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Millenovecentosessantotto - pubblico e privato





Voi credete nella possibilità di una cultura rivoluzionaria? 
Noi crediamo nell’uso rivoluzionario della cultura.



Durante tutto il 1967 in molti cominciano a scendere in piazza per il Vietnam. Il lontano paese asiatico venne visto come un banco di prova per battere l’imperialismo americano e il capitalismo occidentale.
Ma c'era ancora l’altra Italia che l'11 giugno si esaltò per la vittoria di Felice Gimondi al grande Giro d'Italia del cinquantenario. Era l’Italia del boom, ben contenta di vivere nella società dei consumi e che di lì a poco, il 3 dicembre, avrebbe visto nel primo trapianto di cuore del chirurgo divo Christian Barnard la dimostrazione che il mondo si avviava verso il suo massimo splendore tecnologico. Un'Italia la cui società era ancora fondata sull'autoritarismo e in cui i figli si vestivano come i padri e le figlie come le madri e osservava stupita e preoccupata il dissenso dei giovani. In autunno il movimento studentesco si manifestò in tutta la sua forza. Il primo novembre a Trento partí uno sciopero che sarebbe durato più di un mese. Il 17 novembre l'assemblea degli studenti dell'Università Cattolica di Milano decise di occupare l'ateneo per protestare contro l'aumento delle tasse d'iscrizione e un sistema di selezione degli studenti che da molti era ritenuto classista…era un paese che si apriva ormai alla beat generation, ai cosiddetti capelloni che protestano contro la società stando seduti tutto il giorno su una gradinata non facendo niente, nemmeno parlare, e con ciò rifiutavano di essere travasati da una cultura di valori già pronti. Era un paese che si apriva al sesso libero, al movimento studentesco...alle rivolte...agli anni di piombo.

Sabatina stava in quell’Italia che credeva nella società dei consumi. Stava con l'Italia leggera e superficiale di Claudio Villa e Iva Zanicchi che avevano vinto quell'anno il festival di Sanremo con "Non pensare a me".
Silvano stava invece a metà strada, glielo dettava la sua posizione politica pubblica (non si potevano perdere voti) ma in privato dissentiva dalla sua posizione pubblica.
Una volta a Roma parlando a quattr'occhi con il giovane Craxi si era aperto e gli aveva detto in tutta confidenza:

- Io non capisco per quale ragione coloro che chiedono con diritto certe riforme della società le debbano imporre con la violenza di piazza in un paese in cui è aperta la lotta con il metodo democratico. Per quale ragione allora, io, che potrei non essere d'accordo su certe riforme della strutture dello stato le devo subire soltanto perché c'è una minoranza di studenti o di operai che in piazza occupano le sedi degli edifici pubblici, insulta le forze armate... Vorrei dai comunisti sapere che razza di democrazia è quella per cui una maggioranza di cittadini che votando dimostra di non avere nessuna intenzione di accettare un certo tipo di riforme, le deve invece accettare soltanto perché duemila, tremila o quattromila studenti appoggiati da operai - cosa della quale dubito perché non li ho mai visti in piazza con loro...gli operai hanno dimostrato maggiore buon senso...ripeto, vorrei sapere per quale ragione dobbiamo subire le loro imposizioni solo perché c'è gente che occupa le sedi pubbliche, piglia a sassate i carabinieri e perché ferma i treni alle stazioni ferroviarie? Vorrei sapere che razza di democrazia è questa che dobbiamo subire?

Come fanno i comunisti che promettono un comunismo che non s'è visto in nessuna parte del mondo neanche in Cecoslovacchia...un comunismo che rispetta i diritti dell'opposizione, la libertà dei cittadini, la libertà di stampa, il diritto di associazione...ad appoggiare poi queste forme di contestazione violenta...ma se lo vogliono fare è un problema loro, se vogliono ancora mentire come hanno sempre mentito facciano pure...ma noi, noi, perché dobbiamo farlo?"

- Silvano - gli rispose Craxi - dobbiamo fare fuori tanta gente nel partito perché non si commettano più errori simili. Questo sarà il mio obiettivo nel partito. Voglio ridare ai socialisti l'onore e l'orgoglio di sentirsi socialisti e non umiliati dai comunisti.

A Silvano quel ragazzone giovane dall'aria spavalda e dall'irruenza di un cinghiale piacque. Le sue parole e la sua sfrontatezza gli ricordarono quelle che un altro giovane tanti anni prima gli aveva detto in treno fra Bologna e Firenze.

