Tuesday 31 January 2023

Il poeta e la guerra

 





I poeti non muoiono, nemmeno in tempo di guerra cessano mai di pensare poesia. La poesia vive nei poeti perché la fanno vivere

Perché il poeta sopra-vive anche in tempi di guerra? Perché coglie i segni dell’uomo, della vera umanità nella morsa del dolore immenso della morte di massa, come è la carneficina di una guerra, anche in quel momento in cui il dolore avvolge quelle aree dove la morte fa da padrona il poeta testimonia la capacità di essere umani. Anzi in virtù del fatto, come diceva Caproni, che il poeta è un minatore, riesce a calarsi nelle gallerie dell’anima, citando Machado.
In quelle gallerie, segrete, dell’anima, comuni a tutti ma aperte a pochi sta il profondo senso dell’umanità. Lì alberga la poesia, che il poeta per la sua capacità di calarsi in territori, in cui solo lui può calarsi, esperisce e porta in superficie verso quella realtà del saeculum che rinnega per essenza, perché ciò che è realtà è solo spettacolo, apparenza, chiacchiera, accidente e mai sostanza.

E questo del pari è il tratto del poeta, come individua Machado

Misterioso y silencioso
iba una y otra vez.
Su mirada era tan profunda
que apenas se podia ver.
Cuando hablaba tenia un dejo
de timidez y de altivez,
y la luz de sus pensamientos
casi siempre se veía arder.


Il poeta è un caminante, un Waldgänger, che percorre sendas, sentieri,che nessun altro avrebbe la costanza e la forza di percorrere, perché implicano la solitudine del caminante, del Waldgänger, e la sua sofferenza.

Wednesday 25 January 2023

Il compimento della profezia

 



Il capitolo probabilmente finale del mio libro in corso di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"

Passavano.
Si era appoggiato sul parapetto di Žvėryno tiltas, il ponte che mena a Gedimino Prospektas dalla parte dove si trova il Seima, il parlamento, venendo da Žvėrynas, e li guardava passare. Uno ad uno. Ed erano tanti. Alcuni erano gonfi di acqua. Altri avevano facce irriconoscibili. Altri mezzi sommersi.
E sfilavano lugubri. In silenzio.
La gente stava mesta penzoloni al parapetto guardava e non parlava, come ipnotizzata da quella processione di un corteo silenzioso ma che urlava forte l’orrore della guerra che ancora non era arrivata nella capitale.
Si dicevano che venissero dal confine con la Bielorussia, dove gli scontri erano stati violenti e il fronte si era aperto.
La città pareva ancora volere ignorare ma ormai era quistione di ore. Fra poco sarebbero arrivati i carrarmati russi e avrebbero sfilato per la città.
Non gli apparteneva quella guerra. Non era di quel popolo. Non era nemmeno più del suo popolo.
Era un apolide, un senza patria. Un déraciné . Uno straniero. Uno che era estraniato al mondo, ma anche a se stesso ormai, in quella città che non era la sua città.
Si chiedeva dov’era la sua città finalmente. Era quella di cui parlava Sant’Agostino?

Quei morti portati dall’acqua parevano gusci vuoti ed erano ormai indifferenti al mondo. L’unica differenza fra lui e quei gusci galleggianti ripieni di sola acqua era l’anima, che ancora era in lui. In lui ancora viveva quel soffio vitale che invece aveva abbandonato loro.
Li contemplava dall’alto e pareva che gli parlassero tuttavia.
E gli parlavano della morte che era sempre più vicina. E gli parlvano della morte che era iniziata il giorno che loro erano morti.
Loro che prima di morire si erano aggrappati a lui come l’ultima forza per vivere, disperatamente. E gli avevano succhiato via la vita. L’unica che aveva. E dopo lui se n’era andato. Sperando di vivere in un mondo nuovo. Ma inutilmente lo aveva sperato.
Quella vita, l’unica che aveva, gliel’avevano succhiata via in modo tormentato, prima che partisse. Volevano vivere ancora, non volevano morire. Si attaccavano a lui. Unica loro forza. Lui era giovane ancora. Loro vecchi. Gusci vuoti ormai...
Non poteva fargliene una colpa. Li aveva sempre amati. Suo padre e sua madre. Come accusare qualcuno a cui hai voluto bene tutta la vita e anche dopo la vita?
Aveva dato la sua  in fondo. Per salvare loro.
Come Cristo.
Ora gli fu chiaro perché quel giorno aveva desiderato vivere appeso a quel grande crocifisso che pendeva dalle volte di quella grande chiesa dove era andato per accompagnare lei dal padre esorcista.
Era un piccolo Cristo, alla fine. Un martire minore, che aveva testimoniato la sua fede nel martirio nel modo che poteva.
Per quello forse Nostra Signora lo aveva scelto e gli aveva concesso le grazie che aveva avute.
Questo gli dicevano quei cadaveri di soldati che sfilavano silenti portati dalla corrente del Neris, che attraversava Vilnius.
Ed erano il simbolo che annunciava l’arrivo di una grande catastrofe. Le cui dimensioni nessuno poteva prevedere.

Fu allora che capì. Il tempo era arrivato. Il buio stava per arrivare. Per tre giorni sarebbe stato.
Per tre giorni il mondo fuori avrebbe pianto e urlato. Per tre giorni il sangue sarebbe corso. Per tre giorni la tenebra e il fuoco avrebbe divorato quella parte del mondo. Ma questo non sarebbe stato il suo problema.
Ormai lui più non faceva parte di quel mondo.
Era pronto. In casa era tutto pronto.
Per tre giorni lui e la famiglia si sarebbero chiusi e avrebbero atteso senza mai guardare fuori.
E il quarto giorno il sole sarebbe arrivato. La luce di nuovo sarebbe stata. E un mondo più pulito e bello si sarebbe mostrato. Ma molti saranno gli uomini che non lo vedranno più.

Monday 23 January 2023

Il grottesco: quando ciò che è sinistro, inquietante e infausto, diviene invece, familiare e rassicurante.






Dal mio libro in fase di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"

"Una società che permette a me e Lou Reed di imperversare
è una societa' che va alla deriva e prima o poi sprofonderà "
(David Bowie)

In quel mondo a cui sentiva di non apparterne ma di cui tuttavia ammetteva interiormente un insopprimibile bisogno di un nuovo contatto si era instaurata la tirannia del grottesco.
Tutto ciò che si percepisce all’interno di una grotta, per effetto della luce e dell’ombra, è distorto, alterato, deformato, falsato, snaturato, travisato, assume forme irreali, ovvero diverse da quelle che sono realmente fuori della grotta.
E quella era la realtà che si stava vivendo. Nel mondo intero.
Era una realtà che presentava aspetti talmente deformanti e incredibili da dover credere che avrebbe potuto sforare nel comico se non fosse che quel comico aveva in sé anche il tragico, ovvero l’annullamento dell’individuo.
Si era arrivati ad imporre una muserola per umani, anche se era evidente e noto che non serviva a niente e anzi procurava danni e malattie a chi la portava.
Si era arrivati a imporre il distanziamento nei negozi, nei bar e nei ristoranti, alle fermate degli autobus, sulle spiagge negli spazi di aria salubre e di mare e dell’effetto purificante del sole. Distanze che variavano e mai erano uguali, perché il virus astuto a seconda del locus dove si trovava variava il suo genius e la sua tattica.
Si era arrivati al punto di disinfettare le spiagge con antisettici.
Si era arrivati al punto di cacciare con droni chi sedeva su una spiaggia solo nella più completa solitudine di chilometri o chi faceva joggin da solo nella foresta lontano da tutti e tutto, per il gusto di sentirsi cacciatori di teste e gioire della propria autorità, multarli e ricacciarli in casa per affermare il proprio ego di sceriffi.
Si era arrivati al punto di stabilire il numero di persone che potessero sedersi a tavola per il Natale. Sei. Che potevano riunirsi solo dopo aver fatto il previo tampone.
Si era arrivati al punto di proibire di spostarsi da una città all’altra nei fine settimana e nelle feste comandate. Perché solo nei fine settimana e nelle feste comandate il virus operava.
Si era arrivati al punto di far indossare la mascherina in piedi e potersela togliere seduti dopo aver ordinato nei bar e nei ristoranti, come se il virus per incanto sparisse quando stavi seduto in attesa del cibo.
Si era arrivati al punto di introdurre il coprifuoco per respingere un virus che pareva circolasse di più la notte che il giorno.
Si era arrivati al punto da richiedere una certificazione sanitaria per poter lavore o andare al supermercato a fare spesa. Se non lo avevi e non potevi mangiare, e magari morivi di fame, non importava. Dovevi piegarti e basta. Ubbidire e tacere. Taci il covid ti ascolta.
Si era arrivati a tutte queste assurdità sulla presupposizione di un virus mai esistito perché NESSUNO lo aveva mai isolato.

