Friday 30 November 2018

Literature heute & Eliten zu reproduzieren





von Sebastian Christ (Huffingtonpost.de)

Es geht ein kleines Beben durch die deutsche Literatur-Szene. Die deutsche Gegenwartsliteratur sei brav und konformistisch. Warum? Weil nur Söhne und Töchter aus gutem Hause an den beiden führenden deutschen Schreibschulen in Hildesheim und Leipzig studieren würden. Der Literaturkritiker Florian Kessler, selbst Absolvent des Hildesheimer Studiengangs „Kreatives Schreiben“, hat in der Wochenzeitung „Die Zeit“ einen ziemlich gnadenlosen Systemverriss der deutschen Autoren-Ausbilungsstätten verfasst.

„Kreatives Schreiben studiert habe ich meiner Erinnerung nach mit Lehrerkindern und Ärztekindern und noch mehr Lehrerkindern und noch mehr Ärztekindern", schreibt er. Sicher habe es Ausnahmen gegeben. Insgesamt aber handelte es sich um "so ein dynastisches Familiending", so Kessler. „Die erschütternd wenigen Mitschüler aus meinem Heidelberger Gymnasium, die nicht der etablierten Mittelschicht angehörten, hatten definitiv andere Interessen als ein Dichter-Studium.“ Und weiter: „Insgesamt reüssieren meiner Wahrnehmung nach in Hildesheim und Leipzig ganz besonders die Absolventen mit den hochrangigsten bundesrepublikanischen Eltern [...] Nun ist der Vorwurf, dass die junge deutsche Gegenwartsliteratur keinen mehr vom Hocker haue, nicht unbedingt neu. In der Bundesrepublik geistert er seit Gras-und-Böll-Gedenken durch die Feuilletons. Zuletzt wurde er in einem viel beachteten Artikel von Dana Buchzik über das bedeutende Literaturfestival Open Mike laut. Sie ist der Meinung, dass junge deutsche Autoren nur noch über ihre Unterhosen, vom Tapezieren oder vom Strandlaufen schreiben. Nabelschau auf nationalem Niveau.
Auch, dass zulassungsbeschränkte Studiengänge wie die in Hildesheim oder Leipzig vor allem dabei helfen, Eliten zu reproduzieren, kann man in fast allen soziologischen Studien über das deutsche Bildungssystem nachlesen.

Writing, a beautiful obsession





"I do not represent anything. I am the representation. But everything is mixed. Life, characters ... then is everything false? No! It's all true. Especially the characters. Acting for me is to live more. To add. Idealize, transfigure.
Add emotion to emotions, passion to passions. Where the performance ends, my reality ends "(Monica Vitti).

I couldn’t better express, what does it mean to me writing, in a better way than using Monica Vitti’s words, when she expressed in the above stated propositions what did it meant for her to act.
Writing, for me as well, is living more. It is first of all, above all and essentially, "to live more" in the very moment I write. I could not divert myself from Monica Vitti’s definition.

Honestly, I did not appreciate and I even truly underestimated the culture of the Fifties, Sixties and Seventies in Italy, I had no idea how pregnant were those years. Perhaps, because I now live far from Italy, I began to look at Italy with different eyes than before.
Perhaps it is true what Prezzolini said "[...] very far away, through the veil of poetry, and without any contact with the bad champions of our motherland, everything that is beautiful and healthy can come back to mind and arouse nostalgia [...] yes, we are reduced to this, sometimes [...] looking at it from afar, this Italy of ours, to really love her. "

If something connects me to Italian neorealism, the only thing that in fact binds me to neorealism – which, like Catholicism, permeates Italian culture (and I'm Italian) - is the interior neorealism of Michelangelo Antonioni.
And for this reason I have to share the words of this man, protagonist of the years mentioned above, significant years for Italian culture and never repeated: "We know that under the revealed image there is another image more faithful to reality, and underneath this another one again, and again another under the latter: the true image of that reality, absolute, mysterious, that no one will ever see, or perhaps even the decomposition of any image, of any reality ".



Thursday 29 November 2018

Scrivere, una magnifica ossessione.



