Sunday 31 March 2019

Una posizione mediana da tenere





Il mio metodo di scrittura lo paragonerei un po' a quello di uno scienziato che studi il mondo quantico. Che tenta di indagare la realtà visibile, quella newtoniana, partendo da quella invisibile, ovvero quella quantica, sapendo che se riuscirà a spiegare la realtà newtoniana con quella quantica, se riuscirà a trovare il punto di incontro fra le due realtà, riuscirà a spiegare meglio, a comprendere in profondità le correlazioni fra quelle due realtà.
Avevo iniziato a fare questo lavoro nel 2007 allorché pubblicai, "Albert Richter, un'aquila fra le svastiche". In quel libro parlando del ciclismo tedesco a cavallo fra le due guerre, cercavo di individuare come il nazismo avesse influenzato il ciclismo, e lo sport in generale, cambiandolo. E come in realtà il nazismo dipendesse a sua volta da influenze esoteriche.
Ne "Il sorriso della meretrice", libro del 2011, cercavo invece di analizzare come il globalismo (le elites finanziare) imponendo una realtà di crisi ai popoli, procurasse negli individui sofferenze che si ripercuotevano nella loro interiorità a livello intestinale, batterico, producendo individui di pancia, egotici, ipersensibili, schizzati.
In "Cecilia" storia di un'aliena inviata in missione a Firenze v'era soprattutto una critica ad una differente realtà, quella emanata dal deep-state USA, guidato da alieni. In missione a Firenze avrebbe conosciuto l'amore, e perciò si sarebbe mutata in umana, fallendo la sua missione.
In "Rugile",  2017, un testo frainteso in quanto lo avevo concepito come una risposta esistenzialista all'istinto in generale (a quello sessuale in particolare) ma che alla fine era stato accolto come la risposta italiana a Fifty shades of gray. Cercavo di spiegare l'istinto, che apparentemente è illogico e inspiegabile, ma rivela l'individuo per quello che è, per la sua condizione, ponendolo nudo davanti a se stesso, come ciò che unisce l'individuo fra i due mondi, quello newtoniano e quello quantico. Si origina in quello quantico ma prosegue in quello classico, newtoniano. L'istinto ha la stessa natura di una programmazione che avviene a livello quantico ma si riflette in ultima analisi in quello visibile.
Per spiegare i due mondi mettevo a punto un tipo di scrittura, che mi fu rimproverata da molte case editrici a cui avevo inviato il testo.
Alla fine di ciascun capitolo aveva messo un' appendice  (sunti) in cui in termini quantici spiegavo quello che era avvenuto nella storia e nei personaggi che facevano parte del capitolo in oggetto. Così facendo riuscivo a dare  maggior profondità alle storie di "superficie".Mi permettevo di indagare una reraltà piu' profonda, dove l'impossibile e l'inspiegabile divengono possibili e spiegabili.
Questa aggiunta, in un mondo bacchettone come quello editoriale italiano (con pochissime eccezioni) non fu ben accolta.
Ma io non inventavo nulla. Elsa Morante, ne "La storia", aveva già posto all'inizio di ciascun capitolo dei sunti storici in cui si illustrava ciò che avveniva nella Storia del mondo nel lasso di tempo in cui si evolveva le storie personali dei personaggi del libro. Per dare maggior prospettiva alle misere vicende personali del quotidiano.

Da questa genesi è nata la mia tecnica di scrittura. Scrittura rivolta a far pensare, scrittura tesa a rivelare la realtà invisibile che costituisce quella visibile e superficiale.
Il mio non è tanto un cercare la verità ma un individuare quei meccanismi che mettono in moto la realtà, la manipolano, la modificano e la creano secondo le narrative programmate.
Quello che mi interessa, non è schierarmi dall'una o dall'altra parte, dar ragione a uno e torto all'altro, ma come un  ricercatore, uno fisico quantico, individuare le ragioni, le cause, alla base di un fenomeno di superficie. Che non sono mai quelle che si manifestano o vengono date per vere dalle vulgate (narrative) dei media.
E' una posizione mediana da tenere, per mantenere un atteggiamento di indagine non partecipatorio