Ma che mancava a quel mondo perché si potesse arrivare a vivere solo di grottesco, in cui gli attori erano divenuti satiri infernali: o compiacenti perché temevano solo per la sopravvivenza dei corpi, o aguzzini al potere, per denaro, per autoaffermazione, per auorefernzialità e disposti a farsi camerieri dei grandi burattinai che avevano pianificato tutto?
Ci aveva pensato a lungo. E concluse.
L’amore e lo spirito.
Si ricordava di sua madre. Metteva amore in tutto, anche nei momenti di rabbia, perché le sue parole venivano dal cuore. E nel suo amore rispettava tutto. E mai prevaricava. Era internamente timorata in ogni suo atto e parola. E credeva nel bene, e pensava che ogni persona partisse dal bene anche quando era malvagia. E in tutto e tutti vedeva quel bene. Non viveva forse di costanti atti di amore quella donna?
Una donna, un essere umano, così non basa già la sua vita sul postulato della santità anche se mai le sarà riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa?
Era cresciuta nel timore di Dio. Era cresciuta nella fede, anche se popolare, di Cristo. Era cresciuta in un mondo dove di parlava di amore e di vita eterna, di inferno, purgatorio e paradiso. Dove i preti erano preti, i fedeli fedeli, i cittadini cittadini e i politici almeno avevano pur nei limiti un certo interesse per la loro nazione.
Poi venne il ’68. E sembrava cosa buona e giusta. Sembrava che avrebbe cambiato il mondo. Sembrava la visione corretta e incontestabile di chi volesse appartenere al futuro. Il comunismo, il marxismo e il materialismo erano la visione del futuro che avrebbe cambiato il mondo. E lo cambiò. Lo cambiò nel modo che oggi è. Il peggior mondo possibile.

E fu il ’68 che interruppe lo Spirito.
Lo spirito è quella unione che continua, sottile e apparentemente invisibile, dal padre al figlio per cui il figlio si conosce nel padre e il padre si riconosce nel figlio.
Ma nel ’68 il figlio rinnegò il padre e il padre ebbe paura del figlio. E lo spirito fu rinnegato.
Che i figli dovessero pagare le colpe dei padri, come ci racconta il teatro greco, era il monito per dire che nello spirito del padre continua il figlio e il padre deposita se stesso nel figlio per gli anni a venire e così via in una catena ininterrotta di secoli che finisce per sedimentarsi nel DNA.
Tolto il monito fu tolto lo spirito. E molti altri monito caddero. E fu l’aborto. Il divorzio. La libertà sessuale. La droga. La musica rock. E allora sembrava liberazione. Ma invece era solo il futuro che faceva irruzione in un presente-passato manifestando i primi bagliori di un’illusione, un inganno, che avrebbe raggiunto il suo picco grottesco oggi con il gender fluid, l’omosessualità come idologia dominante, la cancel culture...il mondo sanitario.
Ma il grottesco è questo, quando ciò che è sinistro, inquietante e infausto, diviene invece familiare e rassicurante.


Friday 20 January 2023

La voce della morte






Dal mio libro in corso di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"

Poi si rese conto.
Sempre certe visioni avvenivano mentre lavava le tazze del caffè.
Si rese conto mentre lavava una tazza del caffè che le ultime persone in vita che amava erano come sparse. Monadi lontane che vivevano ognuna in un mondo proprio e che l‘unica cosa che le univa era il suo amore e il suo pensiero.
Le aveva lasciate là, in quel paese, che quasi provava difficoltà a nominare. Quel paese che aveva scoperto quanto infame fosse, vivendo fuori di esso. Un paese di mascelle deboli, di viziati. Ignavi, era la parola che amava di più per definirli, era la parola che secondo lui meglio definiva quel paese e la sua gente che era l‘essenza di quel paese distorto dal benessere, arrogante e soffocato nel proprio benestare.

Troppo si era focalizzato in se stesso, per vivere, per sopravvivere, per formare quel sentiero interiore che gli aveva permesso di resistere all‘orrore in cui era caduto il mondo davanti alla falsità della propaganda che si era impadronita del mondo.
Se sei intento a sopravvivere, se il livello del tuo vivere è quello di una linea di pura sussistenza, non hai invero molto altro spazio a cui aggrapparti, che non sia quello strettamente necessario alla sopravvivenza.
E sentiva ora che il tempo era venuto per rivedere quelle persone, nella carne e negli occhi. Di sentire la loro voce, dopo tanti anni. Di cingere il loro corpo in un abbraccio che poteva essere fra gli ultimi. Di unirle in un abbraccio fisico e non più solo nel pensiero del cuore.
Non era lontananza quella che sentiva, era tradimento alla propria carne che provava. Disconoscimento della sua linea biologica. Del suo stesso sangue. Il non vederle più.
Così era, e così pensava. E sentiva una distanza indefinita e tuttavia semnpre più incolmabile.
Sarebbe morto in quella distanza? Nella dissoluzione del proprio sangue?
Lo intristivano quei pensieri.

Doveva rompere quell’accerchiamento di solitudine in cui il pensiero sovraccarico di particelle elementari e la preghiera lo avevano messo, uscire da quell’angolo silenzioso rispetto al rumore del mondo in cui si era autoisolato, doveva ritornare anche al mondo, perché ogni giorno si faceva più difficile vivere nel mondo senza prenderne parte.
Che strana condizione era la sua.
Strana e irripetibile. E tuttavia scomoda. Non era un santo per cui poteva vivere felice sulla base di un postulato di vita ultraterrena che lo ispirava in ogni suo atto, ma non era nemmeno della stessa pasta del mondo, di cui tutti gli altri esseri, la maggioranza, che lo circondavano quotidianamente negli atti del vivere, erano fatti e miscelati.
Dovunque andasse, dovunque posasse il suo culo, dovunque cercasse conforto o interesse si sentiva in esilio, non facente parte di quel mondo in cui si trovava, ma quello da cui era provenuto nemmeno esisteva più.
Vi erano solo tre tracce di sangue che lo legavano, e neanche sapeva più quanto, a quel mondo passato e trascorso che era stato azzerato dall’eco della lontananza che lo sviliva ogni giorno di più.
E quelle tre tracce di sangue avevano tre nomi, tre nomi chiari e definiti che non si deprezzavano, non si annullavano, che erano rimasti certi, sicuri, indimenticati. Chiari nella sostanza che definivano.
Luigi.
Silvia.
Claudia.
E il tempo era venuto. Il tempo che viene sempre. Urge e urla ciò che non può più essere procastinato.
Il tempo che il suo corpo si riunisse alla stessa linea di sangue che fluiva in loro, prima che il suo sangue cessasse, irrimediabilmente, di fluire e per sempre.
Prima, e fino ad allora, non era stato il tempo della carne, perché era stato un tempo interiore che doveva attuarsi per sfuggire le persecuzioni, ma ora la carne proclamava con insistenza che esisteva, che aveva le sue ragioni, che non è come un vestito che può essere dismesso in ogni momento. E le ragioni della carne stanno nel sangue. E quel sangue ora, per troppo tempo lontano dai suoi luoghi, implorava un ritorno a quelle regioni, a quegli spazi, a quei contatti dove poteva riconoscersi e riconnettersi all’origine.
Era la voce della morte imminente? Si chiese.
E quella domanda, ormai insistente come un pungolo che mai cessa di tormentare, aprì spazi infiniti per cui la coscienza di quella lontananza divenne senza limiti, incontenibile al cuore di padre e di fratello.
Mormorò i tre nomi, uno dopo l’altro, perché quell’universo di sconforto non se li portasse via.
Vi amo! furono le ultime parole, che respirò nel gelo di quella terra dove mai cessava il freddo.

