Friday 30 September 2022

Silvia talking to the passed away father understands the reasons why we often live in an unavoidable comedy

 





I understand, father, that I ran my life in the name of will. My will, of course. And I went down to the sharp regions of egoism and pragmatism. Egoism and pragmatism always tear apart principles; that is just the way things are. The universe moves around, the ground changes under our feet; principles are always a step behind. I stepped them behind (smiled mildly, Silvia). Broken principles are the stuff of comedy. Comedy is what you get when principles bump into reality.
I know, father, you had a reputation for being a womanizer, and that was your comedy. How many principles did you break to get the point you got. And I? I stumbled in rigidity, in self-complacence, I lost myself in my rigid self-complacence.
We both lost ourselves in our comedies, we lived in our comedies in such an obscure way. We were not aware of it and we did nothing to change it.
No, Silvia is not so. She heard a voice, coming from the heart. Why? She said.
No reply.
At that point, tired, she thought that sometimes it would be not a little fruit if, of so many obscure and uncertain things that we push and force ourselves to think, we could stop investigating them and let them be.

Monday 26 September 2022

Silvia parla a suo padre di notte ( testo in italiano)

 





Babbo, sono perfettamente consapevole che è te, di cui vuoi sentire parlare, non di me. Ma l'unica storia che ti riguarda e che posso raccontare, o l'unica che sono disposta a raccontarti, è questa, cioè la storia della mia vita, che è ben diversa, tutta un'altra cosa da quello che pensi, dalla storia di ciò che hai pensato che fosse la mia vita e dove c’eri tu.

La mia storia, la storia di me, il modo in cui penso, agisco e reagisco, è iniziata anni prima di quello che è successo, prima di arrivare alla scena finale in cui stavi recitando il tuo ultimo atto ed è andata avanti per anni finché non ne sei uscito. Per sempre.

Babbo, commetteresti un grave errore se pensassi che la differenza tra le due storie, la storia che volevi sentire e la storia che ascolterai, non sia altro che una questione di prospettiva. Penso di essermi sentita manipolata come tu hai manipolato molte delle donne che hanno attraversato la tua vita. Non è così. Non è così. Lo so. Ma ho davvero sofferto a non essere il personaggio principale della tua vita. La mia prospettiva era che fossi un personaggio minore. Capisci?
Ecco perché ho smesso di parlarti.

Avevo bisogno di essere il personaggio principale della tua vita, babbo, non minore, dove mi hai messo: dietro le quinte. Volevo essere sul palco con te, non dietro, dove mi hai messo.
Capisci babbo, ovunque tu sia?
Sono sorpresa, babbo, di parlarti come ti parlo ora. Non me lo sarei mai sognato.
Bene. Ti racconterò la mia storia, babbo, ascolta...

Nel mio crescere con te, babbo, ora penso che ci fosse una qualità autistica, che ha reso radicalmente incompleto il mio amore verso di te. Offro questo non come una critica ma come una diagnosi se ti interessa.
Da bambina, naturalmente, mi hai amato e io ho amato te.
Ma, anche allora, mi hai trattato come aspettavi di essere trattato. Forse è iniziato inconsciamente, ma piano piano mi hai tradotto in un oggetto imperscrutabile della tua visione.
E infatti, in quei giorni perfetti, avevamo un commercio imperscrutabile con il cuore dell'un l’altra.
Così mi sono sentita davvero anno dopo anno, soprattutto dopo aver compiuto i diciotto anni. Dopo quel punto, infatti, mi sono resa conto di quanto eravamo separati, due direzioni in movimento, la tua e la mia. Quale fosse la tua direzione non potevo dire, ma per me era opaca. Più guadagnavo la mia vita, più la sentivo opaca e distante.
Mi dispiace dirlo babbo, ma era questo che mi inquietava, e non potevo confessarlo. Mancava la determinazione. Eri come un'immagine lontana che svanisce e che non riuscivo a fermare e afferrare.

Smise di scrivere. Era buio. Era notte fonda. La casa era silente. Alessandro e i bambini dormivano. La migliore ora per scivere a suo padre. Per confessare tutto quello che non aveva mai avuto il coraggio di confessare a se stessa, prima di allora.



