(foto di Živilė Abrutytė) |
Quel Natale 1966, dopo l'alluvione, portò molte novità.
Per Fabrizio la novità fu che Babbo Natale non esisteva.
Uno shock, come se improvvisamente il Dio in cui credi non esistesse più; con la differenza che perdere la fede non è mai un evento improvviso. È solitamente un processo lento, legato a dubbi, delusioni, rancori per non essere stato ascoltato, rabbia per le tante preghiere mai esaudite.
Fabrizio era un sognatore e figurarsi modi alternativi in cui la realtà potrebbe essere era il suo gioco preferito. Lambiccarsi il cervello gli piaceva.
Come un vecchio potesse in una sola notte consegnare i regali in tutto il mondo e scendere con il suo pancione dalla stretta cappa del camino, non costitutiva un problema di adattamento per la sua fantasia, come per ogni fantasia di ogni bambino cresciuto in quella favola.
Ma è pure vero che le bugie quando si scoprono provocano traumi. Forse momentanei, ma pur sempre traumi più o meno lievi o forti.
Fino a cinque anni, di solito i bambini credono incondizionatamente a Babbo Natale. A sette sono in molti a dubitare, a nove non ci crede quasi più nessuno.
Fabrizio aveva decisamente sforato. A dieci anni (nel dicembre 1966 quasi undici) ancora ci credeva. E ciecamente. Non un dubbio, non un sospetto.
A dir la verità Silvano e Sabatina non avevano investito molto nel trasmettergli questa fantasticheria. Il minimo necessario e nulla di più. Come si era alimentata? Forse la scuola. Forse le pubblicità. Di sicuro la sua sensibilità che lo forzava a vagare ad altezze extraterrestri.
Finora aveva persino resistito agli assalti dei compagni di scuola che avevano ormai disvelato, o appercepito l'inutilità di quella menzogna e cercavano di instillare anche in Fabrizio l'evidenza comprovata della inesistenza dell'uomo panciuto con la barba bianca che veniva dal Polo Nord volando su una slitta colma di regali trainata da renne.
Ci voleva una donna. Ci voleva Eva, la donna traditrice, per farlo cadere dalla Luna alla Terra.
Eva, si chiamava Sonia. Ed era una sua cugina maliziosa, poco più grande di lui.
Il 26 dicembre, erano stati insieme al cinema Canneri a Montelupo, a vedere un film. Era verso le diciannove e trenta e stavano percorrendo via Rovai, allora male illuminata, che dal campo sportivo portava alla Graziani.
Sonia veniva a cena a casa di Fabrizio perché Silvano e Sabatina avevano invitato i suoi genitori per finire gli avanzi del Natale.
Per la strada Fabrizio raccontava a Sonia quello che Babbo Natale gli aveva portato, felicissimo mentre lo raccontava.
- Ma Babbo Natale non esiste! - scoppiò a ridere Sonia.
- Come non esiste?
- No, non esiste.
- Ma mi ha portato i regali.
- Ma quelli te li hanno comprati i tuoi genitori.
- Come???
- Sí, li comprano. Quando tu non li vedi li impacchettano e te li mettono sotto l'albero mentre dormi.
- Non ci credo. Io una volta l'ho visto.
- Ma sarà stato tuo padre che si era mascherato da Babbo Natale.
- No, non è possibile che non esista. Non ci credo.
- Fabrizio ma quanti anni hai?
- Dieci. Fra poco undici.
- E allora? Ancora continui a credere a Babbo Natale. Ma sei proprio uno stupido. Svegliati Fabrizino!
Fabrizio sentì la voglia di tirarle un pugno. Sentì fra le gambe nascere un brivido di rabbia e piacere che lo confuse.
Ma come? Come si permetteva di dire che Babbo Natale non esisteva? Come poteva mettere in dubbio la sua esistenza.
Sí sentì preso in giro da lei. Messo a nudo. Sbeffeggiato. Offeso. Odiò Sonia. La odiò allora e per molti anni a seguire. Come odiò sua madre che mai lo aveva avvertito di quella bugia. Perché anche sua madre aveva taciuto? Sua madre avrebbe dovuto dirgli la verità.
Le donne non le capiva. Per molti anni non le avrebbe capite. Solo quando avrebbe smesso di cercare di capirle gli sarebbero sembrati esseri naturali.
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