E ora, quella neve benedetta, o maledetta, che silenziava tutto, di nuovo aveva preso a cadere, impietosa o misericordiosa difficile decifrarla, sui suoi passi verso casa, che vedeva già le luci oltre gli alberi appena dietro il promontorio, e ammorbidì stranamente la pesantezza che si portava dentro passo dopo passo, di ritorno dal luogo in cui andava a lavorare ogni giorno. Ma che lavoro era il suo? Nemmeno più lo sapeva. Un po’ faceva l’agente, un po’ smistava studenti da un paese all’altro per esperienze di lavoro, un po’ faceva lo scrittore senza successo.
Un lavoro, pensò, di uno che non ha più identità. Di uno che forse si appressa alla morte disintegrato dal nulla del mondo che era e non è più e tuttavia chiede di essere riconosciuto in forme che non sono più quelle in cui lo si era conosciuto e convissuto credendole vere ed eterne.
E ora gli rimaneva la preghiera, l’unica forza identitaria che lo faceva essere quello che ancora riusciva a dire di essere, a negare di non essere, a implorare di conoscere perché più non sapeva che conoscere.

Wednesday 18 January 2023

La caduta degli dèi delle tenebre

 






Dal mio libro in fase di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"

[...] en aquellas ocasiones no sentía únicamente el terreno firme debajo, sino que también tenía inscripta secretamente en algún lugar de mis percepciones la raya del horizonte para hacerme sentir la dirección indicada aun sin conocerla [...][1]
( Salvador Benesdra – El Traductor)

Mr Claude Swab is to miss the opening of the World Economic Forum Conference in Davos tomorrow "due to a health issue"
. Lesse una notizia di agenzia.
Es la caída de los dioses. Pensò.
Chissà perché in spagnolo? Si chiese, anch’esso meravigliatosi di aver pensato quella frase direttamente in spagnolo.
In quel periodo stava leggendo tanti testi in lingua spagnola. Aveva fatto una ricerca sui migliori autori cileni e argentini e stava in particolare leggendo Manuel Puig e Salvadot Benesdra. Lo aveva soprattutto colpito il modo di scrivere soffocante y loco di Benesdra del suo unico libro pubblicato e di successo El Traductor. Un modo di scrivere tirato all’eccesso che gli ricordava Dostoevskij.
Benesdra, un uomo affetto da locura, pazzia. Un uomo che si riteneva bello, dal fascino intellettuale che inchiodava. e che un giorno se descubrió feo, en su habitación.
In fondo anche Swab era affetto da locura, una locura che Nostra signora stava evidentemente mettendo a tacere sotto la pressione delle sue preghiere e di anche molti altri che avevano scoperto la potenza del rosario


Basta odio, Madre
basta il brutto che ci circonda
dà noi un po' di pace.
Siamo stanchi, Madre.

Noi, che cerchiamo
diperatamente te,
siamo stanchi,
non abbiamo più pace
nel cuore.

Tanto odio, tanta menzogna,
tanta lotta senza fine
con i dèmoni, spossa.

Siamo esausti, Madre.
Porta noi la pace, finalmente.
Porta la bellezza e l'amore,
finalmente.

Tira giù i folli
il seguito dei loro dèmoni
tira giù i folli inganni
di loro.
Il loro odio, la sete di avere tutto
per solamente distruggerlo.

Dona noi la tua spada,
sprona il tuo cavallo,
mettiti alla testa di noi,
dà la pace della vittoria.

Siamo pochi
che aspettiamo,
siamo pochi che crediamo,
siamo i pochi che credono
che vinceremo
con te, sempre.

Nel segno della tua spada
e del tuo cavallo
che aspetta e freme
nel furore dell'attacco,
vicino.


Aveva composto quella preghiera e con quella preghiera ogni giorno invocava Nostra Signora perché portasse via i folli che volevano alterare l’uomo, renderlo transumano.
Erano tempi di locura, totale.
Quella stessa locura che pervaga nel mondo e aveva spinto Benesdra a buttarsi dal decimo piano de su piso. Quella stessa follia, ma in Cristo, con cui lui combatteva la follia opposta di anime invase dallo spirito del male.
Mr Claude Swab era già al secondo infarto. E tuttavia era uno di quelli che credeva nell‘immortalità dell‘uomo creata dall‘uomo, il miracolo dell‘uomo unito all‘intelligenza artificiale.
E forse il tempo era venuto, che Nostra Signora se lo prendesse e lo manlevasse là dove ciò che aveva meritato in vita divenisse il suo destino nell‘altro mondo, si trasformasse in quel mondo in ciò che lui aveva voluto determinare in vita, nell‘esercizio del corpo e della mente, lontano dalla parola di Dio, ispirato alla visione di Satana.

Gente come Mr Swab era gente fatta di tenebra e vivevano nella tenebra e volevano un mondo di tenebra, lontano dalla luce. Chi ammette che l’uomo è figlio della luce, come gli angeli, riconosce che siamo figli della luce, di Dio, e vive su quel postulato che è Dio, che è motivo di ogni nostra azione finché rimaniamo nella luce.
Era bene dunque che gente come lui se ne andasse nella tenebra eterna, in eterno.
E quel pensiero gli dava energia, la stessa energia che provava a mezzo di una lettura che lo travolgeva, o della scrittura di un passo in cui si in-se-medesimava. O di una vendita riuscita dopo un lungo lavoro di contatti e pazienza infinita.
Ed era tuttavia un’energia insolita quella che ora provava. Era un’energia che gli derivava dal non essersi mai piegato, dall’aver sempre fatto resistenza, forse una resistenza privata, posta nel proprio io, con cui si era sottratto alla propaganda, alle pressioni sociali e politiche, trovando la forza in sé nel sentiero interiore che si era costruito ad imitazione di quello della foresta che aveva lungamente percorso per sfuggire il più possibile ai controlli della polizia.
Ma soprattutto una resistenza che aveva usato la forza della preghiera, del rosario. Una forza straordinaria messa in campo da tanti come lui, che aveva avuto una funzione catecontica dapprima, e ora metteva in sede impedita quelle forze che avevano dominato all’inizio della falsa pandemia, che finalmente al di là dei proclami vedevano il profilo della sconfitta delinearsi chiaro e la paura di essere sconfitti li rendeva isterici.

-----------------------
[1] [...] in quelle occasioni non solo sentivo un terreno ferma disotto, ma avevo anche la linea dell'orizzonte segretamente inscritta da qualche parte nelle mie percezioni per farmi sentire la direzione indicata anche senza saperlo [...]

Behind technology lies a spirit

 








The world is owned by mantras, and many of them are the most repeated. One of them is that the technology itself is neutral, neither bad nor good. But those who say this forget that there is a spirit behind the technology, and that is the spirit of the person who produces it to be used, and if their spirit is bad, the direction (the intention to use the technology) will also be bad.
And besides, behind the spirit of the one who uses the technology lies the spirit of evil-in-itself or of good-in-itself that moves (eterodirects) the individual who creates the technology to use.

La técnica no es neutral

 










El mundo está hecho de mantra, y hay muchos y muchos de ellos son mas repetidos. Una de ellos es que la técnica ensimisma es neutral, no es mala y no es buena. Pero los que dicen eso olvidan que hay un espíritu detrás de la técnica, y ese es el espíritu de la persona que la produce para ser usada, y si su espíritu es malo, la dirección (la intención de usar la técnica) también será mala.
Y demás, detrás del espíritu de quien usa la técnica está el espíritu del mal ensimismo o del bien ensimismo que mueve (eterodirige) al individuo que crea la técnica a usar.

Tuesday 17 January 2023

Boring and torturing writers

 





I consider writers according to two categories.

