Dopo che era ritornata dal mare aveva notato che Silvano era cambiato. Intanto aveva preso a dire che voleva comprare la macchina. La vespa era vecchia, e in inverno andare da Montelupo a Fucecchio faceva troppo freddo, magari in estate poteva andar bene ma in inverno proprio no. Ma anche in estate - insisteva - non era comoda, dopo anni di vespa non ne poteva più.
Aveva cominciato a dire che voleva lasciare la camera del lavoro di Fucecchio e andare a lavorare alla federazione di Firenze. Diceva che dopo il congresso di Venezia il partito si era staccato dai comunisti e a Firenze avevano bisogno di gente nuova.
Insomma pareva che in quindici giorni, il mondo fosse cambiato.
La notizia buona fu che aveva trovato una casa a Montelupo, località Graziani. E sarebbero andati ad abitare lì.
- Ma dove hai trovato tutti questi soldi? – chiese Sabatina.
- Il partito mi farà prendere un mutuo in banca a tasso agevolato. Non voglio fare la fine del povero Tognotti.
- Fare debiti? Ma che sei ciucco! Mio zio Giacco diceva sempre che non bisogna fare il passo più lungo della gamba.
Quel pomeriggio era infatti ritornato da Lucca, dal funerale di un suo compagno di lavoro e di partito, Giampaolo Tognotti. Lo aveva conosciuto a Lucca anni prima, durante una riunione della Coldiretti. Tognotti si occupava del settore oleario. A Lucca vi era una importante ditta, la Bertolli che era divenuta una ditta a livello internazionale innovando nel settore della distribuzione, non più vendendo l’olio in lattine ma in bottiglie di vetro trasparente. Tognotti aveva promosso una serie di incontri con i produttori di olive, a cui Silvano era andato e si erano conosciuti. Essendo Lucchese Tognotti era molto attento a non spendere, poco si concedeva alla vita. Sempre attento a risparmiare perfino sul caffè al bar. Silvano spesso lo prendeva in giro per questo sua eccessiva oculatezza che talora sconfinava in tirchieria. Di sicuro era riuscito ad accumulare dei risparmi, che però andarono ben presto spesi dopo che ebbe il primo infarto. Fra medici, medicine e cure, ben poco gli rimase. Dopo il secondo infarto, da cui mai più si riprese, i compagni di partito dovettero organizzare una colletta per aiutare lui e la famiglia.
La frase di Sabatina lo aveva disturbato. Capiva di esporsi, ma non voleva certo vivere come Ida e Beppe, che magari qualche soldo da parte ce lo avevano, ma che vita facevano? Da bestie.
No, lui era come nonno Giovanni, che fino all’ ultimo giorno si era goduto la vita.
- Silvano – gli diceva – io voglio sentirmi vecchio solo cinque minuti prima di morire.
E così probabilmente era stato.
Il giorno che morì, morì a letto, dopo pranzo. Una domenica pomeriggio. All’età di novantadueanni, in perfetto stato di salute.
- Mi butto un po’ sul letto – disse dopo il pranzo – mi sento un un po' stracco.
- Non fumate il sigaro oggi nonno?
- No...mi gira la testa.
- Il caffè lo volete?
- Ora no. Grazie. Magari dopo, quando mi alzo.
Alle sei non vedendolo ritornare, Silvano andò in camera a vedere che faceva.
- O nonno, che fate non vi alzate? ' disse una volta aperta la porta della camera - Ma che buio c’è in questa camera. Aspettate che apro gli scurini.
Quando entrò la luce in camera. Vide il nonno con le braccia conserte e un bel sorriso sulla faccia. E pareva sorridere a lui, a Silvano. O forse no, forse a qualcosa ancora più lontano di Silvano. Qualcosa che solo il nonno aveva visto.
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