Albert Camus all’inizio de “La Peste” dice che una maniera di fare conoscenza di una città è cercare come vi si lavora, come vi si ama e vi si muore.
Vilnius non è una città comune, ha una personalità complessa, non facile da identificare.
In inverno è di una malinconia struggente e in estate è di una malinconia dolce.
E’ una città cosmopolita, ma un cosmopolitismo urbano e non selvaggio. Quasi cólto, educato, fatto di storia e di relazioni con il mondo fondate su ragioni economiche, politiche e sociali che si sono lentamente stratificate. Forse la parola “lentamente” descrive bene l’anima lituana.
Ma “lentamente” non è indice di pigrizia ma di qualità. La vita ha il ritmo della natura, mai improvviso bensì regolato da cambiamenti che scivolano lentamente nel tempo.
Vi si muore come si muore in altre parti del mondo, ma si vive più attaccati al denaro che alla vita forse. Si ama secondo il denaro, secondo il denaro si misura la portata dell’estensione affettiva e dei sentimenti. Si sezionano i sentimenti e le parti del corpo.
Si lavora dal mattino alla sera, probabilmente con più accanimento e resistenza che in altre nazioni. Si vive in modo meno chiassoso rispetto ai paesi mediterranei e si ama gli elementi che fondano il corpo, il bere e il cibo, in maniera radicale, governati bene dall’espressione frequentemente usata in modo binario per esprimerli “noriu-nenoriu[1]” da parte dei fanciulli soprattutto ma non solo (una cosa piace o non piace, non vi è via di mezzo).
Ma “lentamente” non è indice di pigrizia ma di qualità. La vita ha il ritmo della natura, mai improvviso bensì regolato da cambiamenti che scivolano lentamente nel tempo.
Vi si muore come si muore in altre parti del mondo, ma si vive più attaccati al denaro che alla vita forse. Si ama secondo il denaro, secondo il denaro si misura la portata dell’estensione affettiva e dei sentimenti. Si sezionano i sentimenti e le parti del corpo.
Si lavora dal mattino alla sera, probabilmente con più accanimento e resistenza che in altre nazioni. Si vive in modo meno chiassoso rispetto ai paesi mediterranei e si ama gli elementi che fondano il corpo, il bere e il cibo, in maniera radicale, governati bene dall’espressione frequentemente usata in modo binario per esprimerli “noriu-nenoriu[1]” da parte dei fanciulli soprattutto ma non solo (una cosa piace o non piace, non vi è via di mezzo).
O dall’espressione “tuoj[2]” che non è esattamente “dabar[3]”. Se uno dice “tuoj” non esattamente sarà “dabar”. Un bambino che ti risponde “Tuoj” dovrà sempre essere corretto con “dabar”.
Il “tuoj” serve a spostare a tempo indeterminato un cambiamento che non si vuole dabar e così dilata l’anima, in termini del proprio ego.
Il “tuoj”
Il cambiamento frequente di opinione dei lituani, la loro incapacità costante di non rispettare gli orari di appuntamento è connesso con ogni probabilità alla costante variabilità del cielo e del tempo.
In inverno può nevicare 4 giorni di fila e poi piovere un giorno, nevicare e piovere insieme e improvvisamente ti alzi la mattina e il cielo è pulito e freddo e l’aria gelata splende di luce.
In estate pioggia sole e nuvole possono alternarsi a ritmo quasi regolare.
E il cielo, il cielo è il grande protagonista di Vilnius: un cielo immenso, padrone, dai colori forti, impetuosi sempre in movimento e tuttavia capace del grigio stagnante più assoluto nei giorni di pioggia.
E’ un cielo che hai la sensazione che ti sorvegli e controlli ogni minuto del giorno, come fosse la madre di ogni pensiero e azione.
Camus diceva che Orano, la città protagonista de “la Peste” è un posto difficile in cui morire, in cui essere malati getta nello sconforto assoluto, in cui per lo stile di vita che vi si conduce, tutti dediti al guadagno e alla voracità dei sentimenti sotto un clima spietato, si domanda una forza di vita non ordinaria.
Vilnius è la capitale della Lituania e ostenta invece indifferenza alla gente, al clima, alla storia e a se stessa e questa apatia verso sé e verso il mondo genera un distacco che smussa, che alleggerisce, che fa soffrire meno, che invita a vivere a cuore leggero nonostante l’intemperie e, per molti, i pochi mezzi economici.
Il freddo non indurisce gli animi ma li volge verso la ricerca di calore e di sole e non trovandoli genera depressione, e alla fine si respira camminando per le sue strade quel clima di indifferenza e di apparente noia ridotto a un’ atmosfera di superficiale malinconia.
Diego avvertiva tutto ciò. E tuttavia a lui vivere a Vilnius piaceva. Vi si trovava bene. Gli aveva fatto dimenticare l’Italia che gli appariva lontana, scolorita, sbiadita, incolore.
Forse la sua malinconia profonda si adattava bene alla malinconia lieve della città.
A Vilnius si ricreava una vita, in modo anonimo. Amava questa maniera anonima di vivere. Vedere senza essere visto.