Sunday 24 March 2019

La letteratura deve ricostruire, ricreare, l' entusiasmo che ci hanno ucciso dentro


1992, il Panfilo Britannia





Questo è il paese alla rovescia, dove le persone per bene, gli onesti, vengono perseguitate e le cricche, diciamo, premiate come …beh questo è un segnale devastante. (Elio Lannutti – giornalista e politico) 

La prima cosa che fece Sabatina fu di prendere la bicicletta che da anni teneva in cantina e sulla quale mai era più salita.
Da anni non vi era più salita sopra e, infatti, all'inizio cominciò a traballare. Ma dopo una trentina di metri fu come se la memoria le ritornasse e andare in bici fu di nuovo la cosa più naturale del mondo.
Spingere i pedali non fu difficile. Era così grande la rabbia dentro che a ogni pedalata sembrava volare.
Da casa all'ufficio vi era la distanza di un paio di chilometri.
Si sentiva un gigante. Si sentiva di un altro mondo, tanta era la forza che aveva dentro. La forza immensa della rabbia.
Silvano aveva tradito lei e i figli, era una vergogna alla sua età. La vergogna era più scandalosa perché l’aveva tradita con una ragazza dell’età di una nipote. Ma a lui sembrava non essere un problema, preso da quell'assurdo infatuamento senile.
Sabatina avrebbe forse potuto capire se fosse stata una donna della sua età, ma una ragazza così giovane…
Non aveva più tempo per i dolori, per le lacrime, per i consigli di chi le stava vicino. Si sentiva l’animo giovane. Non amava più soffrire. Voleva liberarsi una volta per sempre di quell'uomo che l’aveva fatta solo soffrire e ritornare ai giorni spensierati di quando aveva trent'anni.
Odiava vedere la faccia compiaciuta di Silvano la sera a cena, dopo che per anni (decenni forse) l’aveva solo vista buia e arrabbiata. Era un insulto, era una menzogna, un oltraggio che non voleva più tollerare.

Quando entrò in ufficio Silvano sedeva alla scrivania. Veronica alla sua scrivania, alla destra della scrivania di Silvano.
Silvano sbiancò.
Veronica invece, salutò gioviale come pretendesse che Sabatina non sapesse nulla.

- Tu brutta maiala, stai zitta. Ora parlerò con tua madre. Ringrazia che hai vent'anni e non ti strappo tutti capelli. Tu imbecille o chiudi questa agenzia o te ne vai di casa. Non voglio più vedere la tua faccia in casa. Vergognati rincoglionito, con una che potrebbe essere tua nipote…

Silvano ora era diventato tutto rosso.

- Ma sei impazzita – fu l’unica cosa che seppe balbettare.
- Non sono impazzita. Lo sapevano tutti, meno che io. Ma poi mi hanno telefonato e mi hanno raccontato tutto. Uno schifo, anche ascoltare.
- Ma perché vuoi rovinare tutto… - mormorò come ebete Silvano guardando nel vuoto.
- Come “voglio rovinare tutto”? E che dovrei fare? Stare zitta e lasciarvi fare i vostri porci comodi? Godetevi pure la vita, che Sabatina fa la cornuta felice? Questo dovrei fare? No, no…io voglio rendervi la vita amara come voi l’avete resa a me.
- Sei cattiva, Sabatina. – intervenne Veronica.
- Io sono cattiva? E voi che siete allora? Due maiali che avete riso alle mie spalle! Ecco che siete!
Te maiale stasera non tornare a casa. E tu…cercati un altro lavoro. Poi chiamerò i tuoi genitori…

A quel punto Sabatina si fermò. Sentiva un groppo alla gola e le lacrime venirle agli occhi. Si girò di scatto e chiuse la porta sbattendola così forte che si udì per tutto il palazzo.
Uscì fuori, riprese la bici che aveva appoggiata al muro, vi salì sopra e con le lacrime che le rigavano la faccia riprese a pedalare verso casa, senza un’idea di quello che avrebbe fatto.
Qualcuno la guardava.
Vedevano una donna anziana che pedalava un po’ traballando che piangeva. Forse per curiosità la guardavano. Forse per compassione.

