El pueblo no cree nunca que quien habla enfáticamente diga tonterías
(Nicolás Gómez Dávila)
Il movimento "Chiediamo scusa ma non possiamo più stare chiusi" aveva finalmente sanato tutte le opposizioni interne, si era compattato e aveva indetto una grande manifestazione davanti a Montecitorio, per esprimere finalmente uniti la propria rabbia per il perdurare di misure ingiuste che colpivano il popolo sovrano, impediva loro di lavorare, di uscire di casa, di fare sport. Li privava delle libertà costituzionali. Molti di loro nonostante la rabbia, attendevano come ultima speranza l‘arrivo del Messiah, che ormai anche la Chiesa Universale aveva annunciato. Varaxxia, era il suo nome.
Era già arrivato e avrebbe permeato il popolo intero e lo avrebbe liberato. Finalmente.
Davanti a Montecitorio era stato predisposto, transennandolo, un vasto spazio che prevedeva un‘ entrata centrale per i dimostranti, e due esterne. Una per la polizia, qualora ve ne fosse stato bisogno. Ve ne era poi un‘altra, ma nessuno sapeva a che servisse.
Verso le 11 del mattino i manifestanti con le bandiere, gli striscioni, i fischietti e i palloncini, tutti muniti di presidio medico chirurgico incollato sulla bocca arrivarono ed entrarono nel recinto.
Finalmente il popolo si ribellava! Era presente la stampa mainstream, che come avvoltoio volteggiava per la piazza in attesa di cogliere i gesti dei facinorosi per poi denigrarli il giorno dopo come opera di mafia, ultrà e fascisti.
Era anche presente la stampa del web alternativo per esaltare le gesta del popolo eroe che finalmente aveva deciso di ribellarsi.
Nel fragore assordante dei fischietti e delle urla inferocite prese la parola uno dei rappresentanti.
Già Saputelli uno dei padri del movimento aveva via web tv invitato il popolo a ribellarsi al Leviatano del liberismo della EU. La EU era il vero nemico, ma il popolo non aveva tempo per guardare in alto. Il popolo sta sotto, il popolo non è né di destra né di sinistra, e non sta certo con le élite che stanno sopra e guidano il mondo, come avrebbe ribadito uno degli oratori, e quindi guarda a fatti concreti.
Infatti il primo oratore parlò in tal senso. E‘ importante – disse – che siamo qui a protestare contro lo schifo che stiamo subendo da un anno. E‘ un anno che hanno comprato i banchi a rotelle, mascherine che non servono a nulla, i monopattini... Hanno deviato e rubato soldi che potevano essere usati per noi, per i ristori. Dopo un anno non si può più parlare di emergenza. Si deve riaprire!
L‘oratore parlò coraggiosamente a volto scoperto senza mascherina, e soprattutto parlò con la rabbia del cuore.
Il discorso fu condiviso (anche noi lo condividiamo). Il popolo si riscaldò. Inveiva sempre più forte contro il governo Mostri.
Volarono molti Mostri, Mostri, vaf-fan-culo! Mostri, Mostri, vaf-fan-culo! Mostri, Mostri, vaf-fan-culo!!!
La polizia si allarmò e la apertura laterale davanti alla porta di ingresso di Montecitorio fu aperta e la polizia in assetto antisommossa fece il suo ingresso.
Le mummie dentro il palazzo spiavano impaurite da dietro le tende. Meno male che un manipolo di valorosi poliziotti, fra i pochi rimasti sani, li proteggevano. Molti di loro a causa del sangue del Messiah, Varaxxia, penetrato nelle loro vene, dalla stretta comunione con esso ricevuta, non avevano retto allo sconvolgimento spirituale che questa unione comportava ed erano caduti ammalati, forse a causa dei troppi peccati pregressi nel tempo.
Un manifestante prese inferocito la parola ed invitò il popolo a ribellarsi a disubbidire ad andare a prendere le mummie dentro il palazzo se non fossero scesi dei loro rappresentanti a parlamentare con il popolo sovrano.
L‘atmosfera si surriscaldava. La polizia era pronta ad intervenire. Fremeva. Temeva.
Il popolo prese ad inveire contro la polizia gridando Vergogna! Vergogna! Vergogna!!! Avete giurato sulla Costituzione non sul governo, state tradendo il giuramento. Vergogna! Vergogna! Vergogna!!!
Tra le decine di manifestanti che fronteggiavano la polizia tre o quattro braccia si alzarono in alto nell‘atto del saluto romano.