In questa condizione di quasi-non-esistenza sentiva che imparava.
Non era ben certo di che imparasse ma sentiva che imparava qualcosa che prima non sapeva.
Era un’altra prospettiva, che nasceva in un modo indefinito di vivere e dalla malinconia delle strade e degli edifici, che ristrutturava certe parti di lui che prima non erano in evidenza e che ora invece diventavano chiare, prominenti, impossibili da non avvertire.
Un’urgenza nuova era dentro di lui e urlava di voglia di affermarsi. Una voglia nuova di vita, che nasceva da una singolarità che sentiva sarebbe divenuto il punto di arrivo delle sue riflessioni.
Dopo la morte della madre, quindici giorni dopo, era morto anche il padre. Questa volta non era riuscito ad andare al funerale. Il padre era morto nel pomeriggio tardi e i funerali sarebbero stati alle dieci e trenta del mattino seguente.
Aveva dato un’occhiata ai costi del biglietto areo ed era stato subito evidente che per lui erano proibitivi.
Con la morte nel cuore era rimasto a Vilnius.
In Italia non gli era rimasto che il fratello, con il quale, quasi fosse opera del sacrificio dei genitori, la loro morte aveva rigenerato un riavvicinamento.
Di questo i genitori ne sarebbero stati felici. Ne era convinto.
- Andate d’accordo dopo che saremo morti. Siete fratelli, figli dello stesso sangue – gli aveva ripetuto innumerevoli volte il padre
E così era stato.
Finalmente erano vicini. Si parlavano e si confessavano il dolore del vuoto che i genitori avevano lasciato nel loro mondo. Non in molti mondi, ma nel loro perduravano, anche se gli altri sarebbero divenuti indifferenti alla scomparsa del padre e della madre in loro sarebbero rimasti perché erano stati caricati in qualche modo, trasferiti come un programma in via di esaurimento a un programma ancora vitale.
“Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano ma sono ovunque noi siamo” diceva Sant’Agostino e con quelle parole Diego girava per Vilnius e mentre camminava spesso le lacrime venivano ai suoi occhi.
- Certe volte cammino per Vilnius e piango. Mi viene in mente mamma e papà e piango
- Il vuoto che hanno lasciato mi fa male – rispondeva il fratello al telefono – Ieri sono passato da casa. Ho spento il riscaldamento. Staccato la luce. Per non pagare le bollette. Ho preso la roba in frigo che altrimenti sarebbe andata a male…che freddo in quella casa! E non era solo la temperatura. Vi era il gelo delle loro assenze, della loro vita che aveva riempito quelle stanze. Manca il loro suono, le vibrazioni delle loro voci, il calore emanato dai loro corpi…Non potevo, non potevo starci. Sono fuggito quasi subito. Non so quando vi ritornerò.
La morte cominciò a prendere possesso della mente di Diego, il che faceva preoccupare Rūta. Ma non tanto la morte quanto l’abilità di trovare un modo per mantenere in vita i sentimenti dei morti, perché non generassero tristezza ma felicità.
- Rūta ti ho inviato un link per email – scrisse Diego a Rūta dalla libreria Vaga dove era andato a lavorare sulla biografia - E’ un negozio dove si possono comprare film. Li vendono sia fisicamente che online. Non è lontano dal tuo posto di lavoro: è in Čiurlionio gatve. Se lo vuoi comprare online devi fare il sign in. Io non posso è tutto in lituano. Avrei bisogno di tanto tempo. Per te sarà più facile…puoi comprare Transcendence è un film con Johnny Depp del 2014?
Quando Rūta vide la chat ebbe la stessa impressione di un gatto nero che ti attraversa la strada a mezzanotte.
Ebbe la sensazione che Diego stesse persistentemente continuando con le sue idee.
- Posso Diego. Ma di che parla il film? – rispose
- E’ una trama un po’ complessa ma in breve è la storia di una mente umana che viene caricata su un computer quantico per farla sopravvivere alla morte
- Amore ho paura che finirai per soffrire di più se non ti dai pace per la morte dei tuoi
- No Rūta ti sbagli, cerco solo un modo per essere felice con loro. Ho bisogno di un’idea su come tenere in me nel miglior modo la loro memoria. A volte l’idea è la migliore risposta alle sfide impossibili. Ma avere l’idea di cercare l’idea è già un’idea che mi fa stare meglio che mi dà pace e mi fa sentire più vicino a quello che ancora non ho. Cerco solo di estendermi oltre le mie limitazioni attuali. L’essere umano può espandere se stesso in modo esponenziale e non lineare moltiplicando la sua costante ricerca e non semplicemente aggiungendo un pezzo dopo l’altro…questa è la mia idea di felicità Rūta…con loro e con te…
Rūta sentì necessità di stringere il sesso fra le gambe. Gli uomini intelligenti la eccitavano.
Ora avrebbe voluto Diego dentro di sé.
Incondizionatamente dentro di sé.
Qualche volta pensava che il suo sesso ubbidiva a impulsi così forti che non avevano una ragione comprensibile in quello che le accadeva.
Vi era una sproporzione.
E lei non sapeva spiegare quella sproporzione.
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