1) boring writers
2) writers who make me suffer
,
About the first category, there is not so much to say. The 98% is boring, pointless, battery-hens-writers. See my post about MICHEL HOUELLEBECQ.
About the second category, I include those few writers who, when I read their novels, make me suffer, and I have to read them in instalments. I can read a half page or one page each time, a maximum of two pages, after that the sufferance becomes unbearable, overwhelming, but nonetheless, I return to their pages because that sufferance, in the end, makes me think and opens new unprecedented horizons in front of me. It is well known that scientia dolorem auget.
The most typical example is J.M: Coetzee. For example his Disgrace or Slow Man. But the peak is Salvador Besnedra, El traductor. His writing is first of all irritating, hurting, excessive, and displacing...but he teaches new ways of writing, new ways of thinking, and new ways of mixing different literary genres.
He shows a new way of experimenting with writing. He talks about socialism and love, sex and strikes, work and life, social life, politics, Argentina.
La novela [El Traductor] intenta el casi imposible objetivo de reconstruir un sistema de pensamiento perdido en el cual se mezclan, como partes integrales, el socialismo, la cultura sefardí, el pensamiento de la ultraderecha alemana, las teorías biológicas del positivismo decimonónico, la dictadura argentina de 1976-1983, la soledad existencial, la religión, la sexualidad, los mitos de la historia argentina y los de la izquierda local, sus triunfos y sus traiciones, su capacidad de supervivencia y sus metamorfosis en la cultura argentina, la escritura como Babel y el personaje central, Ricardo Zevi, como traductor. Precisamente, el texto se concibe como un espacio natural de traducción y reconstrucción del imaginario de los años 60 y 70, así como su desarrollo durante los 80, en una arquitectura novelística avasallante. (Silvia G. Kurlat Ares in Academia).
A particular case is Dostoevskij who is swaying between both categories. The Idiot is more than half unreadable. The Brothers Karamazov, in my opinion. completely boring in many parts, the same for Notes from Underground, but at the same time he has some breathtaking tirades where he takes the folly of the characters to extreme outcomes, which is the thing that makes those parts fascinating.

Saturday 14 January 2023

Di come il futuro già si incunea nel presente non appena questo diviene passato

 






Fu un giorno che camminava lungo la vettura di un treno, da Firenze a Empoli, che se ne accorse. Ovvero non se ne accorse.

Solo cominciò a dubitare. Dapprima. Non arrivò subito alla conclusione logica.
Eppure fu così repentino. Fino al giorno, prima, non era mai accaduto. E quel giorno sì, accadde.
Non si capacitava.
Gli fu tutto chiaro quando camminando incrociò un altro giovane. Bello.
E una ragazza seduta si girò a guardare quel giovane, bello.
Perché lui e non io? si chiese stupito.
Come è possibile? Insisté. Sempre hanno guardato me e non gli altri.
Con quel dubbio continuò a camminare e a prestare attenzione.
Passava e poche ragazze lo degnavano di uno sguardo. Incrociò un altro ragazzo, bello e più giovane. E due ragazze guardarono lui, il giovane.
Ma che è cambiato rispetto a ieri? Si chiese allora angosciato.
Possibile che non sono più bello, io?
Il pensiero cominciò ad angosciarlo. L'idea di non essere lui il più bello, come era prima, prese a tormentarlo.
Sentiva che stava diventando una situazione grottesca. Passava da una vettura ad un'altra gettando sguardi alle ragazze che incontrava imploranti di guardarlo. Qualcuna in effetti lo guardava, ma erano poche. Non tutte, come prima.
Fu allora che comprese, quando prese il treno in ritardo, all'ultimo momento, in coda, e siccome a lui piaceva sedere nella testa del convoglio prese a percorrere una ad una le vetture per andare in cerca di un posto libero in testa.
Fu in quel momento che la storia della sua vita cambiò. Da bello a meno bello.
Dio mio, pensò, che sarà fra altri dieci anni! Se già ora ho perso il mio fascino...
Allora pensava che la bellezza fosse solo quella dell'asino, e nulla sapeva del fascino che l'uomo maturo e esperto esercita sulle ragazze, giovani soprattutto. Un fascino micidiale che si inchioda in modo ossessivo fra le loro gambe.
Lo avrebbe scoperto più tardi.
Ma quello era un segnale di come il futuro già si incunea nel presente non appena questo diviene passato.

La religione è una forma di controllo di massa?

 



La religione è una forma di controllo di massa.
Questo è un mantra assai comune.
A prescindere dal fatto che oggi di forme di controllo di massa ne abbiamo ad abundantiam, e forse per questo la chiesa come istituzione si sta evaporando, finché la religione non sfocia nel fanatismo è bensí una forma di illuminazione e di spinta verso la verità rispetto al modo di apparire del mondo (saeculum). Sant'Agostino ce lo insegna per tutta la durata sterminata del De Civitate Dei.
Mi viene poi in mente Kant, che per credere ha dovuto mettere da parte tutta la sua indipendenza di pensiero (scientia) e ha posto Dio come postulato dell'area morale pur non facendo dipendere direttamente l'agire morale pratico dal Summum Bonum, Dio.
Dunque citando i due esempi non mi sembra che fossero spiriti controllati ma liberi, creativi e pensanti.
Finalmente, la religione in sé è alla stregua della tenica, positiva per l'essere umano se viene positivamente usata, negativa se viene strumentalmente usata, e allora diviene un medium, un instrumentum. Ma a differenza della tecnica che rimane relegata e confinata al saeculum la religione Cristiana porta oltre il saeculum e apre la porta al momento del passaggio finale che l'uomo percorre da solo, nudo davanti a se stesso, e definitivamente senza altre alternative si trova all'ultimo confronto con la Verità.

La paura della morte è uguale nei secoli sebbene cambi nelle forme

 






Quando si avvicinò pensai alla caduta dell'impero di Roma.
Non so la relazione, ma dal momento che la pensai concludo che una relazione doveva pur esserci.
Forse perché era scivolata.
Nel tentativo di raggiungermi infatti scivolò. Infatti dopo la neve era arrivata la pioggia e nella notte si era gelata la città.
E camminare era come camminare sulle uova.
Cadde all'indietro di lato, per fortuna sollevando la testa. Non si fece nulla. Prontamente si rialzò. Aveva solo lanciato un urlo. Mentre cadeva.
Un tonfo.
Tutto bene? Le chiesi.
Sì, non mi sono fatta nulla. Rispose rialzandosi, rossa in volto, toccandosi la coscia all'altezza del femore.
Mi sovvenne che mio padre cadendo per un leggero ictus che gli aveva fatto perdere la conoscenza e l'equilibrio mentre lavava i piatti era caduto a terra in cucina e si era rotto il femore.
Che avrà pensato in quel momento che voleva di nuovo raggiungere l'acquaio che da terra gli appariva lontano e non poteva?
Mi sovvenne allora che l'aver pensato alla caduta dell'impero romano è una di quelle cose che per un istante ti modifica la percezione dell'intero mondo, per cui uno cessa di essere un semplice ingranaggio delle oscillazioni e dei va e vieni degli accadimenti del mondo e ti fa protagonista del potere di decidere tutto quello è utile sapere e ti dà l'esclusiva di poter conoscere e decidere solo tu quello che importa al mondo e quello che non importa senza l'intermediazione comune della massa dei mortali. E questo però si prolunga nella testa di uno non più di un attimo, se è sano di mente. E' solo un'intuizione, una sorta di schermo su cui si proietta in modo fugace per poi fuggire via lo sforzo che uno normale necessita per dare una risposta plausibile a ciò che accade inaspettato con i dati a disposizione senza indugiare e perdere tempo.
Il fatto è che dopo che lei aveva risposto toccandosi il femore "Sì, non mi sono fatta nulla" io ancora indugiavo e prolungavo quella incoerente visione. Per un attimo dubitai.
Ma siccome ero sano di mente dissi allora: Lo sapevi che era ghiacciato, devi prestare più attenzione.
E tuttavia la visione non scomparve, perché nei suoi occhi ancora vedevo il terorre  e la paura della morte perdurare, che si incrociò subito e si confuse e si fece una con quelli angosciati di mio padre a terra, immobilizzato. Impaurito e solo.

Wednesday 11 January 2023

The human being is internally tied to the light and the truth

 




It is a fundamental matter of the Chilean writer Nona Fernandez (in her novel "Voyager") that what we are is actually the result of an infinite history of moral, affective, spiritual and flesh ties that originated from the beginning of the cosmos up to the present. And Fernandez treats the subject quite well, I have to admit it, even though sometimes slows down the pace of her novel because of too long details she's giving.