Sunday 25 September 2022

Silvia begins telling her story





In my growing up with you, father, I now think there was an autistic quality. I offer this not as a criticism but as a diagnosis if it interests you.
As a child, of course, you loved me and I loved you, but, even then, you treated me as you waited to be treated. Perhaps it started unconsciously, but you slowly translated me into an inscrutable object of your vision.
And in fact, we were having inscrutable commerce with each other's hearts, during those perfect days.
That is the way I felt indeed year after year, above all after turning eighteen. After that point, in fact, I realized how separate we were, two enterprises on the go, yours and mine. What your enterprise was I couldn't say, but it was opaque to me. The more I gained my life the more I felt it opaque, and distant.
I am sorry father to say that, but that was what was disquieting me, and I couldn't say it to you. It lacked the courage. You were like a distant fading away image that I was unable to stop and grab.

Saturday 24 September 2022

Dialogue of Silvia with her passed away father

 



Father I am perfectly aware it is you, that you want to hear about, not me. But the only story involving you that I can tell, or the only one I am prepared to tell, is this one, namely the story of my life, which is quite different, quite another matter from what you think, from the story of what you thought my life was and where you were in.

My story, the story of me, the way I think, act and react, began years before what happened, before it arrived on the final scene where you were playing your last drama and went on for years until you made your exit. Forever.

Father, you would commit a grave error if you think that the difference between the two stories, the story you wanted to hear and the story you are getting, be nothing more than a matter of perspective. I think I felt as manipulated as you manipulated many of the women who passed through your life. It is not so. It is not so. I know. But I really suffered that I wasn't the main character in your life. My perspective was that I was a minor character. Do you understand?
That is why I stopped talking to you.

I needed to be the main character in your life, father, not a minor one, where you put me: behind the scenes. I wanted to be on the stage with you, not behind, where you put me.
Do you understand father, wherever you are?
I am surprised, father of speaking to you as I am speaking to you now. I would never have dreamed of it.
Well. I will tell you my story, father, listen...

Friday 23 September 2022

The passed away father is telling Silvia that he is watching outward after many months

 





Dear Silvia,

It has been a long winter, long and frosty. It has been grey, cold and sad. But by very slow degrees, and with frequent relapses, I recovered finally, from this long illness and winter.
Today for the first time I became capable of observing outward objects with any kind of pleasure, But surprisingly I perceived that the fallen leaves had disappeared and that young buds are shooting forth from the trees that shade my window. Oh my God, what a grace! What a divine spring for this tormented land! This unexpected weather accelerates my convalescence. I felt also sentiments of joy and affection revive in my bosom; my gloom has disappeared, and in a short time I have become as cheerful as before I was attacked by that unwanted sickness.

Monday 19 September 2022

Essere mio padre - III

 





Claudia lavorava al secondo piano. Aveva avuto momenti difficili, ma ora davvero aveva tanto lavoro.
Per assurdo era stato proprio durante il lockdown del 2020 (tre mesi pazzeschi di lockdown) che aveva capito che ce l’avrebbe fatta. La disperazione di un’imposizione assurda di trovarsi priva della libertà naturale e di essere costretta a quella sorta di arresti domiciliari l’aveva fatta immergere nel lavoro. Aveva prodotto tanti capi di abbigliamento che nemmeno lei sapeva a che scopo.
Ma come spesso avviene per una sorta di eterogenesi dei fini, quello che soffriva e pativa ogni giorno di quella prigione, di quel gulag che si espandeva non solo all’Italia ma al mondo intero, aveva portato a dei risultati positivi.
Si era impratichita del lavoro, aveva trovato finalmente il tempo di rivedere, studiandoci sopra, tanti errori di esecuzione che prima commetteva e soprattutto aveva costruito un campionario da mostrare ai clienti.
E quando finalmente le restrizioni si allentarono e la gente riprese a sperare di poter vivere come prima ebbe materiale da mostrare che le portò sempre più nuovi clienti.