Fu in quell’anno che Sabatina cominciò ad avere problemi al naso. Le furono diagnosticati due polipi al setto nasale. E quello fu il suo 68. Mentre fuori nelle strade si scendeva in piazza a contestare a scontrarsi con la polizia lei lottò con la malattia, con i dottori e con gli ospedali, con le operazioni chirurgiche e con i decorsi postoperatori. E anche con il nervosismo di Silvano che vedeva aumentate tutte le sue responsabilità. Si trovò solo con due figli. Si trovò solo a mandare avanti la casa.
E’ vero che Ida cercò di aiutarlo ma il rapposto con la madre era divenuto più formale, più difficile e evitava di chiamarla, se non lo stretto necessario. Era stanco di sentire sempre le solite parole, le solite critiche, le solite accuse. Sembrava avesse un disco rotto dentro se stessa che girava sempre sullo stesso solco e ripeteva sempre la solita melodia.

Quando ritornò dall'ospedale Sabatina si sentì più vecchia.
La malattia l’aveva spossata. L’anestesia e i medicinali le avevano cambiato l’umore e il corpo. E il ritorno alla realtà fu troppo brusco.
Le sue strutture cederono troppo presto. A causa di questo avvertì forse quel senso di invecchiamento in modo precoce.
Silvano no, era il cavallo di sempre. Non aveva il tempo per sentirsi vecchio. E poi la rabbia che aveva dentro lo teneva vivo e giovane.
Per Silvano il 68 non fu anno diverso da tutti gli altri. Percepiva ormai la realtà in virtù dei filtri del partito: comunicati, riunioni alla direzione, quello che si scriveva l’ Avanti!, quello che vedeva in TV, ma non ebbe mai un contatto diretto con quel movimento.
“Compagno” per Silvano era una parola che indicava solo il “compagno” socialista, i comunisti per lui non erano compagni. E il fatto che i comunisti tentassero di egemonizzare quel movimento ma vi rimanessero in rapporto conflittuale denunciava palesemente il tentativo di incassare voti e basta, che era esattamente quello che detestava in certe correnti socialiste.

Il divario fra Sabatina e Silvano andò ad aumentare.
Silvano accolse il ritorno di Sabatina da una parte come una liberazione dall’ altra come un fastidio, perché significò per lui fissare appuntamenti con i medici, accompagnare Sabatina a visite mediche, medicine, nuovi soldi da spendere…e lo spaesamento con cui Sabatina ritornò a casa lo innervosiva.
I bambini erano invece felici di rivedere la madre. Presero a raccontarle che avevano fatto nel tempo che la madre era stata all'ospedale. Di come Luigi avesse sempre preparatro il pranzo e la cena per loro due.

- Mamma, mi prendeva in giro Luigi.
- Ma che dici, Fabrizio?
- Non lo ascoltare, mamma.
- Faceva il furbo, Luigi.
- Come faceva il furbo?
- Sì, aveva inventato il “mangiare psicologico”?
- E che sarebbe?
- Una volta ha fatto il baccalà. C’erano solo quattro pezzi. Ho detto che erano pochi. IO avevo fame. Lui mi ha detto “Devi mangiare piano. In modo psicologico. Mangi piano e pensi che quello che mangi è tanto. Io ci credevo poco. Però ci ho provato. Io mangiato un pezzo e lui tre. Tutti i giorni faceva così. Alla fine ho smesso di mangiare psicologico. Mangiava tutto lui!”.

Sabatina scoppiò a ridere. Era tanto che non rideva così.

- Mamma, perché la polizia picchia quelle persone?

Fabrizio stava guardando delle immagini alla TV. Uno scontro fra polizia e studenti.

- Sono degli studenti, che contestano la scuola. Vogliono occupare l’università.
- Per questo la polizia li picchia?
- Credo di sì. Non vuole che stiano lì dentro.
- Non si può occupare.
- Non, credo.
- Ma la polizia è cattiva e gli studenti buoni?
- Non lo so. Ma la polizia non sempre è buona. Non credo dovrebbe picchiare così gli studenti.
- Anche io.
- Fabrizio, non guardare alle apparenze. La polizia è polizia, ma non credere che quelli che gli stanno davanti, gli studenti siano migliori.

Fabrizio guardò suo padre. Era evidente che non capiva.

- Ora tu stai dalla parte dei poliziotti - intervenne Sabatina - un socialista che difende la polizia. Qualche volta dubito che sei socialista.
- Io sono socialista, ma non sono comunista. Eppoi anche chi è nel partito comunista si è schierato con i poliziotti. Quello lì, che scrive i libri e fa i film. Pasolini.
- Non lo conosco. Non so chi è Pasolini.
- Quello che è omosessuale.

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