“In Italia si è avuta la resistenza. Che è un caso piuttosto unico. La resistenza italiana è stata molto diversa dalla resistenza francese, jugoslava, ecc...ecc...La resistenza italiana ha suscitato non soltanto la lotta contro lo straniero o contro il fascista ma ha significato la revisione e la rivolta, il rivoluzionamento di tutte le idee che gli italiani avevano su se stessi, sulla propria storia, almeno sulla storia moderna. E allora in fondo la resistenza è stata una sorta di grande rabbia organizzata e impiantata soprattutto sull'ideologia marxista. E quando un giovane italiano ha delle critiche da fare alla borghesia, anche se borghese naturalmente, si rivolta contro la borghesia e trova già, in un certo senso una strada aperta: la strada aperta dalla resistenza.” (Pier Paolo Pasolini, Pasolini l'enragé, intervista di di Jean-André Fieschi).
Nel suo linguaggio peculiare Pasolini coglie il tema centrale dell’Italia unificata: il linguaggio (arrabbiato) e i suoi schemi nati dalla guerra civile. In Italia ci sono tre momenti costitutivi di questo linguaggio arrabbiato e relative strutture:
1) La guerra civile fra nord e sud, come corollario dell’unificazione d'Italia
2) La guerra civile fra resistenza e repubblica di Salò
3) La guerra civile del 68 e post 68
In questi tre momenti, all'interno delle guerre civili sopra descritte, sono nate le caratteristiche del linguaggio e dell’odio, dei sentimenti e delle forme espressive dell’odio, delle sue strutture articolanti (o portanti) che si riflettono nel linguaggio verbale gestuale figurativo, di qualsiasi contrapposizione politica o civile che si attui nel nostro paese. Sì, veda ad esempio, il livello di violenza verbale in atto fra buonisti e sovranisti a proposito dell’immigrazione.
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