Che gli intelletuali siano sempre e spesso stati al servizio del potere è cosa storicamente fondata.
Qui una testimonianza di Sant'Agostino.
Ecce qualibus diis Urbem Romani servandam se commisisse gaudebant! O nimium miserabilem errorem! Et nobis suscensent, cum de diis eorum talia dicimus; nec suscensent auctoribus suis, quos ut ediscerent, mercedem dederunt; doctoresque ipsos insuper et salario publico et honoribus dignissimos habuerunt. Nempe apud Vergilium, quem propterea parvuli legunt, ut videlicet poeta magnus omniumque praeclarissimus atque optimus teneris ebibitus animis non facile oblivione possit aboleri
"Eppure i Romani si rallegravano di avere affidata la propria città alla protezione di questi dèi. O errore degno di tanta commiserazione! E si adirano con noi quando parliamo così dei loro dèi e non si arrabbiano con i propri scrittori. Pagano anzi per pubblicarli e per di più hanno ritenuto degni di compenso da parte dello Stato e di onori gli stessi insegnanti. Adduciamo come esempio Virgilio. I fanciulli lo leggono appunto perché il grande poeta, il più illustre e alto di tutti, assimilato dalle tenere menti non sia dimenticato con facilità"
Che ci fa capire questa testimonianza? La cultura non appartiene a Cristo. In generale, non appartiene a chi decide di prendere la croce e portarle con sé.
La cultura appartiene al potere, come il progresso e la scienza. Tutt'e tre costituiscono la trinità attraverso cui il potere costruisce le sue necessarie narrazioni per sussistere.
Ha mai Cristo parlato di cultura?
Una cultura che oblitera la visione cristologica non appartiene al Cristo.
Qui una testimonianza di Sant'Agostino.
Ecce qualibus diis Urbem Romani servandam se commisisse gaudebant! O nimium miserabilem errorem! Et nobis suscensent, cum de diis eorum talia dicimus; nec suscensent auctoribus suis, quos ut ediscerent, mercedem dederunt; doctoresque ipsos insuper et salario publico et honoribus dignissimos habuerunt. Nempe apud Vergilium, quem propterea parvuli legunt, ut videlicet poeta magnus omniumque praeclarissimus atque optimus teneris ebibitus animis non facile oblivione possit aboleri
"Eppure i Romani si rallegravano di avere affidata la propria città alla protezione di questi dèi. O errore degno di tanta commiserazione! E si adirano con noi quando parliamo così dei loro dèi e non si arrabbiano con i propri scrittori. Pagano anzi per pubblicarli e per di più hanno ritenuto degni di compenso da parte dello Stato e di onori gli stessi insegnanti. Adduciamo come esempio Virgilio. I fanciulli lo leggono appunto perché il grande poeta, il più illustre e alto di tutti, assimilato dalle tenere menti non sia dimenticato con facilità"
Che ci fa capire questa testimonianza? La cultura non appartiene a Cristo. In generale, non appartiene a chi decide di prendere la croce e portarle con sé.
La cultura appartiene al potere, come il progresso e la scienza. Tutt'e tre costituiscono la trinità attraverso cui il potere costruisce le sue necessarie narrazioni per sussistere.
Ha mai Cristo parlato di cultura?
Una cultura che oblitera la visione cristologica non appartiene al Cristo.
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