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LORIS



Foto Živilė Abrutytė


Loris per anni aveva tenuto il profilo basso. Il silenzio era stata la sua scelta.
Difficile decifrare quel silenzio, quella scelta.
Di sicuro era la scelta di uno che voleva esprimere un dissenso.
Dissenso verso suo padre in primis, verso sua madre e verso suo fratello.
Un dissenso dignitoso, mantenuto con contegno. Che lo teneva lontano dalla sua famiglia di origine e dalle vicende di lei.
Un dissenso anticipatorio. Che pareva quasi prevedesse quello che sarebbe stato dopo la fine. Che riguarda sempre l'oblio. L‘esser dimenticato da tutti, a parte i pervicaci che si ostinano a voler ricordare.
In qualche maniera presentiva quella che sarebbe stata la fine. E sapeva che l'oblio sarebbe stata la fine di tutte le vicende.
L‘oblio è simile a una processo neotenico che mantiene alla fine ciò che era nell'individuo fin dal principio. Nato dall'oblio ritorna all'oblio.
Loris più di altri avvertiva la forza di quel processo neotenico. Un filo teso dall'inizio alla fine, un filo indotto e impossibile da spezzare.

- Tuo fratello è segreto. Sta zitto. Ascolta ma non dice mai quello che pensa. – ripeteva spesso Sabatina a Fabrizio.

Ed era vero. Loris taceva. Ascoltava ma taceva.
Ed era quel silenzio che sconcertava Sabatina. Lei che avrebbe voluto tanto parlare con lui, lui non parlava, né con lei né con altri.
Alla fine lei cominciava uno dei suoi interminabili monologhi che era lo stesso che gli aveva ripetuto la volta precedente, che ero lo stesso che gli aveva inferto le molte volte precedenti l’ ultima.
Loris imperturbabilmente e stoicamente le sedeva davanti e ascoltava e non profferiva parola. Ogni tanto si passava una mano sui capelli o si accomodava la barba.
Annuiva con la testa.
Poi, dopo un massimo di venti minuti, si alzava le dava un bacio, la abbracciava e la salutava.

- Quando ritorni? – era la immancabile domanda di Sabatina.
- Non lo so - rispondeva lui – La prossima settimana. Forse. Ma non so quando.

Loris sembrava aver subito una specie di domesticamento al silenzio. All'impassibilità. All'autocontrollo.
Fabrizio, che era l’opposto di Loris, provava un’ammirazione per quel suo comportamento allotrio rispetto all'andamento cromosomico della famiglia.
Ed era stato probabilmente un domesticamento (una narrazione) iniziato molto tempo prima.
Fabrizio infatti si ricordava di un Loris diverso quando erano bambini. Un Loris, timido forse, riservato, ma loquace, disposto all'emozione. E buono soprattutto.
Onestamente in cuor suo pensava di non aver mai conosciuto nessuno buono come suo fratello.
E rispetto a lui si sentiva sporco, indegno.
Ed era il fratello maggiore, con cui non riusciva mai ad esprimersi liberamente. Aveva sempre timore a dire quello che pensava.
Era come se il 98% del loro genoma fosse simile e differisse solo per il 2%. Ma quel 2% di differenze costituiva l’abisso fra lui e il fratello a livello morfologico, funzionale e comportamentale. Due organismi quasi diversi. Ma chi era l’attore esterno che era intervenuto sul genoma di Loris e lo aveva modificato?

Quando Loris se ne andava, piombava il silenzio.
Sabatina teneva il capo basso appoggiando il mento su una mano dell'avambraccio sinistro piegato in modo da sorreggerla. L'altra mano la teneva appoggiata sulla coscia destra. Esprimeva una scena di delusione e rassegnazione al tempo stesso.
Silvano seduto sulla poltrona davanti a Sabatina teneva il busto leggermente piegato in avanti e le mani conserte sulle ginocchia, come se volesse esprimere una voglia di reagire, di alzarsi e andare, che però rimaneva abortita in partenza.
Un silenzio che perdurava almeno dieci minuti e in cui nessuno dei due parlava.
Fabrizio per un po' li osservava e poi defletteva.
Alla fine Sabatina rompeva il silenzio.

- Non so che gli abbiamo fatto. Viene qui a fare la visita del prete.
- Che deve fare? Ha tanto da lavorare. Lo so io, che significa viaggiare…lui è sempre in viaggio. Ritornerà la prossima settimana…- ma non era convinto Silvano, che aggiungeva – Eh…

Poi Sabatina si rivolgeva a Fabrizio.

- Quando viene tuo fratello, scappi sempre. Non ci parli mai.

Fabrizio non rispondeva. Ma dentro di sé sapeva che era vero. Con Loris non era mai sicuro di che parlare. Il suo contegno, la riservatezza, lo bloccavano. Lo intimorivano. In effetti non sapeva mai se a Loris facesse piacere o meno parlare di un determinato argomento.
Di politica non si interessava, di sport nemmeno, di letteratura neanche…avrebbe forse dovuto parlargli di architettura (Loris era architetto) ma Fabrizio era un perfetto ignorante in quel settore.

Quando Loris se ne andava in casa vi regnava l’atmosfera di una sorpresa interrotta, di un risultato sperato ma mancato, di una finta sul ring andata male.
Quel luogo diveniva allora simile a una camera silente che proiettava il rossastro sapore di meravigliosi mondi fuori, che di lì nessuno poteva scorgere tuttavia.

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