La notte prima delle nozze Sabatina era entrata nella casa. Ida non l’aveva accolta bene. Aveva fatto un voltafaccia che Sabatina mai avrebbe immaginato.
Quando erano tutti a cena, Ida rivelò il suo vero volto, quello che aveva nascosto per tutto il tempo del fidanzamento, in cui si era manifestata come una donna scherzosa e brillante, in apparenza accomodante.
Mentre cavava la roba dal pentolone e gliela metteva nel piatto con nessun garbo gettandogliela come si getta le mele marce al maiale, accompagnò quel gesto con una frase che le sarebbe rimasta ficcata dentro il petto per tutta la vita.
- In questa casa, porco Pio Nono comando io! E qui si fa come dico io!
Sabatina trasecolò. Divenne tutta rossa. Sentì le gambe tremare e forse si fece anche un po’ di pipì nelle mutande.
Guardò Silvano, che però non la difese. Solo quando Ida si fu un po’ allontanata le mormorò:
- Lasciala perdere
- Ma perché fa così?
- E’ per i soldi del matrimonio. Ha dovuto pagare tutto lei. Tua madre non ha potuto contribuire. Ha un diavolo per capello.
Dopo lo sposalizio, avevano deciso che avrebbero fatto la luna di Miele a Marina di Cecina. Avevano affittato una macchina con autista che li avrebbe portati da Volterra a Cecina.
Si erano sposati nella chiesa di San Giusto, in Volterra, il pomeriggio. Avevano avuto una cena in un ristorante del centro di Volterra. Pochi invitati. Non più di venti persone. Ida aveva una faccia da funerale e non spiccicò parola. Ripeteva di tanto in tanto “Che bischero! Che bischero!”
- Con chi ce l’ha? – chiese Sabatina a Silvano.
- Con me.
- E perché? – sussurrò Sabatina a Silvano in un orecchio.
- Perché mi sposo con te.
La notte avevano dormito in un albergo di piazza dei Priori. La mattina seguente, dopo aver fatto colazione, con cappuccino e brioche in un bar di piazza dei Priori avevano atteso la macchina che verso le nove era arrivata puntuale.
- Che bellezza! – commentò Sabatina.
La macchina aveva preso a scendere da Volterra verso Saline. La vallata era dominata da un vapore, simile a nebbia che occultava la vista dell’ intera valle. Qua e là come isole emergevano dei cocuzzoli di collinette.
- E’ effetto del nebbione – rispose Silvano.
Sabatina era al settimo cielo.
- Come era buono quel cappuccino e quelle brioche al bar di piazza dei Priori. Non le avevo mai mangiate di così buone. Conoscevi quel bar?
- Sì, c’ero venuto con mio nonno, al mercato qualche volta. Quando si voleva comprare dei vitelli. C’erano dei sensali che venivano la mattina presto. Noi si veniva per incontrarli.
- Mi sembrava che conoscessi il barista. M'è parso che ti avesse salutato.
- Era un partigiano. L’ho conosciuto quando ero alla macchia.
- Sì?
- Lui una volta mi ha salvato la vita. Ci siamo presi, io e alcuni della ventitreesima brigata Garibaldi.. Uno di loro voleva spararmi. L’ ha fermato lui. Era il capo del manipolo.
- Ma strano...
- Strano che?
- Strano che ora lavori in un bar.
- Perché?
- Chi era un capo partigiano, ora di solito lavorano alla Camera del Lavoro, al partito...
- E’ che lui non era comunista.
- No?
- No, era liberale. I liberali son rimasti tre gatti. Sono quasi tutti confluiti nella DC di De Gasperi...
- Basta politica, Silvano. Oggi cominacia la nostra luna di miele. Non parliamo di politica.
- Ma me l’ hai chiesto tu.
- Ma tu, se cominci a parlare di politica non ti fermi più. E oggi non voglio che ricominci con la politica. E due giorni che parli di politica, con tuo nonno a cena ieri l’altro e ieri sera allo sposalizio. Non ne potevo più. Anche il giorno che ci siamo sposati!
- Ma me l’ hai chiesto tu, perché conoscevo il barista! Ti ho risposto. Che c'entra la politica? – alzò la voce Silavano.
Sabatina tacque, ma dentro di lei era un fuoco. Aveva imparato a tacere Sabatina, con suo padre aveva avuto una buona scuola prima che morisse di tubercolosi.
Ciò che le premeva ora era a rrivare a Cecina. Voleva vedere il mare. Non l’aveva mai visto. Ne aveva sentito parlare, glielo avevano descritto, ma lei non capiva proprio come fosse fatto il mare.
Cercava di consolarsi con quel pensiero. Si mise a guardare fuori dal finestrino. Ora la macchina passava vicino ad un fiume. Per la strada un calesse tirato da un cavallo. In lontanaza dei contadini con un paio di vitelli al lavoro nei campi. Poi la nebbia diradò e il sole cominciò a bruciare.
Dopo Ponteginori il paesaggio si fece più brullo e riarso dall’estate. La strada cominciò a correre lungo il fiume. Sabatina non trovava più nulla di interessante da osservare. Cominciò ad annoiarsi e a provare fame.
- Sabatina... – la riscosse la voce di Silvano, ora affettuosa.
- Sì?
- Che pensi? Non parli. Sei silenziosa.
- Eri nervoso. Sono stata zitta. Ora ho fame.
- Mi dispiace. Ma sono stanco. Prima del matrimonio ho lavorato tanto. Volevo mettere insieme i soldi per venire a Cecina. Resisti, il viaggio non è lungo. Appena arriveremo andremo a pranzo. Ho un po’ di pane in borsa. Lo vuoi? –
- No, il pane non lo voglio…dopo le brioche di stamattina, il pane rozzo di casa tua non lo voglio.
Silvano la guardò male ma non disse nulla.
Dopo Casino di Terra strada e ferrovia venivano a correre quasi in parallelo, allontanandosi dal fiume per poi riavvicinarvisi più avanti per un breve tratto.
Il paesaggio ricominciava a riacquistare macchie di verde fino a Cecina.
- Ecco Cecina – indicò l’autista – dove devo portarvi?
- A Marina di Cecina, in via Ginori. Alla pensione Il Pescatore – rispose Silvano.
- Ci sei già venuto a questa Pensione? La conosci?
- No, ma me l’ ha consigliata mio nonno Giovanni.
A sentire il nome di Giovanni, nonno Giovanni, Sabatina si rasserenò. Nonno Giovanni, era l’unico di quella famiglia che veramente l’amava. La riempiva di complimenti. La baciava appena la vedeva. Le chiedeva subito di sua madre Laura e delle sue sorelle, Artimisia e Primetta.
Dentro di sé comincio a divenire impaziente. Fremeva di arrivare alla pensione e vedere il mare, finalmente. E fra le gambe provò un nuovo tremore, che le era stato ignoto prima.
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