'onda che si estendeva a tutto l'ambiente liberale e che tendeva "a priori" ad un ordine di coesione fra camorra e stato.

Vi è anche una data che fissa quella legge fisica: 3 luglio 1860

Friday 19 May 2017

Garibaldi arriva a Napoli - come si prepara la città



Don Salvatore aveva fatto ciò che aveva promesso.
Domani a Napoli sarebbe arrivato Garibaldi. Napoli era tutta sotto il controllo di Don Salvatore che aveva ricevuto mandato dal ministro Liborio.

Da abilissimo mestatore politico, l'avvocato Romano Liborio faceva credere ai liberali di star preparando il terreno per l'avvento di Garibaldi, e lasciava intendere ai borbonici di essere l'ultimo strenuo difensore della monarchia: in realtà il ministro, resosi conto che le due parti in lotta avevano eguali probabilità di prevalere, agiva in maniera da poter in ogni caso, mantenere se stesso a galla.

Ma alla fine il suo continuo anticipare status e cambiare di posizione in base alle dinamiche politiche lo avrebbe fatto emarginare dalla vita politica dell’Italia unificata.

L'accusa più grave che gli sarebbe stata mossa sarebbe stata quella di aver costituito una speciale forza dell'ordine composta di camorristi, di essersi connesso con la camorra e di averne favorito la condizione, da illegale a legale. Di aver costruito la prima ufficiale collusione fra stato e mafia facendo entrare nella forza di ordine pubblico Salvatore De Crescenzo (Tore 'e Criscienzo) capo camorrista e di conseguenza la camorra napoletana tutta.

Eppure in quella città controllata dalla Camorra, grazie all’accordo con Liborio, i primi giorni dell’accordo camorristi e baldracche con coltelli e stocchi, pistole e fucili aveva percorso in lungo e largo Napoli gridando “Viva l’ Italia, viva Vittorio e Garibaldi” seguiti da cori di monelli, accattoni e cialtroni e canaglia in generale alla busca di danaro.

Non si può dire che, almeno nei primi giorni del loro mandato, gli ex camorristi diventati poliziotti si fossero comportati molto bene. Avevano incominciato col pugnalare un loro collega, Peppe Aversano, per poi passare a compiere molte vendette private.

In piazza San Nicola alla Carità aggredirono il giovane ispettore della polizia borbonica Perrelli, che nel passato li aveva perseguitati; ferito gravemente, l'ispettore venne adagiato su una carrozzella e avviato all'ospedale, senonché un camorrista di nome Ferdinando Mele lo raggiunse e gli inferse il colpo di grazia, uccidendolo.

Un altro ex commissario di Pubblica Sicurezza, Cioffi, fu picchiato a sangue e si salvò per miracolo. Istigati da patrioti del comitato «Ordine», il 28 giugno i camorristi incominciarono a dare l'assalto a tutti i commissariati di Pubblica Sicurezza, distruggendo gli archivi e poi sedendosi pomposamente dietro le scrivanie, forti della loro nuova condizione.

Al commissariato del rione Stella, dal quale i poliziotti borbonici non avevano voluto sloggiare, vi era stata una sparatoria nutritissima…

Che le cose stessero cambiando lo si sentiva nell’aria. C’era troppo di tutto. Di tutto quello che nel passato non c’era stato.

Tuesday 16 May 2017

I mali dell'Italia sono già all'origine del processo di Unificazione: Romano Liborio



Da oggi iniziamo una carrellata di personaggi e fatti per capire come i mali di questo paese siano già tutti codificati fin dall'origine stessa dell'Italia, nella sua Unificazione.  Da allora quasi nulla o pochissimo è cambiato.
Cominciamo con Romano
Liborio.

Immaginiamo un universo in cui per capire l'origine di un fenomeno sia necessario comprendere anche tutto il resto, in cui per comprendere perché un pianeta orbita intorno a una stella si dovessero sviscerare prima le leggi fondamentali del cosmo e determinare come esse agiscono sui costituenti elementari della materia ma un universo in cui tuttavia si possano svelare questi meccanismi un passo alla volta, svelare un meccanismo dopo l'altro a ritroso prima di svelare la singolarità, il momento iniziale che ha determinato tutto il resto (Big bang).
Così Newton, che non sapeva nulla degli atomi, ha potuto avere le sue fondamentali intuizioni sulla natura del moto e della gravità. Einstein non ha dovuto capire come fosse nato lo spaziotempo per poter stabilire il suo ruolo nella trasmissione della forza gravitazionale.

