Una malattia nella vita di una persona è, per quanto non atteso e gradito, un momento apparentemente normale. Normale, nel senso che càpita o può capitare di essere malati. E' una parte integrante della vita. E qui sta l'errore.
Spesso la malattia viene vissuta in modo negativo, nel senso di un' interruzione della propria quotidianità, vista come positività invece, come se la quotidianità fosse il bene più a portata di mano nella vita di una persona.
Eppure, ci sono dei segni contrari. E quei segni non sono facili da interpretare. Per interpretarli bisogna innanzitutto accettare la malattia, come un bene, e nient'affatto negativa. La malattia interrompe la quotidianità che copre il senso vero della vita, lo occulta. La malattia dà l'opportunità di riscoprire il senso vero della vita.
Quei segni ce li abbiamo davanti agli occhi, sono dentro di noi, nella sofferenza stessa che patiamo. Costituiscono un flusso che entra dentro e ci parla; ma solo se siamo disposti ad accettare la malattia come un bene, un dono, ci introduce alla sua lingua.
Perché la malattia ha una lingua, e logica. Si deve seguire la sua logica per capirla. E la lingua è fatta di immagini che si proiettano nel futuro non facili da essere viste e soprattutto difficili da sottrarre all'abitudine della quotidianità che ti fa pensare che la vita sia sempre quella: quella che viviamo ogni giorno e finiamo per pensare che che sia l'unica vita possibile.
Si seguano dunque i segni che si rivelano dalla malattia, gli impulsi profondi della malattia, e potremo ricominciare a reimpostare la vita scivolando via dalla copertura azzerante della quotidianità e a cominciare a seguire la voce interiore della lingua nuova che ci parla dentro e aspetta il nostro consenso per guidarci altrove, strappandoci dalla cecità della routine che ci aveva fatto cadere nel peggiore dei mali possibile: l'appiattimento del quotidiano.
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