La frase “eterogenesi dei fini” a lei piaceva. Gliene aveva parlato suo padre, che durante i giorni del lockdown la chiamava spesso, e parlavano. Parlavano mentre lei cuciva e tagliava.
E parlavano anche di filosofia. A Claudia la filosofia piaceva.
E un giorno suo padre, le disse: vedrai che quello che oggi ti sembra un male, e lo è in effetti, domani per una sorta di eterogenesi dei fini si convertirà in bene.
Claudia non l’aveva mai dimenticata quella frase. Le era rimasta scavata nella mente.
E ora che suo padre non c’era più era divenuto il cammeo in cui aveva incastonato la memoria di lui.

Claudia, a differenza di Silvia, non aveva mai troncato la comunicazione con suo padre.
Magari ad alti e bassi, ma l’aveva continuata.
Era difficile trovare il tempo per un padre, soprattutto lontano, difficile come era suo padre. Ma nonostante ciò nei ritagli di tempo riusciva ad incastrare anche qualche decina di minuti per parlare con lui.

Silvia, con Claudia aveva sempre avuto un rapporto verticale nel senso di essere la sorella maggiore, e come tutte le sorelle maggiori di stare su un gradino più alto del piedistallo è normale ed è consuetudine, ed era quello che anche Claudia in fondo accettava e non poneva in discussione assumendo lei appunto il ruolo naturale per converso di sorella minore, e in fondo le faceva comodo a lei che decidere le costava sempre in termini di energia mentale a cui volentieri si sottraeva, ed era più facile ricevere i consigli e forse metterli in pratica in virtù dell’autorità da cui venivano, che cercare le soluzioni sbagliando e soffrendo in prima persona. E finora si era sempre schermata dietro la figura di Silvia.
Ma ora qualcosa era cambiato. La pandemia e i lockdown le imposizioni assurde quanto illigettime a non finire degli uomini di paglia che regolavano dalle loro posizioni di potere la vita dei popoli aveva lasciato anche in lei un segno profondo. E un po’ l’aveva trasformata. Aveva imparato a prendere di petto le situazione. E’ vero che la distruggeva mentalmente e la gettava in un buio senza luce, ma per istinto ormai i consigli che la sorella gli dava non corrispondevano all’istinto forte in cui si era negli ultimi mesi radicata.
E questo lottare in prima persona senza riposare sugli aiuti altrui l’aveva condotta a cercare dentro di sé ciò che ora voleva lei e non quello che per gli altri era giusto che fosse.
Era caduta in depressione, è vero, e in fondo non era mai stata la sua natura quella di affrontare la vita senza schermi protettivi, ma ora lo era divenuta, ed era prorpio un frutto che regalava una società che mentre si sgretolava sotto l’autoritarismo di decisioni apparentemente illogiche e assurde, e permetteva a lei, che aveva quasi incosciamente colto i segni della falsità che seccava il respiro, di emanciparsi rispetto a quella tendenza impressa alla società che avrebbe voluta travolgerla e ridurla ad un assoggettamento totale. In realtà cresceva, si liberava e acquistava coscienza e forza. Certo scientia auget dolorem e in lei il dolore ora era divenuto molto forte, quasi insopportabile.
Per questo ora era in cura dallo psichiatra, assumeva psicomedicamenti, e alternava lucidità e totale disperazione, ma d’altro lato sapeva che voleva adesso e continuava a perseguirlo nonostante tutto, e quegli psicofarmaci li assumeva solo per controllare il livello di dolore in attesa di poterlo definitivamente governare senza il loro aiuto ma in nessun modo la distoglievano dalla svolta che aveva impresso alla sua vita grazie alla pseudopandemia.

E così ora Silvia veniva a lei, quasi invertiti i ruoli. Claudia sapeva più del padre che lei e voleva venire in possesso di un punto di vista che lei non aveva. Per questo veniva da Claudia, subalterna.
Aveva Claudia affittato una casa in via della Repubblica, quasi dirimpetto alla Unicoop di Santa Maria.
Al secondo piano viveva e lavorava. La stanza da lavoro non era grande ma luminosa.
Era un edificio relativamente nuovo rispetto agli edifici che lo circondavano. E aveva una strana forma ad angolo isoscele.
Silvia suonò il campanello, fu aperta e salì le scale. Quando arrivò alla porta bussò.
Claudia aprì la porta.

