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Un'aporia insanabile

 



Da "Il Sorriso Della Meretrice" in Academia

 

«La felicità nasce dal viver bene. E io vivo bene. Dunque son felice.»

«Si vede dalla tua rotondità che sei felice.»

 

Sorrise.

 

Mi parlava almeno quattro cinque volte al giorno. Era praticamente divenuto la mia ossessione. Mi attraeva. E alla fine penso di essermene innamorato.

Il mio sguardo era sempre concentrato su di lui quando passava. Il resto era puramente accidentale.

 

«Tu sei l'idea platonica della tua specie» gli mormoravo ogni volta che mi sorrideva felice passandomi davanti.

«Ma se Socrate fu persino contestato da Parmenide per ammettere certe idee escatologiche!»

«Forse perché Parmenide non ti aveva conosciuto» gli replicai.

 

Era un' ossessione. Sì era un'ossessione.

Quell'ossessione mi salvava. Il mondo era diventato difficile. Molto difficile. Inquietante.

La crisi globale non risparmiava nessuno Stato e nessun cittadino, a parte i pochi che possedevano tutto, anche le anime di chi era da loro posseduto.

E allora uno come me finiva per rifugiarsi in ciò che gli dava sicurezza, certezza. La certezza di un materiale caldo, morbido e soffice.

Ma l'ossessione viveva anche in virtù di un'aporia fra il tutto e la parte. Per il fatto che quell'entità non aveva sussistenza di per sé. Viveva in relazione al resto. Si sarebbe potuta concedere alla mia passione solo se anche il resto si fosse concesso.

Il tutto finiva per condizionare la parte, benché io fossi solo interessato alla parte.

Così dovetti cominciare a corteggiare il tutto.

 

«Ultimamente non porti più i pantaloni, vieni sempre con la gonna. Ma oggi, finalmente, ti sei messa i pantaloni per la mia gioia.»

«Ahh, ti piacciono i pantaloni» rispose il tutto.

«Sì, ti stanno bene modellano il tuo corpo» risposi al tutto, ma parlavo alla parte.

 

Mi accorsi che ero caduto in un'aporia insanabile. Avevo iniziato a dialogare con la parte, ma ora dovevo circuire il tutto per avere la parte.

Una situazione alienante. Praticamente la parte si era già concessa, ma il tutto ancora no.

 

Non vedevo soluzione. Non avevo soluzione.

Ma era un bel sogno quella rotondità soda che mi passava davanti alla scrivania e da dietro mi sorrideva a dispetto della legittima proprietaria che viveva lontana da quella inconsapevole relazione che io avevo instaurato con quella parte del suo corpo e che rischiarava lunghi pomeriggi noiosi.

Fu un bel sogno quel culo. Il sogno di un inverno freddo il cui unico calore fu quella meravigliosa idea di possessione.

 

 

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