Her issue is consequential and makes us think about the story of Genesis, that at the beginning of the universe, there is the Creation and Creation is related to light. As a result of this, it can be said that our origin is from light. The human being is a compound being because what is indistinct is not compound, and light (fiat lux) was what separated what was indistinct (terra autem erat inanis et vacua, et tenebrae super faciem abyssi, et spiritus Dei ferebatur super aquas) to make it distinct (et vidit Deus lucem quod esset bona et divisit Deus lucem ac tenebras. Appellavitque Deus lucem Diem et tenebras Noctem. Factumque est vespere et mane).
So, the human being has an origin of light because the light is the cause of distinction.
The same Apostle Paul confirms this, that we are sons of light: Omnes enim vos filii lucis estis, et filii diei; non sumus noctis neque tenebrarum.
Light and truth are tied. The search for light is the search for truth and vice versa.
In each human being, there is light and truth and the thirst for truth and light is harboured in each being. But the majority of human beings are structurally incapable of looking into themselves and into the inner light, because they are more structured to live in darkness and lies, and they choose it.
And this causes the total arrival of darkness since, when the human being abandons the path of light or of God's love, is condemned to darkness, as Saint Augustine points out: scientia creaturae in comparatione scientiae Creatoris quodam modo vesperascit, itemque lucescit et mane fit, cum et ipsa refertur ad laudem dilectionemque Creatoris; nec in noctem vergitur, ubi non Creator creaturae dilectione relinquitur [1]

------------------------

[1] The knowledge of the human being in comparison with the knowledge of the Creator tends to become darkness [vesperascit]. But it converts into dawn and morning [i.e. light] when the very knowledge of the human being becomes praise and love towards the Creator: it [never] becomes night when the Creator is not abandoned by his love for the human being . (From Civitate Dei, XI. 7)

Tuesday 10 January 2023

El ser humano interiormente es amarrado a la luz y a la verdad





Es asunto fundamental de la escritora chilena Nona Fernandez (en su novela "Voyager") que lo que somos, es en realidad el resultado de una infinita historia de vínculos morales, afectivos, espirituales y de carne también que tiene su origen desde el inicio del cosmo hasta el presente. Y Fernandez trata bastante bien el sujeto.

Su asunto entonces es consiguiente y por eso hace nos reflexionar sobre el relato de la Génesis, es decir, que al principio del universo hay la creación y si la creación está en relación con la luz a raíz de eso se puede decir que nuestro origin es un origen de luz. El ser humano es un ser compuesto porque lo que es indistinto no es compuesto, Y la luz (fiat lux) fue lo que separò lo que era indistinto (terra autem erat inanis et vacua, et tenebrae super faciem abyssi, et spiritus Dei ferebatur super aquas) para hacerlo distinto (et vidit Deus lucem quod esset bona et divisit Deus lucem ac tenebras. Appellavitque Deus lucem Diem et tenebras Noctem. Factumque est vespere et mane).
Y siendo así el ser humano tiene un origen de luz porque la luz es causa de la distinción.
Lo mismo apóstol Paulo confirma eso, que somos hijos de la luz : Omnes enim vos filii lucis estis, et filii diei; non sumus noctis neque tenebrarum.
Luz y verdad están amarrados. La búsqueda de la luz es la búsqueda de la verdad y viceversa.
En cada ser humano hay luz y verdad y la sed de verdad y de luz albergan en cada ser. Todavía la mayoría es estructuralmente incapaz de mirar en sí mismo y a la luz interior, porque son más estructurados a vivir en la tinieblas y en las mentiras, y lo prefieren también.
Y esto provoca la llegada total de las tinieblas porque el ser humano abandona el camino de la luz o del amor de Dios y queda condenado a las tinieblas, como señala San Agustín: scientia creaturae in comparatione scientiae Creatoris quodam modo vesperascit, itemque lucescit et mane fit, cum et ipsa refertur ad laudem dilectionemque Creatoris; nec in noctem vergitur, ubi non Creator creaturae dilectione relinquitur. [1] 

------------------------

[1] El conocimiento del ser humano en comparación con el conocimiento del Creador tiende a convertirse en tinieblas [vesperascit]. Se convierte pero en aurora y mañana [i.e.luz] cuando el mismo conocimiento del ser humano se convierte en alabanza y amor hacia el Creador: [nunca] se convierte en noche cuando el Creador no es abandonado por su amor  hacia el ser humano. (De Civitate Dei, XI. 7)

se decidessi di tornare...(all‘Italia terra malata di malati)

 




se decidessi di tornare
se decidessi di riposare
in quella terra ignava
e senza memoria

sarei consegnato al vento
alla polvere del tempo
al nulla che cancella

non tornerò
non mi consegnerò
che non avrei
neanche un cuore su di me
una lacrima per me versata

da quella terra vessata
simile ormai alle toppe di una mucca
terra di bugie ormai piena e stucca

non avrei amici
non avrei nemici
a lei io indifferente
dopo anni assente

vivo e muoio
a ogni terra buio
vago e ormai
più non pago mi rimetto
e aspetto

in vita si decide
la sorte del peregrino
questo è il destino

Sunday 8 January 2023

Cristo in piazza San Pietro?






Dal mio libro in corso di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"

Nei giorni che seguirono fu chiamato alla preghiera.
Di solito pregava un rosario al giorno, adesso arrivò anche a quattro al giorno.
Ma certo per lui quattro rosari al giorno erano troppi.
Non era Padre Pio. Si stancava.
Arriva alla fine esausto. Era quasi senza fiato. Vacillava e la testa gli girava.
Pregava che il mondo cambiasse, che Dio facesse giustizia, che intervenisse e manifestasse la sua presenza.
Voleva che il silenzio di Dio divenisse una presenza visibile di Dio.
Non credeva che il mondo avrebbe creduto, che la gente avrebbe capito ma almeno quelli come lui, quelli che credevano nella sua venuta avrebbero avuto conferma della loro fede e che Dio governa la storia degli uomini.
Un giorno alla fine dei rosari distrutto si accasciò sul pavimento e forse ormai salito ad un livello superiore di coscienza per effetto della preghiera vide quello che stava accadendo a Roma, lontana da lui, crocevia della lotta del mondo dello spirito, dove già lo spirito del fuoco aveva purgato un luogo dove il male operava.

Una piazza, quella di San Pietro.
Cominciava a fare buio.
Dopo la morte di Benedetto XVI nel tardo pomeriggio aveva preso a riumirsi un gruppo di fedeli che di giorno in giorno si ingrossava. Quel pomeriggio saranno stati almeno duecento.
Stazionavano lì in attesa di un segno, dicevano.Nemmeno loro sapevano che segno, ma avevano la fede di chi crede che i segni esistano.
Più in là da un lato stavano in modo discreto una pattuglia di carabinieri e un paio di pulman di celerini.
A un certo momento si udii un brusio e qualcuno che gridava: là, là! Guardate là!
Da via della Conciliazione avanzava un uomo con un saio completamente bianco circondato di luce. Aveva i capelli neri e una barba nera. Avanzava e sembrava non toccasse il suolo. Avrebbe dovuto inquietare e invece acquietava l‘animo.
Tutti si voltarono in quella direzione.
E‘ Cristo! Gridò qualcuno. E‘ Cristo! E‘ Cristo! prese a gridare la maggioranza.
La figura circondata di luce si diresse verso la folla che si aprì e lo lasciò entrare al centro. Alcuni si inginocchiarono. Altri si facevano il segno della croce, altri pregavano. Qualcuno prese a toccarlo.
Lui senza parlare diresse gli occhi verso la finerstra del palazzo Apostolico dove di solito i papi si affacciano.
La guardò intensamente e comparvero dal niente fiamme di fuoco che incendiarono il legno della finestra e le mura esterne.
Dalla piazza si vide bene quelle fiamme enormi divorare la finestra.
La folla mormorò. Tanti si gettarono in ginocchio con le mani giunte e la testa piegata verso terra.
Ignem veni mittere in terram…mormorò la figura di luce quando le fiamme raggiunsero il picco.
A quelle parole le fiamme si spensero e il palazzo Apostolico rimase completamente annerito nella parte attorno la finestra.

Il capitano dei carsabinieri da lontano aveva seguito tutta la scena a bocca aperta incapace di muoversi. Quando le fiamme si spensero si riebbe e corse, insieme ad alcuni carbinieri e celerini, verso la folla che era al centro della piazza.
Dov‘è? Dov‘è? Prese ad urlare il capitano davanti al muro della folla che si era chiusa a riccio e non lo lasciava passare
Chi? Risposero diversi.
Quel giovane orientale con la barba, circondato di luce.
Qui non c‘è nessuno. Risposero in molti
Ma l‘ho visto! era qui! Ha guardato la finestra e ha preso fuoco.
La gente lo osservava con occhi di compassione, come si guarda un pazzo.
Qui non c‘è mai stato nessuno. Si sbaglia. Risposero i primi della fila con facce ostili.
Sembrava che la folla avesse perso la memoria. Ma fosse divenuta feroce.

E le fiamme? Quelle non ci sono state?
Sarà stato un incendio dentro il palazzo. Lo devono aver spento. Non vede? Non ci sono più fiamme.