Sunday 18 September 2022

Essere mio padre - II







Una delle prime cose che fece Silvia, fu quella di cercare le foto di lei, piccola, con il padre.
Non gliene erano rimaste molte in verità. Doveva averle perse nell’ultimo trasloco, fatto tutto di fretta e nel caos totale. Avevano dovuto lasciare (fuggire - sarebbe meglio dire) quella casa il prima possibile. Quella parte della città in cui abitavano era ormai divenuto un luogo invivibile. Pareva più una città dell’Africa che italiana. La criminalità era cresciuta ed era pericoloso vivervi. Dove abitava ora, in collina, vicino Vinci, si era ancora fra italiani, ancora la vita parlava italiano.
Ne trovò una in particolare di lei al mare con il padre, che se l’era messa sulle spalle e posavano davanti alla macchina fotografica.
Era bello suo padre da giovane. Aveva i capelli lunghi come andavano di moda negli anni Settanta, ma quella foto era certamente degli anni Ottanta. In quella foto lei avrà avuto quattro o cinque anni. Forse sarà stato il 1986.
Lo toccò con le punte delle dita. Toccò la sua faccia e il suo corpo.
Babbo...gemé.
Di nuovo le lacrime le turbarono la vista e non poté più vedere la foto.
Si mise le mani nei capelli e continuò a ripetere quella parola: Babbo, babbino...
Poi si calmò. Si pulì gli occhi. Respirò. E sentì un profumo nell’aria. Da dove veniva?
Lei lo conosceva quel profumo. Lo aveva sentito da piccola. Aveva un nome quel profumo.
Pensò. Ce l’aveva sulla punta della lingua...Era quello che usava suo padre. Concluse. Sì, non si sbagliava. Era l’unico che suo padre usava.
Non si sbagliava.
Ma da dove veniva?

Erano passati almeno dieci anni da quando suo padre aveva lasciato l’Italia. Avevano parlato i primi mesi, forse.
Poi quando lui le mandò quel messaggio che le diceva che si era sposato due giorni prima, senza dirle nulla, dentro di lei era scattata un’avversione contro di lui, incontentenibile. Si era sentita tradita, raggirata, abbandonata. Aveva reagito come un animale impaurito.
Non voleva più parlare con lui. Non voleva nemmeno più sapere che esisteva.
Ma che le era successo? Perché era arrivata a quel punto?
A pensarci, ora, non riusciva a spiegarselo.

Guardò ancora la foto del padre. Aveva quel suo tipico sorriso malinconico. Gli occhi soprattutto non erano mai felici. Sempre velati di una malinconia profonda.
Era mai stato felice suo padre?
Ma chi era veramente quel padre che le sorrideva un modo melanconico dalla foto?
Che era uscito da questo mondo mondo semplicemente perché aveva deciso di uscire, senza nessuna malattia?
Aveva mai davvero conosciuto suo padre?
Quella domanda ultima fu l’inizio.





Sunday 11 September 2022

Essere mio padre - I

Per me questo blog è sempre stato un laboratorio di scrittura. Ho sempre postato parti dei miei romanzi in fieri.
E' un laboratorio di scrittura a disposizione per quei pochi che amano le idee, la verità e un modo di scrivere che non sia quello uniformato e piattificato dalla folta schiera dei polli d'allevamento (di questo concetto ne ho parlato QUI, in riferimento a Michel Houellebecq).
Comincio oggi a pubblicare parti di un nuovo romanzo in elaborazione "Mio padre - chi era?"

Qui il primo capitoletto.



Cara Silvia,
mi sei mancata tanto. Quante volte avrei voluto abbracciarti sentire la tua voce. Toccarti.
Mi sono sentito solo. Avrei voluto almeno parlare con te, non dico tutti i giorni, ma spesso.
Ma da parte tua non c'era interesse a parlare con me.
Ne ho sofferto molto.
Non so che dire. Una grande disperazione e desolazione sentirsi così abbandonato. Ti ho sempre amato, fin da piccola. Non sarò stato il padre perfetto ma nemmeno un delinquente. Quando mi hai cercato c'ero sempre. Forse non sempre con i soldi, soprattutto. Ma ho sempre avuto un rapporto difficile con i soldi.

Ti auguro ogni bene.

