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La via della foresta - Takas VII

 



[VII] Septintas Takas

Cristo alla settima stazione è caduto per la seconda volta. E’ caduto per indicarci la via da seguire. Il pentimento dei nostri peccati.
Chi ha preso la via della foresta, addentrandovisi, diviene perfettamente consapevole che quella che al mondo potrebbe parere una caduta, non lo è. Lui si è pentito di appartenere a quella massa che sostiene un governo repressivo, autoritario e dittatoriale. Quello era il suo peccato.

Lui sa che è diverso. Lui è lupo, non una pecora mansueta.

Chi prende la via della foresta è un lupo solitario, che non chiede il permesso allo stato per prendere quella via. Non manifesta il suo dissenso verso lo stato chiedendo il permesso allo stato.

In quella caduta, apparente, impara che qualunque decisione vorrà prendere non dovrà chiedere il permesso allo stato per prenderla, ma decide in autonomia. E agirà in autonomia. La sua condizione di lupo glielo detta.

Nel sentiero che lo conduce dentro il cuore della foresta sa bene che con gli eretici non vi è dialogo. Gli eretici vanno combattuti. Con gli eretici non si dialoga.

Mai più cercherà il confronto per comprendere quella massa con cui condivideva prima della caduta un apparente simile destino.

La sua caduta verso i margini del mondo è la sua forza e non la sua sconfitta come ai più appare.

E finché mantiene la sua condizione di lupo e solitario, che gli deriva dalla caduta in quella condizione, la sua forza aumenta e non diminuisce.
Lui ha fede. Fede nel Cuore Immacolato di Maria o nella sua coscienza.

I compagni di viaggio, se ci saranno, li dovrà scegliere bene. Il lupo segue un istinto. Già al primo incontro il fiuto gli dirà, come giudizio inequivocabile, la natura dell’altro.


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