Era vero quello che aveva visto in quello stato di incoscienza?
Si tirò su, con fatica.
Cercò il telefono. Cercò il sito dell‘ANSA, le notizie dell‘ultim‘ora.
Incendio nel palazzo Apostolico. Prende fuoco la finestra del papa. Alcuni testimoni riferiscono di un misterioso uomo in piazza San Pietro che ha aizzato la folla contro i carbinieri. Probabilmente un iraniano.

Saturday 7 January 2023

Erano giorni in cui meditare - i giorni della morte di Papa Benedetto XVI







Dal mio libro in corso di scrittura "Gli Ultimi Incredibili Anni Prima di Morire"


Di questo uomo
che ero
non è rimasto
che qualche monco ricordo

Di tanti
che mi facevano essere ciò che ero
non è rimasta
che qualche velata ombra

Eppure la parola IO
suona viva
come prima

E credo di essere lo stesso
anche se nulla
di prima
vive in me stesso



Morì Papa Benedetto XVI il 31 dicembre.
Don Torella aveva fatto un video in lacrime in cui annunciava la sua morte.
In quella terra dove viveva cessò anche di nevicare. Venne la pioggia e le temperature divennero miti.
Il cielo era come una passione. Cupo grigio e quasi buio.
Anche durante il giorno se guardavi dalla finestra ti pareva che fosse notte.
La morte di Benedetto XVI non sarebbe stata una morte qualunque.
La passione di quel cielo sembrava confermarlo.
Anche Roma il giorno del suo funerale si coprì di nebbia e la cupola di San Pietro sparì.
Erano giorni in cui meditare.

Lui era stanco di vivere. Vivere di solo spirito dà forza ma si vive nel mondo e si è fatti anche del mondo, e se quel mondo diviene completamente altro il vivere diviene penoso per la carne.
Anche lei penava. Da giorni viveva in una crisi, di lavoro, di se stessa. Una totale incertezza la dominava.
Meditavano di cambiare. Molte cose andavano cambiate. Dovevano essere lasciate dietro e cercare altre strade.

Era cambiata la realtà. Dall‘orrore si era passati a una fase di transizione in cui le forze del male che avevano reso il mondo un incubo ora parevano essersi scontrate con una forza in grado di contrastarle e rallentavano la loro azione. Nasceva un nuovo mondo, nuovi orizzonti geopolitici, una nuova economia che distruggeva la precedente.
Ma lo scontro era in atto e chi viveva doveva essere in grado di cercare di stare nel flusso delle nuove direzioni del mondo e seguirlo e capirne le direzioni non era facile. Richiedeva un‘attenzione continua.
Erano giorni in cui meditare.

Poi le notti cominciarono a farsi molto fredde. Il vento prese a ululare, pareva che fuori branchi di lupi corressero folli, un vento gelido, possente, che impauriva, e faceva piegarer gli alberi. E molti caddero a terra. Il giorno e la notte non marcavano differenza.
Si udirono tuoni, che facevano pensare che la guerra si stesse avvicinando. Ma erano solo tuoni ancora e si videro i lampi.
Lui appese un crocifisso in camera.
Comprò molte candele. E pregò per benedirle come poteva. A chi avrebbe potuto chiederne la benedizione in quella terra? Solo la chiesa dell‘antipapa esisteva. Ma quella era una chiesa senza Cristo, ormai.
Che fosse l‘inizio?
Comprò dei grandi asciugamani per coprire le finestre, se i giorni fossero venuti.
Erano giorni in cui meditare.

Che fai? Gli chiese lei.
Mi preparo.
A che?
Ai giorni del buio. Ai giorni in cui il mondo che conosciamo scomparirà.
Lei lo guardò con occhi strani.
Sei serio?
Sì. Se verranno quei giorni, per tre giorni non potremo uscire. Dovremo coprire le finestre e mai guardare fuori.
Sei cambiato molto in questi ultimi due anni. Disse lei a quelle parole. Ma lo disse non come critica. Il tono della sua voce era quello della sorpresa, di uno che constati in modo positivo il cambiamento dell‘altro.
E quelle parole di lei lo portarono a pensare che sì, era vero, era cambiato perché le sue azioni e i suoi pensieri, la sua vita, il modo di vivere erano cambiati, o erano stati obbligati a cambiare da forze e meccaniche esterne, che avevano agito sull‘interno, e la sua identità era cambiata.
Sì, rispose lui, qualche volta davvero non so più chi sono. Se penso a chi ero e quello che sono è un fenomeno strano: non sono più io e tuttavia mi percepisco ancora come quell‘io che ero. Per farti un esempio, le disse, è come quando uno perde una gamba o un braccio, non ce l‘ha più eppure continua ad avere la sensazione di averli. E‘ come la luce di una stella lontana di una galassia lontana che nel momento che mi raggiunge non esiste più, eppure io la vedo attraverso le lenti di un potente telescopio.

Questo gli fece anche pensare che se era arrivato a una nuova vita, una vita da militante, da soldato spirituale che si oppone e resiste al grottesco, che è il modo in cui Satana opera nel mondo, con i mezzi dello spirito in sé cercato e ascoltato nei segni della storia era a causa di tutto quello che era accaduto prima che accadesse.
In ciò che accade è già contenuto ciò che accadrà.
Non si muore forse mille volte prima pensando alla morte prima che questa avvenga realmente? Non si temono forse avvenimenti che temiamo che accadano prima che questi accadano? Non si prova forse la paura della malattia e della vecchiaia prima che queste siano?
Ecco nello spirito del tempo trovava una risposta a tutto ciò a cui si apparecchiava.
Erano giorni in cui meditare.




Wednesday 4 January 2023

Los muertos están vivos - palabra de Raúl Zurita

 





La siguiente cita es de SOBRE EL AMOR, EL SUFRIMIENTO Y EL NUEVO MILENIO de Raúl Zurita, poeta chileno.
Podrían ser palabras que un poeta como el italiano Vittorio Sereni podría haber hecho suyas. Expresan muy bien cómo la energía de los muertos se mantiene viva y ayuda a conocer las cosas según una determinada perspectiva, según el genius loci, la cultura y la tradición de quienes vivieron en ese lugar y contribuyeron a mantenerlo vivo de esa manera que es.


[...] aquello que miramos nos devuelve la mirada y nos saluda [...] no es sólo el paisaje o el espectáculo de la naturaleza, en cierto sentido esa montaña está formada también por los miles de ojos que antes que nosotros ya la han mirado. Son esos ojos, los ojos de todos los que nos han precedido los que nos miran en cada cosa que miramos. Al mirar volvemos a encontramos con esos seres, volvemos a verlos y a ser vistos por ellos. Cada uno de nosotros es más que un yo, es un torrente de difuntos que termina en nuestra vida tal como nosotros terminaremos en los que nos descienden. Eso es lo que se entiende por una tradición y una cultura: que todos aquellos seres que nos han precedido vuelven a tomar la palabra cuando nosotros hablamos, vuelvan a mirar cuando miramos, vuelvan a sentir cuando sentimos. Cada uno de nosotros es la resurrección de los muertos y ese milagro se va cumpliendo en cada segundo de nuestras vidas.

Tuesday 3 January 2023

Silvia dopo anni risente la sua voce



El dolor es el altoparlante para hacernos más humanos, más tolerantes,
más conscientes del milagro y del amor de la existencia.
(Raúl Zurita )

Ebbe una visione Silvia. Vide mani di carne, vecchie e grinzose. Vide suo nonno e suo padre. Carne putrefatta. Vide sé in punto di morte. Pronta a morire. E dolore l'avvolse. Provò voglia di piangere, ed ebbe paura. Sentì che era entrata in un mistero troppo grande, troppo grande per la sua comprensione, per le sue capacità, per la sua natura di donna. Era oltre Silvia, oltre ciò che era lei, e che un altro uomo o un' altra donna che non fosse un santo o una santa era impossibile che potesse afferrare o sfiorare. E forse nemmeno tutti i santi hanno mai afferrato quell'attimo che va oltre l'immediato in una estensione più vasta e larga che sta oltre il passaggio obbligato. Stretto come la cruna di un ago. Per cui è difficile passare. E' difficile persino immaginare, che sia possibile un giorno passare. E tuttavia sarà varcata quella soglia, quella cruna stretta, che nel momento che si aprirà sarà larga a sufficienza perché passi chi deve passare.