Un’altra regina si era impadronita del cuore di Silvano, ma ormai a lei era chiaro, di quell'uomo non le interessava più nulla. Desiderava solo liberarsene. E prima che fosse possibile.
E tuttavia non riusciva a cancellare le parole di Silvano che aveva dette mentre lei usciva.

- Anche se tu mi odi, non potrò mai volerti male.

Ma quelle parole non le facevano piacere, al contrario erano come la premessa di qualcosa che non voleva augurarsi. Che sperava non accadesse. Disprezzata ora, disprezzata altre volte prima di ora, ora quell'uomo a lei ormai non gli era più caro. Ed era vero che altre volte l’aveva pensato ma poi vi era ritornata sopra. Ma ora era morto, finalmente. L’amore per lui si era estinto. Aveva finalmente rotto il domesticamento della sua presenza, della sua autorità, della sua arroganza. Si era liberata dei processi per cui lui la manteneva in uno stato di principio. Il principio del loro amore.
Il suo disamore aveva subito un’accelerazione, aveva saltato in modo esponenziale il processo evolutivo di un’amore che si evolveva verso il livello zero in modo selettivo, ma costante.
Veronica era stata il fattore esterno che aveva dato impulso all'accelerazione.
Essere derisa da una ragazzina di venti e da un rimbambito di settanta non era cosa facile da sopportare.

Si sentiva come non avesse più una casa, una famiglia, una direzione. Come se ciò che l’attendeva fosse un lungo esilio.

- Ho sbagliato allora, quando ho cercato l’aiuto di mia madre. Dovevo prendere i bambini e lasciare Ida, Silvano…quella famiglia che sentivo non era per me…Ho sbagliato allora e ora ne pago l’errore.

Sabatina, ritornò a casa. Rimise la bicicletta in cantina. Prese l'ascensore e salì su fino al quinto piano. Aprì la porta. Entrò. In casa non c'era nessuno. La finestra sul terrazzo era aperta. Si era dimenticata di chiuderla. Si rammaricò che ora in casa ci sarebbe stato caldo.
Andò sul terrazzo. Si sedé spossata. Guardò in lontananza verso il campanile della collegiata.
Non aveva parole.

Il giorno dopo sarebbe stato il 2 giugno. La festa della Repubblica.
Per lei un giorno come un altro.
Le non sapeva, e non avrebbe mai saputo, che il giorno dopo a Civitavecchia, avrebbe attraccato un panfilo. Il panfilo della regina Elisabetta di Inghilterra.
Il Britannia.

Quel giorno l'Italia morì di nuovo. Ma a differenza del '43 non è ancora risorta.
Era caduto il muro di Berlino. Un sistema che non serviva più e che fino ad allora era stato tollerato andava sostituito e creato uno completamente nuovo.
Ma questo Sabatina mai l'avrebbe saputo.

Sunday 17 March 2019

Il radical chic del pensiero analitico italiano o il logorroismo applicato alla psicanalisi: Massimo Recalcati. Ovvero l'incapacità di distinguere il domesticamento dall'istinto che sfugge il domesticamento.


Confonde desiderio e invidia. Confonde consumismo e desideri fondamentali (bere, morire, vivere, conoscere, sapere, mangiare, riposare..) che non sono legati al desiderio unilaterale.
E' un pensiero suo poco penetrante, che rimane alla superficie del pensiero globale.
Lui parla di domesticamento dell'essere umano attraverso la narrazione dell'induzione dei desideri che non sono esattamente tutti i desideri. E' il desiderio di libertà, di indipendenza, di capacità di analisi propria un desiderio declinato attraverso i desideri degli altri? E' la passione un desiderio un desiderio anch'esso declinato o un istinto che va al di là dell'individuo? Oltre il suo domesticamento.

