Da "Il Sorriso Della Meretrice" in Academia
Una volta pregavo Dio quando andavo a letto. Pregavo che la sua misericordia mi
accogliesse e mi portasse via da questo mondo... Adesso prego solo la forza dei
tendini che sostengono la carne. Tutt'al più invoco il nome di un amore che non
c'è più, la cui memoria mi dà sollievo, tuttavia.
Vorrei
ancora invocare un dio. Ma mi sento tradito e invoco lei.
Non
mi resta che sperare che il sonno sia greve e prema subito sulle palpebre e le chiuda
come in un atto di amore.
È
l'unica preghiera. È l'unico desiderio.
Il
sonno è finalmente distacco da una vita insopportabile dove non mi riconosco
più. È pace. È la fine di una sofferenza che mi accompagna ogni minuto. È l'
incubo che si dissolve e ritorno a me stesso.
La
ragazza che pregavo sorrideva allora. Il tocco delle sue mani mi calmava, come
il sonno. La sua bocca era dolce. Sprofondavo nei baci oltre il presente.
L'ho
amata per il suo modo morbido di accarezzarmi, per i baci che sapevano di
zucchero.
Ma
il giorno se l'è portata via.
Mi è
rimasto il ricordo come benedizione. L'unica forza taumaturgica ancora in vita.
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