E suo padre e prima di lui i suoi nonni avevano varcato e di lì erano scomparsi agli occhi e non al cuore,

E il cuore le diceva ora che quella cruna stretta si manteneva aperta perché lei sapesse una verità di cui mai avrebbe sospettato e mai prima aveva pensato.

Era stato un punto di scarto la morte del padre. Il binario della sua vita lineare aveva improvvisamente trovato un punto di scambio e la sua vita si era spostata verso un nuovo mondo aperto da quello scambio per una direzione che veniva dal futuro, per cancellare il presente e gettarlo via come si getta dietro di sé ogni atto passato.

Si svegliò. Era sudata. Aveva il respiro greve. Sentiva la bocca impastata. Il corpo era un fremito.

Respirò. Andò in cucina e si fece il solito caffè.

Si sedé e cominciò a berlo. Le ridiede vita. Il calore del caffè giunse al cuore che era divenuto freddo.

Mai aveva bevuto tanto caffè come ora.

Anche babbo beveva tanti caffè. Pensò.

Ormai le notti per Silvia divenivano quasi un tormento.

Era sempre più raro che godesse di una notte di sonno senza interruzioni.

E quella visione l’aveva risvegliata, e portata di nuovo allo stato di veglia a cui stava piano piano abituandosi.

Era la notte che tutti i grumi che si teneva dentro duri e gonfi si scioglievano e si manifestavano.

Così le parve.

Uno di quei grumi si sciolse, ma non era un grumo da cui fuoriuscì qualcosa che riguardasse lei.

Stranamente venne fuori una domanda.

Ma chi si prenderà ora cura di lei?

Lei, era Živilė.

Fu sorpresa. Che lei fosse in pena per Živilė, non era strano?

La immaginò sola in un appartamento che Silvia non conosceva. Lo vedeva buio e imperscrutabile. Poteva solo distinguere i suoi capelli biondi in quella penombra.

Lei non ha mai avuto un padre
. Le sovvenne una voce. Un altro grumo che si apriva. Lei avrebbe tanto voluto comunicare con il padre, continuò la voce, ma non ha mai potuto. Non l’ha mai avuto. Si è ucciso che lei era piccola. Tutta la sua vita è vissuta senza padre. Avrebbe tanto voluto averlo ma non l’ha mai avuto. Tu lo hai avuto ma non l’hai voluto.

Ascoltò la voce e tacque. Ancora non l’aveva riconosciuta e le pareva impersonale.

Quella voce era un forte rimprovero. Ma non la face sentire male. Sapeva che quella voce aveva ragione. E sapeva accettare quell’imperativo morale che le diceva la colpa.

Si sentiva ora avvolta da quella stessa oscurità che avvolgeva la nuova visione di Živilė, chiusa nel suo appartamento, a Vilnius. Era una visione ma come tutte le visioni poteva immaginare quello che realmente fosse. In fondo l‘immaginabile è lì perché lo si immagini.

E ancora più cupa si fece allorché penso a Živilė sola con due bambine e la guerra poco lontano da dove viveva.

Stette male. Stette male per una persona per la quale mai fino ad allora aveva provato simpatia.

Le storie, si dice, avvicinano le persone. E la morte del padre era la storia che ora le avvicinava.

Questo capì.

Ed era stata la prima volta che aveva udito la voce. E dapprima non l‘aveva riconosciuta.

Le parlava dentro. E finalmente la riconobbe. Era la sua voce.

Ma la voce di una Silvia che non era più. Che aveva dimenticato. Che aveva sepolto, come strati enormi di grasso che arrivassero a coprire un corpo snello con le forme e lo annullassero sotto quel grasso fino a coprirlo senza distruggerlo però nelle sue forme originarie. Solo le occultassero in quella massa gelatinosa.

Ecco lei negli anni aveva coperto quella voce ma non l’aveva distrutta. L’aveva coperta di mille altre intenzioni ma non l’aveva distrutta. Fino ad umiliarla.

E ora quella voce le parlava in modo risentito.

Si era nutrita come una folle di tutto quello che lei non era, per essere come in realtà non era.

Pensavi che non ci fossi più. Le disse la voce.
Silvia stupì.
Mi hai voluto dimenticare.
Non me ne sono accorta. Rispose Silvia, accettando il dialogo con la sua voce. So questo però: non mi piacevo com’ero. Se questa ragione può bastare.
Per la stessa ragione, infierì la voce, hai dimenticato tuo padre. Rappresentava quello che non volevi. Ti ricordava quello che non eri. Lui era la coscienza che rifletteva in te quello che tu non volevi. E lui ti vedeva come eri in realtà.
Silvia tacque un po’ prima di rispondere.
Sai c’è una cosa che mi ricordo e che hai ragione. Quando ero piccola alle gare di ginnastica arrivavo sempre ultima. Babbo soffriva tanto. Ti ricordi?
Sì, ricordo bene.
Le rispose la voce interiore.
Stava in tribuna, proseguì Silvia, guardava gli altri genitori esultare quando sentivano il nome delle loro bambine. Il mio niente. Non arrivava mai. Lui aveva le lacrime agli occhi...ma un giorno, alcuni anni dopo...al momento dei risultati lui abbandonò la tribuna. Non aveva più la forza di soffrire, forse. O forse la sua sofferenza era troppa. Insopportabile. Credo che per questo abbandonò la tribuna. Io vinsi quella volta! e lo cercavo con gli occhi fra la gente in tribuna e lui non c’era. Fu una delusione incredibile non vederlo. Volevo urlargli dal campo di gara: Babbo ho vinto! Ho vinto!!! Ma lui non era lì, non mi aveva aspettato...ecco forse quel giorno ho capito che non dovevo essere quella che in realtà ero: una perdente. E per quello avevo vinto. Vinto con la intenzione di una volontà di ferro.
Forse anche lui per gran parte della sua vita si è sentito un perdente. Ribadì la voce. Forse non poteva vedere in te anche il suo fallimento. Per questo se n’è andato.

A questo Silvia non ci aveva mai pensato.

Sai perché mi hai dimenticata?
Le chiese la voce.
No.
Perché hai dimenticato, hai voluto dimenticare la sofferenza. Tuo padre invece non l’ha mai dimenticata la sofferenza, ci ha vissuto dentro tutta la vita. Ha provato ad evitarla, ma poi ha preferito affrontarla. Ecco perché ti sei allontanata da lui. Lui ti riportava a quel mondo a cui tu volevi sottrarti. Hai cercato il pretesto della volontà per dimenticarmi, perché io ero la voce di quella sofferenza che hai preferito ignorare.
E‘ vero, Soffrire mi faceva paura...ma lui non mi sembrava che soffrisse.
Ti sbagli. Sai perché soffriva?
No.
Perché cercava l‘amore, ad ogni costo.

Silvia tacque. Era vero quello che diceva la voce. Ora aveva chiaro perché il padre era corso dietro alle donne come pazzo. Non era il sesso che cercava, ma l’amore. Sì, era vero.

Si soffre per due motivi, soprattutto. Continuò la voce. Per amore o per la verità. Cercare la verità è sofferenza. La verità, come l‘amore sono selettivi. Pochi riescono a soffire per queste due ragioni. E chi non è in grado viene riformato, espulso, gettato fuori da quella ricerca. Ti sei fermata in questa ricerca Silvia. Solo ora, ora che tuo padre è morto. qualcosa si è riavviato. E io sono ritornata a parlarti. Ora era l’ora.





Sunday 1 January 2023

Il mondo in cui viviamo anticipa quello in cui andremo

 



Dal capitolo XXVII del mio romanzo "Gli ultimi incredibili anni prima di morire", in fase di elaborazione

Credo che sia effetto della luna piena. Durante la luna piena si fanno sogni che non hanno significato. Gli disse lei in risposta al suo: Sai da varie notti sogno cose orribili.

Cosa? Gli aveva chiesto lei. Spririti orribili, strani esseri, che mi stanno davanti e mi fanno paura. Le aveva risposto lui. Ma non aveva avuto il coraggio di pronunciare la parola, diavolo. Non aveva avuto il coraggio di dirle che lui sapeva chi erano quegli strani esseri che sognava la notte e che gli mettevano terrore e sparivano solo quando pronunciava, Ave Maria gratia plena...