Amore šaltibarščiai e pomodori rossi" su LRT la TV nazionale lituana a "Stilius"

Amore šaltibarščiai e pomodori rossi" su LRT la TV nazionale lituana a "Stilius" durante lo special dedicaro a Maksas Melmanas dei Biplan, gruppo rock. Libreria Mint Vinetu - Vilnius

Friday 15 March 2019

"Amore šaltibarščiai e pomodori rossi" su LRT la TV nazionale lituana


Domestication and inception


Photo Živilė Abrutytė




The process of domestication was/is accellerated by external actors.
The external actors were/are military e/o financial elites, who rule(d) the mankind since its inception to the present day.
These elites may not be human.

The process domestication could imply the rewriting of the entire history of Mankind.
What is called "narrative" is in fact domestication. Basically History is narrative, therefore the History of Mankind is the history of Domestication.

Manipulation and domestication have the same nature. Manipulation is accelaration and preservation (by maintenance) of domestication.
Domestication is constantly maintained. Media are expression of this maintenance.

Existentialist philosophy does not investigate the meaning of life, but investigates human nature that rebels against domestication and seeks its neotenic freedom, the nature before the inception.

Wednesday 13 March 2019

Domestication of mankind





We are domesticated beings.

We live in a daily domestication.

We can call it Domestication Syndrome.


But are we domesticated by whom and why?


We all want the same things, the things we are told to want.

Mass media are domestication.

Politically correct is domestication.

Multiculturalism is domestication.

Globalism is the highest form of domestication. It creates and shapes the narrative of domestication.

Is domestication taming? Is domestication control of individual eros?

Domestication for sure is the drive of Mankind.

Mankind was born from a biological experiment and put in the world through domestication. From the very beginning of his days on this earth mankind learned to live by being domesticated.


Domestication is the kingdom of pleasure and death:

"When the gods created man they allotted to him death, but life they retained in their own keeping. As for you, Gilgamesh, fill your belly with good things; day and night, night and day, dance and be merry, feast and rejoice. Let your clothes be fresh, bathe yourself in water, cherish the little child that holds your hand, and make your wife happy in your embrace; for this too is the lot of man"




Friday 1 March 2019

LORIS



Foto Živilė Abrutytė


Loris per anni aveva tenuto il profilo basso. Il silenzio era stata la sua scelta.
Difficile decifrare quel silenzio, quella scelta.
Di sicuro era la scelta di uno che voleva esprimere un dissenso.
Dissenso verso suo padre in primis, verso sua madre e verso suo fratello.
Un dissenso dignitoso, mantenuto con contegno. Che lo teneva lontano dalla sua famiglia di origine e dalle vicende di lei.
Un dissenso anticipatorio. Che pareva quasi prevedesse quello che sarebbe stato dopo la fine. Che riguarda sempre l'oblio. L‘esser dimenticato da tutti, a parte i pervicaci che si ostinano a voler ricordare.
In qualche maniera presentiva quella che sarebbe stata la fine. E sapeva che l'oblio sarebbe stata la fine di tutte le vicende.
L‘oblio è simile a una processo neotenico che mantiene alla fine ciò che era nell'individuo fin dal principio. Nato dall'oblio ritorna all'oblio.
Loris più di altri avvertiva la forza di quel processo neotenico. Un filo teso dall'inizio alla fine, un filo indotto e impossibile da spezzare.

- Tuo fratello è segreto. Sta zitto. Ascolta ma non dice mai quello che pensa. – ripeteva spesso Sabatina a Fabrizio.

