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Un'idea assurda: perché ho scritto il mio più recente libro (ancora in fase di revisione): Isole di Felicità

Foto Živilė Abrutytė

Un’ idea assurda 

Questa storia comincia un anno prima e termina quasi un anno dopo. Un arco di tempo nelle vite di alcuni esseri umani relativamente breve eppure lungo. Come la vita sulla terra, lunga ma relativamente breve.
E tutto comincia da una foto, che cerca come tutte le foto, di fissare un attimo di felicità. E lo fissa in eterno, ovvero per tutto il tempo che essa esisterà.
Ma la felicità non è un attimo e la felicità non è neppure eterna, come eterne non sono le foto e le persone.
Ma perché allora cercare la felicità? Che idea strana è mai questa idea?
Un’idea assurda, eppure possibile, nonostante tutto.
Da quella foto il destino (ma il destino non esiste — è solo un modo di dire) ha voluto che si parlasse per molte pagine di una famiglia che a Vilnius, in Lituania, ha cercato la propria felicità in un lasso di tempo che corrisponde a quasi dodici mesi di esistenza.
È una storia vera, come vere sono tutte le narrazioni che ci fanno credere in qualcosa. Per credere in qualcosa abbiamo bisogno di storie perché le storie avvicinano uomini e cose. Senza storie nessuna persona o cosa è vicina e pertanto vera. Sono le storie che fanno credere (avvicinandoci) ai valori, agli eroi, agli Stati...ci fanno esistere e eludono il nulla.
Ma perché gli esseri umani cercano disperatamente la felicità? Perché si costruiscono storie per stare vicini e per credere in un mondo tutto loro e felice? Perché ostinatamente cercano un’isola dove vivere insieme in quella felicità?
Per rispondere a queste domande “il destino” ha voluto che si scrivesse questa storia, per tante ragioni ma una soprattutto: evitare la disperazione.
Solo storie felici ci sottraggono a un nulla che ci perseguita e ci crocifigge nudi davanti a una sola verità che non vorremmo mai ascoltare


Dopo di noi non c'è nulla
Nemmeno il nulla
che già sarebbe qualcosa[1]








[1] Giorgio Caproni, poeta.

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