Il significato dello spaesamento - dell'essere senza Heimat - la ricerca di un linguaggio per esprimerlo
Il linguaggio è alla base del pensiero. Come immaginare un Heidegger senza il suo linguaggio? Come immaginare uno Shakespeare senza il ritmo cadenzato, martellante, dei suoi versi e l'unicità del suo linguaggio tagliente e costruttivo delle azioni che delinea in modo rapido e deciso?
Quale può essere allora il linguaggio dello spaesamento? Di uno che si trova a vivere senza Heimat? E in che relazione sta il dolore rispetto allo spaesamento?
Prima di tutto il dolore è il riempimento che precede la preparazione allo svuotamento. Rilasciato il dolore ci si svuota, si fa luogo lo svuotamento che prende il posto del dolore rilasciato per assenza - assenza del dolore. E nello svuotamento principia lo spaesamento.
Non può esserci spaesamento senza dolore. Solo chi prova stabilmente dolore vive in uno stato che lo approssima allo spaesamento.
Si è spaesati perché si è senza Heimat, che è la casa, la patria, il luogo dove hanno abitato i patres. I tanti padri che hanno fatto sì che io sia quello che loro erano. Il figlio sta nel padre e il padre nel figlio, dove termina, se termina, l'uno, inizia l'altro. Questa è la Heimat, la patria.
Ma lasciarsi allo spaesamento è lasciare la patria, quella che vive nel saeculum. E' estranearsi perfino ai padri che vivono in noi ed entro di noi, per far luogo a qualcosa di diverso - che si annuncia come Spirito.
E' farsi allora Spirito e vivere nello Spirito il punto di arrivo dello spaesamento.
E' il linguaggio dello Spirito che principia ad operare in noi, tramite lo spaesamento, e per noi cerca la strada di nuovo nel saeculum, ovvero nell'Heimat. Lo Spirito non può essere tale se non cerca la strada delle menti di coloro che vivono nel saeculum. Lo spirito deve illuminare. E che, chi, può illuminare se viene meno l'oggetto dell'illuminazione?
E come cogliere allora questo linguaggio?
Nell'ascolto costante del cuore.
Nella parola, che è poesia alla fine, che parla nel cuore.
Ed è poesia perché lo Spirito, illuminando, rivela il bello, il bello che prende forma nell'intuizione poetica e per essa si rivela, come lo spirito si rivela da e per lo spaesamento.
Non è forse anche la poesia un estranearsi, un allontanarsi dal saeculum, un andare addirittura oltre il saeculum (dal materiale all'immateriale - percorrendo la strada opposta rispetto allo Spirito), per cogliere quello che ci porta via dal saeculum stesso - e ci fa cogliere qull'incoglibile che vivendo immersi nel saeculum mai sarebbe colto se non per opera della luce dello Spirito?
E che cogliamo?
Cogliamo che quello che ci pareva l'hic et nunc era invece già da sempre il post, nell'attimo stesso che lo si coglieva. Il post era già vivo nell'hinc et nunc, che opera come un segnavia, un'indicatore di una strada che si fa fra le tante che paiono possibili, ma che già dall'inizio non è in verità possibile ma è la vera unica e concreta perché tracciata, e solo confusa dalla possibilità di tutte le altre strade che si sarebbero potute prendere ma non si sono prese, perché abbiamo seguito il segnavia dello Spirito, che ci (ha) porta(ti) là dove si doveva andare e senza lo spaesamento mai si sarebbe potuti andare.
E' dunque un linguaggio involuto, che ruota su se stesso, il linguaggio dello spaesamento, che ritorna sempre su se stesso per attingere al dolore, nutrirsi di esso (per annihilirlo - renderlo assenza), e senza il quale non può esserci.
Es ist klar, dass der Geist an diesem Punkt die Öffnung zum Übernatürlichen darstellt. Indem wir den Geist erfassen, erfassen wir die Präsenz des Übernatürlichen in der Geschichte, im Saeculum
ReplyDeleteUm es mit Heidegger auszudrücken: Wer sich dem Geist öffnet, öffnet sich der Wahrheit, wer im Saeculum bleibt (schließt sich), lebt nur im Gerede (des Saeculums)
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