Ed era vero. Loris taceva. Ascoltava ma taceva.
Ed era quel silenzio che sconcertava Sabatina. Lei che avrebbe voluto tanto parlare con lui, lui non parlava, né con lei né con altri.
Alla fine lei cominciava uno dei suoi interminabili monologhi che era lo stesso che gli aveva ripetuto la volta precedente, che ero lo stesso che gli aveva inferto le molte volte precedenti l’ ultima.
Loris imperturbabilmente e stoicamente le sedeva davanti e ascoltava e non profferiva parola. Ogni tanto si passava una mano sui capelli o si accomodava la barba.
Annuiva con la testa.
Poi, dopo un massimo di venti minuti, si alzava le dava un bacio, la abbracciava e la salutava.

- Quando ritorni? – era la immancabile domanda di Sabatina.
- Non lo so - rispondeva lui – La prossima settimana. Forse. Ma non so quando.

Loris sembrava aver subito una specie di domesticamento al silenzio. All'impassibilità. All'autocontrollo.
Fabrizio, che era l’opposto di Loris, provava un’ammirazione per quel suo comportamento allotrio rispetto all'andamento cromosomico della famiglia.
Ed era stato probabilmente un domesticamento (una narrazione) iniziato molto tempo prima.
Fabrizio infatti si ricordava di un Loris diverso quando erano bambini. Un Loris, timido forse, riservato, ma loquace, disposto all'emozione. E buono soprattutto.
Onestamente in cuor suo pensava di non aver mai conosciuto nessuno buono come suo fratello.
E rispetto a lui si sentiva sporco, indegno.
Ed era il fratello maggiore, con cui non riusciva mai ad esprimersi liberamente. Aveva sempre timore a dire quello che pensava.
Era come se il 98% del loro genoma fosse simile e differisse solo per il 2%. Ma quel 2% di differenze costituiva l’abisso fra lui e il fratello a livello morfologico, funzionale e comportamentale. Due organismi quasi diversi. Ma chi era l’attore esterno che era intervenuto sul genoma di Loris e lo aveva modificato?

Quando Loris se ne andava, piombava il silenzio.
Sabatina teneva il capo basso appoggiando il mento su una mano dell'avambraccio sinistro piegato in modo da sorreggerla. L'altra mano la teneva appoggiata sulla coscia destra. Esprimeva una scena di delusione e rassegnazione al tempo stesso.
Silvano seduto sulla poltrona davanti a Sabatina teneva il busto leggermente piegato in avanti e le mani conserte sulle ginocchia, come se volesse esprimere una voglia di reagire, di alzarsi e andare, che però rimaneva abortita in partenza.
Un silenzio che perdurava almeno dieci minuti e in cui nessuno dei due parlava.
Fabrizio per un po' li osservava e poi defletteva.
Alla fine Sabatina rompeva il silenzio.

- Non so che gli abbiamo fatto. Viene qui a fare la visita del prete.
- Che deve fare? Ha tanto da lavorare. Lo so io, che significa viaggiare…lui è sempre in viaggio. Ritornerà la prossima settimana…- ma non era convinto Silvano, che aggiungeva – Eh…

Poi Sabatina si rivolgeva a Fabrizio.

- Quando viene tuo fratello, scappi sempre. Non ci parli mai.

Fabrizio non rispondeva. Ma dentro di sé sapeva che era vero. Con Loris non era mai sicuro di che parlare. Il suo contegno, la riservatezza, lo bloccavano. Lo intimorivano. In effetti non sapeva mai se a Loris facesse piacere o meno parlare di un determinato argomento.
Di politica non si interessava, di sport nemmeno, di letteratura neanche…avrebbe forse dovuto parlargli di architettura (Loris era architetto) ma Fabrizio era un perfetto ignorante in quel settore.

Quando Loris se ne andava in casa vi regnava l’atmosfera di una sorpresa interrotta, di un risultato sperato ma mancato, di una finta sul ring andata male.
Quel luogo diveniva allora simile a una camera silente che proiettava il rossastro sapore di meravigliosi mondi fuori, che di lì nessuno poteva scorgere tuttavia.

Creatures

  His countenance likes me not. Such a deal of man Is he? a true God's creature?