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Showing posts from January, 2020

Interview in English with the Italian Writer Fabrizio Ulivieri

Il giorno che l'Italia Morì - Romanzo Morale su uno Stato mai Sovrano

Un romanzo sull’Italia, che va dall’ 8 settembre 1943 all’agosto 2017. Un romanzo che ha la tecnica del romanzo ma mischia l’analisi del saggio. L’Italia è protagonista di questo romanzo. Sabatina, casalinga, e Silvano, politico, milita nel PSI a fianco di Bettino Craxi, accompagnano le vicende di quella Italia. Le loro vite si muovono deterministicamente inviluppate alle vicende stesse dell’Italia, sebbene ritengano che le loro vite abbiano autonomia e volontà individuale, rispetto alla storia d’Italia. Sebbene inconsciamente ritengano che la loro storia, siano essi stessi a determinarla. Un romanzo che cerca la morale, il coraggio e l'onore nella vita in modo esplicito attraverso un romanzo-saggio. Può essere letto in anteprima in modo integrale su Academia.edu:  https://www.academia.edu/42083218/Il_giorno_in_cui_lItalia_mor%C3%AD

L'uomo impermanente (parte quinta)

Unaquaque res, quantum in se est, in suo esse persevarare conatur (Spinoza, Ethica) Venendo da Siesikų stotelė in autobus, fissavo le linee geometriche della strada, che davano il profilo di un'altra cultura. Più essenziale, meno bella, più controllata. Non era la mia cultura. Non era la cultura del paese in cui ero nato e vissuto per così tanti anni. È questo il risultato dell'epigenesi - mi chiedevo fissando quelle linee - che ha dato forma alla mia coscienza per cui ora giudico ciò che vedo? Si dice che siano i primi sette anni di vita a strutturare l'individuo. Sono i primi sette anni di vita quando scarichi tutti i programmi di cui hai bisogno per vivere il resto della tua esistenza. È questa l’epigenesi che guida l'esistenza dell'individuo? Qui, dove vivo ora, non c'è l'idea della follia di Erasmo, non c'è la visione dell'eroico furore di Giordano Bruno, o l’ideologia dello Zarathustra di Nietzsche che ti ispira a andare oltre...

L'uomo impermanente (parte quarta)

Ieri ho ricevuto una telefonata dall'ambasciatore italiano a Vilnius. Era arrabbiato con me perché avevo osato rispondere a un'e-mail di invito a una festa di beneficenza, la solita festa di ogni anno prima di Natale, promossa dall’ ambasciata. L'unica cosa che promuovono. Carità. E per chi? Una cosa fuori moda. E’ tutta la cultura che promuove questa ambasciata: una festa di beneficenza. Non è ridicolo? L'Istituto Culturale è senza direttore da anni ed è ancora senza un direttore. Nessuno stand italiano alla Fiera Internazionale del Libro di Vilnius. Ci sono scrittori tedeschi e spagnoli che presentano i loro libri, ma non italiani. Siamo una specie di razza superiore, che disprezza essere confusa in eventi così poco importanti? Sembra. E forse lo siamo. Tedeschi e francesi organizzano un festival cinematografico a Vilnius. L’Italia? Niente, come sempre. C'è una libreria francese e una polacca a Vilnius. C'è per caso una libreria italiana a Vilnius?...

Il me ne suffit pas de vivre de tout mon corps

Why am I writing? A very frequent question that I ask myself and that people often ask me. I found an explanation in Albert Camus, in one of his texts, a juvenile text (Noces): Il y a un temps pour vivre et un temps pour témoigner de vivre. In other words, writing as witnessing of my existence, because il me ne suffit pas de vivre de tout mon corps. Camus in Le mythe de Sisyphe cited Dostoevsky's fundamental question that had tormented him all his life: La question principale qui sera poursuivie dans toutes le parties de ce livre est celle même dont j'ai souffert toute ma vie: l'existence de Dieu. Mine instead, the question that has tormented my whole life, is precisely: How to witness my existence on this earth? I, who do not believe in God, I, who consider myself a nothingness, an infinitely small universe compared to the whole universe.

Quando gli scrittori erano veri scrittori e non vuoti pennivendoli al servizio, cosciamente o inconsciamente, di un'unica ideologia - Albert Camus - Discours de réception du prix Nobel, 1957

Le vrais artistes.... s'obligent à comprendre au lieu de juger Le rôle de l'écrivain, du même coup, ne se sépare pas de devoirs difficiles. Par définition, il ne peut se mettre aujourd'hui au service de ceux qui font l'histoire : il est au service de ceux qui la subissent . Ou, sinon, le voici seul et privé de son art. Toutes les armées de la tyrannie avec leurs millions d'hommes ne l'enlèveront pas à la solitude, même et surtout s'il consent à prendre leur pas. Mais le silence d'un prisonnier inconnu, abandonné aux humiliations à l'autre bout du monde, suffit à retirer l'écrivain de l'exil , chaque fois, du moins, qu'il parvient, au milieu des privilèges de la liberté, à ne pas oublier ce silence et à le faire retentir par les moyens de l'art. Puisque sa vocation est de réunir le plus grand nombre d'hommes possible, elle ne peut s'accommoder du mensonge et de la servitude qui, là où ils règnent, font proliférer les soli...