Il mondo degli uomini, delle loro idee e comportamenti sociali, in fondo non differisce di molto.
Sempre mi sono chiesto da che derivi il voltagabbanismo, la doppiezza e ambiguità politica italiana. Il famoso trasformismo.
Ebbene senza arrivare al Big Bang, e limitandosi a stabilire una legge classica valida come punto regolatore di questo comportamento italiano la chiameremo legge Liborio.
Romano Liborio, chi era costui?
Colui che ha codificato il trasformismo, lo ha reso prassi e legge fisica fondamentale della politica italiana.
Incomincia la sua carriera in una setta carbonara e la prosegue da ministro di Polizia del re Borbone mentre si mantiene in contatto con Cavour, tradisce Cavour e si schiera con Garibaldi. Garibaldi lo farà ministro Cavour lo escluderà da ogni carica.
Un uomo di forte personalità e intelligenza che vive costantemente in superposition, in più stati contemporaneamente. A causa forse della sua estrema intelligenza tattica egli sa anticipare di uno stato lo stato che già occupa per cui chi vi si relaziona non ne coglie mai la posizione in atto . Ma alla fine questa sua continua superposition lo farà collassare e sarà emarginato dalla vita politica.
L'accusa più grave che gli si muove è quella di aver costituito una speciale forza dell'ordine composta di camorristi. Di essersi connesso con la camorra e di averne favorito lo stato, da illegale a legale. Di aver costruito la prima ufficiale collusione fra stato e mafia facendo entrare nella forza di ordine pubblico Salvatore De Crescenzo (Tore 'e Criscienzo) capo camorrista e di conseguenza la camorra napoletana.
Era già successo in passato, ma mai in maniera così palese e ufficiale. 
Le carceri in quel periodo (dopo i moti del 1848) forgiarono un primo entanglement, una prima connessione, fra camorristi e uomini politici liberali che si opponevano ai Borboni. Molti avvocati, professori, nobili, in contrasto con la dinastia dei Borboni erano finiti in carcere e si erano incontrati con i camorristi ottenendone il rispetto.
Quindi l'idea di Liborio aveva già una lunghezza d'onda che si estendeva a tutto l'ambiente liberale e godeva di un processo entropico decrescente, dal caos fra l'opposizione camorra-stato si tendeva ad un ordine di coesione  fra camorra e stato.
Vi è anche una data che fissa quella legge fisica: 3 luglio 1860.

Saturday 13 May 2017

Che cos’è l’amore? (Da Amore Šaltibarščiai e Pomodori Rossi)




Ormai verso la fine di questa storia credo posso ritornare a trattare un tema che ho già anticipato e toccato passim nel libro.
Che cos’è l’amore?
E’ una simmetria risponderei. E’ un’energia e una struttura che permane e si conserva anche quando scompare.
Infatti non appena riappare subito la riconosci e ne provi gli stessi effetti.
E’ una simmetria che tira fuori dalla singolarità (solitudine in senso stricte) e congiunge all’universo attraverso l’unione trascendente di due singolarità (amante > < amato)
L’amore cambia si trasforma ma rimane inalterato nella sua struttura e modo di attuarsi. Cresce, descresce, compare, scompare…ma sono sempre modalità dell’Amore.
Per ogni forma che si conserva c’è una simmetria.
Attraverso questa struttura siamo accettati come siamo. Siamo accettati in quanto tali. Non abbiamo alcunché da dimostrare. Anche le nostre parti più negative scompaiono, non vengono viste. Vengono rimosse.
L’amore trasfigura.

Io sono, Austėja è, un insieme di quarks, gluoni, elettroni e fotoni
Io sono, Austėja è, due persone che si amano

Io sono, Austėja è, due oggetti materiali che coeriscono nelle leggi dell’universo
Io sono, Austėja è, siamo capaci di provare l’Amore una struttura che ha le sue leggi

Il nostro stato di amore è inserito in quella struttura e soggetto a quella struttura, in essa cambiamo in quanto essa non cambia.
Nell’amore gioiamo e senza amore soffriamo.
Quella struttura simmetrica è bellezza.

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Saturday 6 May 2017

"Rugìle" Recensione di Alessandro Ricci



di ALESSANDRO RICCI

“Esiste il libero arbitrio?”, si chiede il protagonista di Rugìle, descrivendo una storia d’amore intensa, drammatica (lo saranno tutte le sue), che sembra essersi sviluppata secondo vie deterministiche, a cui non si potevano sottrarre lui e la sua amata.
Questo interrogativo si dipana lungo tutta l’opera di Fabrizio Ulivieri grazie a sunti posti a fine di ogni capitolo, espediente curioso e interessante per riflessioni mai scontate e che gettano luce sugli avvenimenti vissuti dai personaggi del romanzo. I loro comportamenti, il loro incontrarsi, il loro amarsi, il loro perdersi e il loro ritrovarsi, sono frutto di forze superiori, governate dall’istinto, o sono la conseguenza di libere e consapevoli scelte?

“Io sono romantico. E’ vero che amo il sesso ma in fondo sono romantico. Cerco l’amore. Faccio sesso ma senza amore alla fine mi sento vuoto”. Leggendo questo silenzioso grido d’amore, il lettore si dà una risposta: le nostre scelte sono libere, condizionate solo da una continua e disperata ricerca d’amore. Si può essere trascinati in storie di sesso e goderne, ma quello che alla fine tutti desideriamo è accettare l’altro e essere accettati. Amare e essere amati. Il nostro incontra ragazze e donne con una vita sessuale intensa e libera, ma sia lui che le sue amanti cercano l’uno nelle altre il riparo sicuro dalle prove cui la vita li sottopone. Cercano l’amore vero. Così anche per Rugìle, ultima e più significativa relazione descritta, nella quale il protagonista sembra trovare il senso della sua vita, se pur in modo drammatico.

La scrittura di Ulivieri è semplice, veloce, e profonda. Quando cita personaggi illustri a conferma dei suoi pensieri ispira curiosità, mai pedanteria. Le sue riflessioni sul determinismo e sulla libertà coinvolgono e fanno riflettere sulla propria vita e le sue traiettorie. E quando usa un linguaggio forte per descrivere le esperienze sessuali del protagonista, si ha sempre la sensazione che quella forza nasconda in realtà la forza dell’amore che lui è pronto a dare e che desidera ricevere.

Rugìle è un romanzo molto bello, forte e vero, spietato e romantico.


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Rugìle





Why I write

  Ordinary life does interest me. It gives me substance and makes me be what I am. But I seek in it only the high moments. I search for the ...