Non le aveva detto che la prima volta che le era apparsa una di quelle orribili visioni, lui aveva tentato di urlare e la voce gli era morta in gola e che la solita voce dentro che di tanto in tanto gli parlava, gli aveva ordinato: Abbraccia lei. Ti salverà! Non le aveva detto che lui subito l‘aveva abbracciata e subito si era calmato. E lei dormiva, beata, e di nulla si era accorta.

Non le aveva detto che anche già all‘inizio dell‘ inverno sentiva una presenza nella notte e solo vicino a lei tutto si calmava.

Ora era estate, finalmente.

Un‘estate venuta tardi, solo ad agosto, e dormivano con le finestre aperte. E lui guardava sempre in quella direzione impaurito, oltre le užuolaidos, le tende trasparenti, che erano l’unico schermo fra sé e la paura.

E temeva la figura nera farsi dietro inquieta.

Poi ebbe dei giorni di pausa.

Le notti erano ridiventate tranquille. E tiepide. Finalmente si respirava l‘estate, così breve in Lituania. Fra poco si sarebbe di nuovo lasciata la luce e ricaduti nel buio e nel freddo dell’autunno e dell’inverno a venire, che mai trova fine.

E stava quasi dimenticando tutto, quando, come spesso succedeva appena entrato in bagno sentì la solita voce di donna.

Sopravviverai!

Fu sorpreso. Sopravviverò? Si chiese. Sopravviverò a che?

Ma la voce non rispondeva e non rispose più.

Di nuovo passarono i giorni e si era ormai al Ferragosto. Era conveniente, si disse, che riprendesse allora le sue passeggiate lunghe che da Justiniškės lo portavano al centro di Vilnius. E così fece.

Tutti i giorni perciò attraversava il semaforo dell‘incrocio che da Spaudos Rūmai mena dall‘altra parte, a Karoliniškės.

E‘ un passaggio pedonale abbastanza ampio, che taglia la doppia arteria di traffico costante che senza sosta percorre quella doppia arteria.

Fu attraversando, mentre guardava il telefono, distratto, che non vide il rosso. E non vide più nulla poi. Solo sentì, un botto, forte, violento, e il corpo sollevarsi, in aria. In un volo dolce e piacevole. Leggero.

Silenzio. Tenebra.

Poi, una luce, si accese.

Una luce innaturale che mai aveva veduto.

In quella luce si trovò avvolto. Stava in alto. E in basso stava il corpo.

Su di un lato, accanto si spandeva una grande macchia di sangue.

Un piccolo capannello di gente e in lontananza già si udiva l’urlo di sirene.

Più avanti in mezzo alla strada, che bloccava il traffico una macchina, con la parte anteriore ammaccata e vetri dalla parte del guidatore spaccati e i frantumi erano ricaduti su di un lato nella strada. E mentre guardava senza capacitarsi si sentì tirare su verso l’alto, più in alto ancora, e man mano che saliva il colore della luce cambiava e si faceva meno torba, più intensa e quasi carezzava.

Si sentì bene, meglio di quanto non si fosse mai sentito in tutta la sua vita. Era felicissimo, stupito, elettrizzato, eccitato. I suoi sensi erano acuiti. Poteva vedere meglio, sentire meglio, avere un sapore migliore. Si sentiva meglio, molto meglio di quanto non avesse mai avuto modo di esserlo.

E mentre saliva continuava e vedere quel corpo sulla strada, che ora era messo in un sacco blu e veniva caricato su un carro funebre, ma poteva vedere oltre il sacco blu. E si vide dentro quel sacco . E vide qualcuno che somigliava a se stesso. Capiva che era lui ma allo stesso tempo si dispiaceva nel riconoscersi in lui.

Ma mentre saliva, l‘ascesa si interruppe a un punto. E allora si sentì precipitare giù verso il basso. Come se ci fosse stato un cambiamento di programma.

La discesa sembrava non finire mai e più scendeva e più tutto attorno si faceva tetro.

A un certo punto la discesa terminò e udì persone che lo chiamavano. Vide un gruppo di persone in un corridoio angusto e buio, forse otto, che gli dissero: ‘Sappiamo tutto di te, ti stiamo aspettando da molto tempo, ed è ora che tu venga con noi.'”

Voleva credere che fossero amici, perché avevano nonostante tutto il tono di chi è amico, ma mentre seguiva il gruppo lungo il corridoio buio che diveniva un largo budello scuro, il loro comportamento amicale cambiò, il loro numero aumentò e le loro parole divennero crudeli, blasfeme, beffarde, vituperanti. Allora ebbe paura. E urlò “Torno indietro!” 

Ma le figure nere non volevano, glielo impedirono. A quel punto seppe chi erano. Erano persone che avevano vissuto di piacere, di prevaricazione, di crudeltà. Quelle che lui aveva voluto combattere e annientare. E ora avevano trasferito lì in quel luogo abietto il loro modo di vivere e cercavano di attirare persone come lui  dal mondo per convertirle al loro credo: coloro che in vita non avevano potuto convertire, coloro che in vita si erano a loro opposti.

Era orribile. Non voleva ora diventare come loro. Non lo era stato in vita, come accettarlo ora?

Ma la forza della loro mente era violenta, ineludibile.

Le sue labbra mormorarono d’istinto:


Sancte Michael Archangele,

Defende nos in proelio

Contra nequitiam et insidias diaboli esto

Praesidium

Imperet illi Deus...

 

Quelle figure nere presero ad urlare “Che preghi? Smetti o sarà ancora peggio per te! Che preghi? Non verrà nessuno in tuo aiuto, idiota!”.

Ma lui continuò  e quelle si straziarono. E si disperarono ancor che mai.

E finalmente una luce. E gli apparve l‘Arcangelo Gabriele con la spada rivolta contro i neri esseri. E quelli urlando parole oscene, irripetibili, si ritirarono.

“Che succede?” Chiese lui.

“Dovevi vedere”. Rispose l‘Arcangelo.

“Vedere cosa?”

“Vedere come il mondo in cui vivi qua continua e si riproduce, vive qua di quella stessa luce ma in modo aumentato. Il mondo in cui vivi anticipa quello che poi sarà, ma con meno forza e nitidezza. Perciò dovevi vedere e capire.”

Parlava con dolcezza l’Arcangelo anche se la sua voce era perentoria e non ammetteva il contrario.

Lo toccò poi con una mano sulla spalla e gli disse: “Va‘ adesso. Torna a casa. Ti aspettano.”

Aprì gli occhi. Si guardò attorno. Fu accecato dalla luce al neon che veniva dal soffitto. Era una stanza bianca e fredda. Si trovò disteso su un tavolo di ferro. Freddo anch’esso. Si guardò attorno. Non c‘era nessuno.

Si alzò. Con sua sorpresa si accorse di essere vestito con gli stessi abiti di quando era uscito di casa.

Vi era uno specchio. Si guardò. I vestiti erano puliti. Non vi erano macchie di sangue. Né erano rotti o strappati. La sua faccia, le sue mani non avevano ferite. Non aveva ematomi. Non aveva lividi. Niente. Stava bene e camminava bene. Meglio di quando era uscito.

Uscì da quella stanza e si trovò in un corridoio. Il corridoio era deserto.

Seguì le indicazioni ed uscì dall‘ospedale.

Appena fuori un taxi aspettava. Salì. Senza pensare.

Quando entrò il taxista gli Chiese. Ponas... (menzionando il suo cognome) e lui rispose: Taip! Il taxista gli profferì un indirizzo dove portarlo. Era quello dicasa. Di nuovo rispose: Taip!

Il taxi partì. Si accorse che accanto a lui sul sedile posteriore vi era un sacco della spesa pieno di cose.

Nel mentre suonò il telefono. Era lei. Ma dove sei? Ti ho chiamato due volte ma non rispondi. Tutto bene?

Scusami, avevo il telefono in tasca e lo avevo silenziato senza accorgermene, rispose. Ho preso un taxi. Fra poco arrivo.

Hai fatto spesa? gli chiese lei.

Taip! Rispose, ancora, senza accorgersene.

Guardò fuori dal finestrino e vide un grande cartello con fondo amaranto, con scritte in rilievo, bianche: Vilniaus Universiteto Ligoninės Santariškių Klinikos.

Capì che era finito dall’altra parte della città, nel quartiere ospedaliero di Vilnius all’inizio della città.

A state of anxiety well explained - Claudia

Claudia had beautiful eyes and a beautiful mouth. Her look was intense, even tormented. But deep. She suffered long chronic exhaustion, a ye...