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Lì, come una spina forte duole.

Claudina, mia Claudina, sei del cuore la mia spina. Che ora sei lontana e il pensiero di te, sempre mi suole. E dentro mi sei male e mi danna la vita di silenzio - qua avvolta nel grigio della neve e del gelo e mai di sole - spinge me, sepolta, nell'ombra più oscura, sotto il cielo dove tutt' è dovere, e il piacere non è. Ecco le cene mi ricordo al Porcellino, nomen omen, vere e parevan tenere un discordo in sé ma ora vedo come bella eri, come il bello dentro te spensierata e scanzonata nella tua certezza - bianca come nube nel cielo che azzurro, sola, tiene e come quella nube la conferma sei che il cielo esiste. Che il bene vive sotto quel cielo, e tu ferma a cui tutto ruota a te il resto attorno e non so perché il cuore nel profondo legame che mi porto lì, come una spina forte duole.
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Che cos'è un atto di bontà?

  Sedeva in filobus e segreta teneva una scatola sulle ginocchia, accorta. Una torta? Il nome del produttore conoscevo. Una brutta persona. Che è la bontà? Nessuno lo sa. Era quello un regalo? Usava un prodotto di una mala persona per un atto di bontà? Ma supplet candor ho pensato. In ogni caso, anche dal male può nascere il bene quando lo ritiene. È questa la bontà? Un atto individuale? Un istinto del cuore? Un tremore? Non lo so. Ma ognuno nella vita - almeno una volta - lo fa.

Domanda senza risposta - gli dispiace

  Ci sono volte che uno davvero e invero, non sa più che dire. Né fare. Balbetta - dentro di sé un gran alveolare. Non sa più - nemmeno chi sia. Questo è il dramma. Quasi gelosia. È uno che non è. Geloso di sé. Si può dire. Parla, mangia, si muove e chiede con ardire, incerto però, chi sia quello che tutto fa. Non è lui. È certo. Un altro è dentro. Ma si sdoppia. Gli pare. Uno è fuori, ma sembra lui fare. E quello di dentro si sorprende, tuttavia. Quello fuori, è indipendente. Disinvolto. Azzardato. Spregiudicato. Un malnato. E lui è timido, goffo, imbarazzato. Come un bambino. Il bambino - dolce che era. Tanti anni fa. Ma quella - un'altra era. E si stupisce. Ma lui - chi è? Domanda senza risposta. Si può capire - tutto tace. Non conoscersi - però si può dire - un poco gli dispiace.

Noi siamo sue figure che

 ἄτοπον δὲ καὶ τὸ μηδὲν μηδ᾽ ἐπί τινα χρόνον συνικνεῖσθαι τὰ τῶν ἐκγόνων τοῖς γονεῦσιν È strano anche che nulla, neppure per un certo tempo, delle vicende dei figli arrivi ai genitori   (Aristotele, Etica Nicomachea, 1100a) In noi, figure, vivono gli spiriti. Nei gesti, nei pensieri E negli occhi passano feriti. Degli altri in mano Tengono - fanno, guidano la vita.  Un attimo e di poco Loro baglior si cresce in timor. Lipotimia di breve Durar sentore. Dirti, io esisto Ancora, forti tentano. Di loro siamo i cardini su cui Aprono le essenze Vuote. I perni siamo di quel mondo Che noi cerca vivo. Che nella pelle esiste, nelle ossa. Nel sangue scorre scuro. Siamo di sue sventure continuazion. Di gioie, mali, utili, sofferti Spiriti certi: passano Mai quella soglia ove pace regna? Noi siamo sue figure, Che alla voce, infetta, curvi andiamo.

Universi paralleli e congiunti

  Hanno il volto di ognun che soffre - di donna o uomo. Atti sbagliati che sian - giusti o disperati Piangon del mondo grandezza sua dentro - un mondo interior. Niente che grande di più sia. Disperazione Loro ti mostrano stanchi e nulla commuove del santo Mondo che vive in sé, più. Ma l'universo Loro e vasto e enorme morrà in un giorno - destino Tiene, e vivo e in sé - quello lo sa. Tragica sorte dell' uomo esistere. Creare e poi Essere nulla di qua, dove ha mani mente posati e creduto durare per sempre qual Dio. Io La prego che dia, Lei infine Là ai mondi che amo di più quel durar suo futuro. Se quei nomi che tre sono aldilà Salvi farà, anche altri con sé porterà quella luce: Giunto ognuno ne va di tre, e mai disgiunto è.

Perché tu sei andato?

Perché? Perché? Perché tu sei andato Via? Lontano ero quando sei Partito solo. Io speravo, sai, Che te rivisto avrei prima. Fretta Avevi. Fretta di andare, tutta La tua vita tu correvi. Fretta Di finir questa vita che avevi, L'unica data da quel Dio lontano Dal mondo tuo. E che dirà di te? Mi chiedo. Dio io non sono ma Credo che l'hai bene vissuta. Bene Gli hai voluto al tuo paese. Ma Ti ha tradito. Tutto che potevi Per la famiglia hai pensato. Tu Hai fatto errori ma sapevi viver Non come ogni piccol uomo. Hai Fatto soffrire. Ma natura tua Era - il marchio del tuo male era. Del gatto nero la natura avevi. La rabbia avevi di chi soffre sempre. No, non piangevi la tua vita, mai. La maledivi. Era tua nemica. Era la bestia dentro te nascosta. Ma il tuo cuore era vivo, puro, Sincero. Paura ne aveva quella Bestia, di quel cuore bambino, sai, E che scontroso con te viaggia ormai.

Storia di Pelo il ragazzo che vinse la Milano - Sanremo