Prima di morire ". Inizialmente lo avevo chiamato "A New Normal". In questo capitoletto ci si interroga sul mondo in cui il diavolo opera nel mondo e su come gli angeli, questi esseri dai più dimenticati, ci possano salvare.
Non sono tempi per i santi, adesso. Non ci sono terre per i santi, oggi. Ricordiamocelo.
Ma una volta era
il tempo dei santi e c'erano terre per i santi. E molti miracoli potevano
accadere.
Poteva anche
accadere il paradosso che, sospettati senza saperlo di essere a punto di
commettere omicidio, si fosse affrontati da un monaco che cadeva in ginocchio
toccando terra con la fronte davanti a te e chiederti scusa.
Una scena sconveniente
irritante? Una messinscena? Una stramberia di un monaco per un omicidio che in
fondo non era ancora stato commesso, che avrebbe potuto sì essere commesso ma
ancora non lo era e tuttavia se esisteva ne esisteva solo la intenzione da
qualche parte e in potenza.
Era dunque valida
l’intenzione pur ignota a se stessi per essere condannati?
Per il santo monaco
sì. Avresti potuto commetterlo senza ancora saperlo, tu non potevi nemmeno
immaginarlo prima, ma quel monaco già lo sapeva e poteva prevederlo. Poteva
vedere ciò che tu non potevi ancora vedere ma eri sulla via di commettere.
Non c'è
spiegazione, tranne che quel monaco era appunto un santo. I santi fanno la
storia e vivono sotto la mano di Dio. Vivono in una situazione di preghiera
continua che sola può svelare una dimensione per molti inafferrabile. Possono vedere
il passato, i morti, i regni della condanna, del patimento e della
gioia…possono vedere il futuro e dimensioni che pochi vedono, dimensioni in cui
già avviene ciò che mai qui avverrà o potrebbe non avvenire mai.
E perché quel
monaco voleva allora umiliarsi al punto da dirti "Perdonami!" davanti
a una condanna solo preordinata?
Perché non sarebbe
riuscito a salvarti dallo spirito maligno che transmogrifatosi sarebbe saltato
da un regno all’altro, dal già avvenuto all’ancora da avvenire, e che ti avrebbe
corrotto nell’animo quando ancora la tua coscienza non era consapevole di
uccidere.
Era un santo e
non poteva salvarti? Sembra quasi una contraddizione…
Non lo è. Perché
il male esiste e perché Dio lo lascia esistere. E quel monaco era perciò
aggirato dalla volontà di Dio. E non poteva fare nulla contro la volontà di
Dio.
Per quello avrebbe
detto "Perdonami!"
Alla fin fine è
un servitore di Dio. Deve obbedire a Dio. Di che doveva dolersi?
Perché è umano.
Questo è il motivo. Ha la stessa radice di te ... Appartiene alla tua stessa
carne e sangue. E prova compassione per te perché entrambi appartenete alla
stessa razza, anche se la sua vita corre lungo un altro mondo, che non è ancora
completamente il tuo e potrebbe non esserlo mai. Ma potrebbe, un giorno.
Sa infine che Dio
non salverà l'intero genere umano. Ma solo una parte, quella che non cederà la
sua coscienza all’intervento del maligno. I toccati dal sigillo divino, quelli
salverà.
Ecco perché si sarebbe
inchinato e avrebbe detto "Perdonami!". Sapeva che avresti ceduto al
maligno e che per quello Dio non ti avrebbe salvato, ma tuttavia essendo uomo e
la carne ha una radice unica per tutti, a ragione di ciò, la compassione lo
avrebbe sopraffatto in virtù della sua santità.
La carne, il vessillo comune a tutti di tutta la nostra vita. La carne ci sostenta. La carne ci tradisce. La carne ci salva. La carne ci perde.
Ora però non sono più i tempi dei Santi. Ora non ci sono più terre per i Santi. E si è smesso di credere negli esseri transmogrificanti, si è smesso di credere nell’inferno, nel purgatorio…in Dio.Il tempo e lo spazio di questo mondo li ha tutti occupati Satana. E solo pochi cuori resistono. E non sono quelli dei santi che sono troppo pochi ma quelli dei risvegliati, che cercano nel cuore la forza per resistere. Ma Satana non dà loro requie. perché in quei cuori ancora è Dio, è vivo e vi opera e dà la certezza della speranza e tuttavia permette l’assalto del maligno perché si rafforzino e si elevino completamente attraverso l’ascolto dei piccoli segni insiti nelle piccole cose. Soffrendo per coglierli.
L’uomo di oggi non sa la meraviglia che nasconde la sofferenza. Tutto ciò che nasce dalla sofferenza avvicina a quella immagine che ci si porta dentro come sigillo di Dio e Satana vuole distruggere ma la sofferenza rivela nella sua luce meravigliosa quella immagine, che prima della sofferenza quasi nessuno vedeva per decezione del demone ubiquo, cha a piccoli passi l’aveva occultata al mondo.
Fu così, per il
compleanno di lei, che si mostrò l’opera instancabile e quotidiana dello
spirito maligno di come agisca nelle piccole cose in maniera quasi inavvertita,
come fosse invece il modo naturale di procedere delle cose.
Il loro legame
era ormai divenuto non solo sentimentale e fisico, ma anche spirituale,
soprattutto dopo le visite al brolis[1] della
chiesa francescana dove lui aveva avuto la visione e lei si recava di tanto in
tanto per celebrare messe per il padre morto suicida che si purgava vicino a
lei delle proprie colpe.