Era il segnale. L‘orda degli avvoltoi. i giornalisti mainstream, non aspettava altro. E un oceano di flash e di telecamere accese prese a illuminare la piazza già illuminata da un sole primaverile che placido e quasi indifferente osservava la rivolta.
Si aprì finalmente l‘entrata misteriosa, laterale. Fu fatto entrare un dissidente del parlamento, ove l‘allineamento era pressoché totale. Uno dei pochi. Il deputato Spiacioni, che fu portato a parlare al centro della piazza. Fu accolto da un‘ovazione di Spiacioni! Spiacioni! Spiacioni!
Parlò bene Spiacioni, e se le parole hanno il dono di corrispondere ai fatti certamente quest‘uomo era da ammirare.
L‘articolo primo della Costituzione – disse – indica che la Repubblica è fondata sul lavoro. Ma voi siete costretti da questo governo a non lavorare! Vogliono che assomigliate a loro. Loro sono abituati a non lavorare! Loro non fanno un cazzo! Sono dei pezzi di m... Non capiscono un cazzo! Sono solo degli incapaci totali.
Fece una pausa, poi riprese - Io sto all’opposizione. Da solo…
Perché allora il 27 maggio 2020 ti sei astenuto e non hai votato contro quando al governo c’era Barone? – gridò uno dalla folla.
Spiacioni non rispose. Ma continuò.
Io capisco che voi portiate la mascherina per paura. Paura del virus qualcuno, paura delle multe qualcun altro ma l’imposizione della mascherina è una cosa senza senso. E’ come uno che si fa una sega con il preservativo. Se uno da solo si fa una sega a chi gli serve il preservativo? Da che deve proteggersi? Da che deve proteggervi quel cencio che non serve a un cazzo?
Come effetto il suo discorso contribuì a riscaldare ancor di più gli animi. La folla, il popolo, pareva ora inferocito, e cominciò a guardare con rabbia verso la polizia. Un manipolo di disperati, sopravvissuti al Varaxxia, buttati lì a sbarrare il passo a un popolo le cui armi erano solo le nude mani, tra l’altro poste bene in alto per mostrare la loro non belligeranza.
Vi fu finalmente lo scontro con la polizia. Si cercò di forzare le transenne. Il popolo avanzò in massa contro le transenne a mani alte per ancora una volta mostrare la volontà determinata ma pacifica di voler entrare nel palazzo. La polizia impaurita da tanto ardire prese a manganellare di brutto.
Il tutto durò pochi minuti. Intervennero gli organizzatori a calmare gli animi.
Il popolo comunque era inferocito. Inferocito verso quella polizia che li manganellava e a cui con il loro lavoro pagavano lo stipendio, e soprattutto era inferocito con l‘altra parte del popolo, quella indifferente che se ne sta a casa e vive indifferente secondo il motto Chi se ne frega, basta che mi lascino in pace a me.
Tuttavia sebbene inferocito era un popolo rispettoso. Tanti di loro a cui nel parapiglia era scivolata sotto il naso la mascherina se la ritirarono subito sù e ripresero ad urlare con la mascherina sulla bocca.
Siamo disperati! Urlavano. Siamo senza lavoro. Libertà! Libertà! Libertà! Ma sai che vuol dire essere una partita IVA? Urlò uno ad un poliziotto fremente che stava sotto il casco dietro ad uno scudo con un manganello in mano. Anche lui con il bavaglio sulla bocca. L‘unico segno che apparentava poliziotti e protestanti.
Una donna piangeva, un‘altra come un‘ossessa gridava tappata dalla museruola al proprio telefonino con cui si riprendeva.
Non vogliamo la guerra con voi, urlava un altro ai poliziotti nervosi tesi e impauriti. Vogliamo entrare in quel palazzo. Fateci passare.
Uno con il megafono si rivolse ai poliziotti. Ragazzi, fermatevi! Non ce l‘abbiamo con Voi. Fermatevi! Noi non vi abbiamo fatto niente di male. Noi siamo qua per il lavoro. Non vogliamo la guerra. Non continuate così, per favore, perché ci state facendo male.
Qualcuno allora si rivolse alla stampa mainstream intonando il coro Giornalista terrorista! Giornalista terrorista! Giornalista terrorista!
Si prese a cantare Fratelli d‘Italia, con il cuore e l‘orgoglio di essere Italiani.
Fu allora che uno degli organizzatori, circondato dai poliziotti con il megafono in mano vicino all' uscita laterale annunciò.
Calmatevi! Calmatevi! Calmatevi! Ci fanno entrare, Alcuni di noi ci fanno entrare.
E il popolo si placò.
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