Babbo


Fu un incubo da quando lo seppe. Non poté più vivere.
Piangeva spesso. Invocava il suo nome e chiedeva perdono. Ma ormai non c’era più.
E ti accorgi sempre degli errori, dopo. Purtroppo.

In realtà quando ricevé quella email, non capì bene. Al momento non gli dette peso. Suo padre talora era melodrammatico. E un po’ questo l’aveva sempre disturbata.
Passò un mese, senza pensarci più di tanto. Poi...una domenica mattina mentre lavava le tazze del caffè una voce gli fulminò il cervello.
E’ morto. E’ morto...
Corse al computer, rispose all’email e attese.
Passarono due giorni. Nessuna risposta.
Silvia, cominciò a sentire le ali di un qualcosa sbattere sopra di lei. Il cuore prese a palpitarle. Sudò freddo. Ed era il 15 di agosto.
Da quel Ferragosto fu la certezza, che era morto. Ma come allora quella email?
Chiamarlo al telefono? Non ne aveva il coraggio. Ma provò.
Ma una voce metallica in una lingua sconosciuta rispondeva e lei non capiva nulla. Provò ancora e fu lo stesso.
Fece così una cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si sentiva umiliata, ma lo fece.
Il morso allo stomaco e il dolore nel cuore non le concedevano altro.
Andò su Facebook e cercò il nome di lei. Di sua moglie.
Lo trovò. Entrò in messenger e le scrisse.

Non ricevé subito la risposta. Passò qualche giorno. Poi una mattina, appena svegliatasi trovò un messaggio.

Sì, tuo padre è morto, a maggio. L’email l’ho mandata io. L’aveva preparata quando ancora era in vita e mi aveva pregato di inviartela dopo che sarebbe morto. Ma senza aggiungere nulla di più di quello che lui aveva scritto.
Onestamente non volevo inviartela. Quando ci siamo incontrate in Italia, prima che tuo padre partisse con me, hai fatto di tutto per mostrarmi la tua antipatia.
Ma che ti avevo fatto io?
Ero così felice di conoscerti. Eri la figlia dell’uomo che amavo e volevo conoscerti. Ma che delusione è stata vedere il disprezzo con cui mi hai trattata...
Alla fine te l’ho mandata. Me l’aveva chiesto con tutto il cuore...te l’ho mandata per rispetto verso di lui...ma io penso che non meritavi il suo amore.
Perché hai smesso di scrivergli? Perché non rispondevi ai suoi messaggi e alle sue chiamate?
Che ti aveva fatto? Che ti abbiamo fatto? Perché ci siamo sposati e non te l’ha detto subito?Mi ricordo che tutto è incominciato da lì...
Va bene, avrà sbagliato, ma era un motivo per tagliare i ponti con lui?
Ma che hai al posto del cuore? Un pezzo di ghiaccio?


Silvia sbiancò. Un pugno in piena faccia sarebbe stato meno doloroso.
E’ morto. E’ morto. E’ morto...il mio babbo è morto e per sempre...babbo, babbino...
E piangeva e singhiozzava.
Rachele la piccolina si avvicinò.
Mamma...perché piangi?
E’ morto il mio babbo.
Il tuo babbo. Ma avevi un babbo mamma?
Sì, amore. Lo avevo.
Ma non me lo hai mai detto.
No, Rachele. Non te l’ho mai detto.
Perché?

Perché? Perché non gliel’aveva mai detto? Perché si era comportata così? Se lo chiedeva anche lei.
Qualche volta nella vita si finisce in luoghi, in stati mentali che ti sembrano naturali ma sono mostruosità invece. E vivi poi per anni in armonia con quelle mostruosità.

Ma di che è morto? Riuscì solo con quella domanda a replicare a quel messaggio, fra le lacrime e con Rachele che la abbracciava da dietro le spalle.

A chi scrivi, mamma?
Non importa, Rachele. Non è importante.
Mamma non piangere. Ci sono io. Io sarò sempre con te.
Gesù! Anche lei avevo detto quelle parole a suo padre.
Gesù! Come aveva potuto vivere gli ultimi anni in quella nebbia?
Aveva davvero un pezzo di ghiaccio al posto del cuore?

