E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente...
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
il mondo...
profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura
questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude
e più di lor non si ragiona.
La fatica di vivere è tutta riassunta qui, nei versi di Leopardi. Quel "male" che ci coglie soprattutto alla fine del fine settimana. Che coglie soprattutto i popoli ricchi, pingui e viziati da una vita dove si ha tempo per concedersi una pausa lunga al succedersi dei giorni volgari. Dove l'uomo ha tempo per confrontarsi con il suo pensiero; e questo spaura, perché in quella pausa l'uomo ha sé, per confrontarsi con sé, con il senso della sua vita, per cui allora
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura
La domenica non è altro che quella siepe, quella barriera che separa il vero io dall'io che deve fingere di non vedere la barriera
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude
Che per tutta la settimana finge di non vedere, non ha tempo di vedere o rifiuta di vedere. Perché pensare aumenta il dolore. E molti scelgono di non pensare e scelgono una falsa vita onodina, ignava, una vita né calda né fredda. Insipida. E vivono bene nell'insipido e pretendono di essere felici in quello stato.
La fatica della vita ha la forma di una croce, e bene ricordarlo, di un punto in cui si intersecano la scelta del dolore e la negazione del dolore.
Ma molti, i più, rinnegano la croce e il conseguente dolore
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