Insieme dormivano, mangiavano, pregavano. Il mondo fuori li minacciava e loro si univano sempre più profondamente.
Lui si arrabbiò.
Non capisco che
regalo di merda è questo! Le disse.
Avevo paura a
dirtelo. Rispose lei.
Non capisco…è
gelosa di noi due? O è ispirata a dividerci?
Non posso dirle
di no. È mia cugina. Mi ha regalato questo viaggio al mare, a Palanga, ma a
condizione che siamo solo noi due. Io e lei.
Lui tacque, Era
ferito. Era solo in quella città senza di lei. Con chi avrebbe parlato tutto il
giorno? Forse solo con il barman al bar casotto di Lukiškių aikštė per
dire Sveiki. Vieną espresso. Viengubą. Ačiū…Viso gero. Quelle
probabilmente sarebbero state le uniche parole di tutto il giorno.
Avrebbe lavorato
tutto il giorno solo in quell’ufficio freddo, perché era freddo e umido, anche
se era giugno e sembrava novembre e il riscaldamento era spento perché è
normale che a giugno il riscaldamento sia spento ma non è normale che giugno
sia simile a novembre.
E poi dovevano
lasciare quell’ufficio, non avevano più i soldi per pagarlo. Non gli apparteneva
più. Era come lavorare sotto la spada di Damocle. Eppure aveva amato quel
luogo. Ogni volta che chiudeva la porta gli diceva “Grazie”.
Lì c’erano anni della loro vita. Anni di gioie, amori, sofferenze, di piacere e dolore, di speranze e delusioni. Anni delle loro vite erano lì. Bastava aprire la porta o chiuderla. Erano lì racchiusi. E lì sarebbero rimasti in eterno, finché l’energia del mondo fosse esistita.
La sera prima di
andare a letto, lui vide da una parte in camera una piccola valigia.
Quella? Chiese.
È per domani.
Rispose lei.
Per domani?
Sì, dormiamo a Palanga.
Non tornerai a
dormire?
No, non l’avevi
capito?
No, non l’avevo
capito. Pensavo cha andavi la mattina presto e tornavi la sera tardi…Tu mi dici
le cose sempre a piccoli pezzi. Un po’per volta. Mai tutte insieme.
Più che
arrabbiato era deluso. Aveva un baratro sotto i piedi che si apriva.
Mi dispiace,
pensavo che l’avessi capito.
No. E lei, tua cugina, non la voglio più incontrare né ci voglio mai più parlare. Veramente non capisco il senso di questo regalo, se non quello di volerci separare e mettere zizzania fra noi. Farci litigare. Se voleva farti un vero regalo perché non ti ha dato dei soldi? Lo sa in che condizione sei. No? Un viaggio a Palanga per voi due, come due innamorati…ma che senso ha questo regalo?
Comunque accettò
anche quello perché la amava.
Lei la mattina
varcò presto la soglia, il taxi l’aspettava giù e gli profferì il suo amore con
un bacio.
Anche lui
l’amava, al di sopra di tutto, era sempre nei suoi pensieri e nelle sue
preghiere.
Uscì e a lui non
rimase che la solitudine delle ore.
Il giorno non fu
facile. Il dubbio, la rabbia, il freddo, la solitudine pesavano e il tarlo
dentro rodeva.
Superò tuttavia il
giorno, anche con l’aiuto di lei, che via Viber cercava di trasmettere la sua
lealtà verso di lui con continui messaggi e foto.
La mattina seguente
lei gli inviò una foto della spiaggia di Palanga con il mare mosso.
Rimarrai ancora
là a lungo? Quando partite? Le chiese via Viber.
Abbiamo il treno
alle 18. Rispose lei.
Lui non ci vide
più dalla rabbia. Sperava di vederla nel primo pomeriggio e invece non
l’avrebbe vista certamente prima di mezzanotte.
Prima gli aveva
fatto capire che era solo un giorno. Poi scopriva che era un giorno e una
notte. Ora praticamente quasi due giorni.
Capì che era
stato un dilazionare la verità, con l’inganno di una comunicazione falsata ed
usata ad arte.
Capì che quella
cugina era gelosa della loro relazione.
Se lei era
infelice con il marito che era un uomo di natura infelice, voleva anche loro
due infelici? Che altra spiegazione poteva esserci?
Tua cugina con me
ha chiuso. Le scrisse. La odio. Lei può permettersi anche di non lavorare due
giorni. Tanto lei la pagano ugualmente. E quando andrò in vacanza io da solo e
tu a casa, sola, vedrai com’ è bello! In una cosa è riuscita tua cugina: a
farci litigare. Complimenti.
Il suo, è sì un regalo, ma velnio dovana, un regalo del diavolo.
E lui non era un
santo, non si sarebbe gettato ai piedi di lei e avrebbe detto “Perdonami”.
Non aveva
intenzione di umiliarsi in nome di una carne.
Sapeva che avrebbe dovuto farlo e non lo fece.
Una notte seppe
però che lei era il suo angelo. Gli angeli sono dappertutto e assmono mille
forme.
Tante notti quando
lei dormiva la guardava. E si chiedeva: ma chi sei tu veramente?
Per tante notti e
giorni non trovò risposta.
E da quel sonno,
da quegli occhi suoi, da quel respiro regolare, fu una notte che strappò il
segreto, e lo ebbe chiaro.
…custos es mei,
me tibi commissum pietate superna
Per quello non si
era gettato ai piedi, non poteva, non erano della stessa carne.
E il diavolo lo
sapeva.
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