Non voleva più vivere. Rispose quasi subito. Aveva perso la voglia di vivere.
Non voleva più vivere? Replicò Silvia. Ma come si può morire di ciò?
Sì può. Le rispose. Si può. Se decidi di morire, puoi morire. Quando non vuoi più vivere, puoi morire. Gli ultimi anni non sono stati facili. Il covid, i lockdown, la guerra, i prezzi   impazziti, la povertà...spesso nemmeno sapevamo se il giorno dopo avremmo avuto i soldi per mangiare...tutto questo gli ha fatto capìre che non era più il suo mondo. E ha preferito andarsene.
E tu, come farai ora? Le erano scivolate le mani sulla tastiera del telefono per quelle parole. Nemmeno poteva credere di averle scritte quelle parole
Non è un problema che ti riguarda. Non ti è mai interessato nulla di me...di noi. Ho provato a perdonarti ma ancora non ci sono riuscita. Ti auguro di trovare pace, ma non credo che ci riuscirai.

E quelle furono le ultime parole di lei, di Živilė, la moglie del padre.

Sunday 4 September 2022

An unprecedented crisis is going to hit Italy, but the harder the better. It will be nothing but good for Italy and Italians.







It is said that a major economic crisis is about to hit Italy. Forecasts are that around 120,000 companies will close. Perhaps it will not be 120,000 but certainly a lot of them.

However and personally, I believe that a serious crisis it will be nothing but good for Italy and Italians. Perhaps and lastly Italians will lose some of the arrogance they have towards the world, they will perhaps regain the endurance to work and the pleasure to work, which they have definitely lost forever from many decades.

Above all, Italian companies will perhaps try to have a more flexible mentality, become more innovative, take risks and maybe will be willing to face new challenges and experiment with newer ways and not the old-fashioned ones traced by their fathers in the 1960s that they stubbornly repeat for no whatsoever evident reason (almost the entire majority of them are companies founded by the grandfathers and inherited by the grandchildren through their sons, who are managing the companies like something which is due and not conquered with hard work and suffering).

Yes, because the crisis in Italy is not for economic reasons, that is only the corollary.

The crisis in Italy is first of all individual, of the human being in himself. Moral, but not only. It is in the arrogance that the brazen well-being achieved from the 1960s onwards has increasingly characterized itself as a lucid madness, creating a people of spoiled and crazy children, touchy, and always prone to take offence for nothing and ready to feel victims every moment but holy and perfect in themselves respect to the others. And full of themselves to such a level that they are sure that it will always be like this and will never go to change, they continued to seek only enjoyment and pleasure to finally fall in a state of stupor that borders on dullness. They stopped to take care of everything fundamental except for their belly. In Italy the belly has become the only valid reason to live. Nothing else matters more than it.

The "Tengo famiglia" (I have a family to feed, which is the same justification used by the many generals who betrayed, for money, the King of Naples and Sicily when Garibaldi waged war against the Kingdom of the Due Sicilie to "liberate" the South Italy - therefore it is an obnoxious and well-rooted slogan in the Italian mindset), that justifie -s/-d even the most atrocious acceptances, is the best exemplification of their underbelly elevated to Universal ego.

Let's be clear. This is a people of madmen, in love only with themselves, with limitless selfishness. And above all a blind folk. So blind that they have continued to express indifferently a political class that is the best reflection of what these people are. A folk of blind and crazy idiots. Without more values ​​than the "Tengo famiglia". And in the name of that, they accept(ed) everything.,

And with this in mind I want to underline and make mine the words of Pasolini expressed by him in an interview in 1967: "I just returned from Morocco, where I shot my last film, and on my return, I was tempted to give up everything, abandon the films, abandon my previous life and return to live in Morocco. And not because I love Morocco, but because my arrival in Italy was so terrible, so upsetting, unbearable. There is no sign of hope here, no light, nothing. It was like arriving in a madhouse for real madmen; that is, calm fools. I spent ten days of terror; it was as if I could no longer live in Italy. For those ten days, I thought about leaving Italy. And the worst thing is that the Italians don't notice anything at all. "

PS: Of course, I'm talking about the majority. There is also a minority, very small, that I respect, whose value is indeed sometimes of a very high level

About anxiety and dreaming spirits

Only dreaming spirits are anxious because they are full of Spirit. Are animals full of spirit? Are stupid people full of spirit? Children a...