“Io non rappresento niente. Io sono la rappresentazione. Ma è tutto mescolato. La vita, i personaggi…ma allora è tutto falso? No! È tutto vero. Specialmente i personaggi. Per me rappresentare è vivere di più. Aggiungere. Idealizzare, trasfigurare.
Aggiungere emozione alle emozioni, passione alle passioni. Per me dove finisce la rappresentazione finisce la realtà” (Monica Vitti).
Non saprei meglio esprimere ciò che per me rappresenta scrivere di come Monica Vitti espresse ciò che significava per lei interpretare, come attrice.
Per me scrivere è vivere di più. È innanzitutto, soprattutto ed essenzialmente vivere di più nel momento che scrivo. Non saprei distaccarmi dalla definizione di Monica Vitti.
Onestamente, non credevo a, anzi sottostimavo, quella cultura degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta in Italia, non avevo idea di come fossero cosí fecondi. Forse per il fatto di vivere ora lontano dall’ Italia, ho cominciato a guardare all’Italia con occhi diversi da prima.
Forse è vero quello che diceva Prezzolini “[…] molto lontani, attraverso il velo della poesia, e senza alcun contatto con i cattivi campioni della madrepatria, tutto quello che c’è di bello e di sano può tornare in mente e destare persin nostalgia […] sí, siamo ridotti a questo, qualche volta […] guardarla da lontano, questa nostra Italia, per poterla amare davvero.”
Se qualcosa mi lega al neorealismo italiano, l’unica cosa che veramente mi lega al neorealismo  - che, come il cattolicesimo, permea la cultura italiana (e io sono italiano) - è il neorealismo interiore di Michelangelo Antonioni.
In effetti anche questa volta non posso che far mie le parole di questo uomo degli anni sopra menzionati, grandi anni per la cultura italiana e mai piú ripetuti: "Noi sappiamo che sotto l'immagine rivelata ce n'è un'altra più fedele alla realtà, e sotto quest'altra un'altra ancora, e di nuovo un'altra sotto quest'ultima. Fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai. O forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà".

Wednesday 28 November 2018

Una donna diversa



- Se io dovessi dire, dopo tanti anni di militanza socialista, quello che più rischio di rimpiangere è l’aver negletto e trascurato delle cose che si potevano fare, di modeste dimensioni ma utili nell’attesa di qualcosa di bellissimo, formidabile ma impossibile…uno strano anno questo 1965, Silvano. Un anno in cui sembra che nulla sia successo…un anno che ci collega al ’64 e continua la linea che abbiamo iniziato nel 1963, ma direi da dopo il 1956, quando la Russia invase l’ Ungheria. Un anno in cui ancora di più provo a fare quelle cose di modeste dimensioni che credo porteranno maggiori risultati di quelle incredibili, sperate ma impossibili da attuare. Non voglio rimpianti quando mi ritirerò dalla politica.
Che credi Silvano? Che siamo al governo solo perché abbiamo avuto successo alle elezioni? Anche per questo. Ma ci siamo soprattutto perché agli americani servivamo.
- In che modo Pietro? Non vedo il nesso.
- Gli americani, con Kennedy, hanno capito che c‘è bisogno di riforme in Italia. E quindi non vedono negativa un‘ apertura a sinistra. E hanno capito che noi ci stiamo sganciando dai comunisti. Nella amministrazione Kennedy c‘è chi sostiene la formula del centrosinistra, grazie a queste persone abbiamo avuto la possibilità di essere al governo. Ma non tutti approvano quello che Kennedy approva... Anche in casa DC ci sono fin troppi che remano contro di noi. E anche il fronte militare, i carabinieri soprattutto, è contro di noi. Quando ho parlato di un tintinnare di sciabole mi riferivo a un tentato colpo di stato dell‘anno scorso...
- Davvero c‘è stato?
- Sì. Non posso fare nomi o entrare in dettagli ma c‘è stato. Forse era più per farci paura, per rallentare la voglia nostra di riforme che di effettivamente portarlo a termine. Ma tutto era pronto. Dopo aver eliminato Mattei (anche con l‘appoggio di chi stava dentro l‘ENI e voleva succedere a Mattei – non posso fare nomi lo ripeto, ma forse capirai a chi mi riferisco)...aveva fatto un grosso accordo con la Russia...volevano farci paura. Non so bene, non ho tutte le informazioni. Ma sembra che alla base ci sia una struttura che lavori per impedire lo spostamento a sinistra. La DC, americani, inglesi, carabinieri, esercito e massoneria...insomma sono in tanti, e non uno solo...e forse anche tante strutture segrete di cui non sappiamo nulla...
- Ma tu Pietro dove hai avuto queste informazioni?
- Beh non dimenticare che innanzitutto siamo finalmente entrati nella stanza dei bottoni...e poi , in occasione del ricevimento ufficiale offerto nei giardini del Quirinale durante la sua breve visita in Italia a luglio dell‘anno scorso, Kennedy mi ha preso in disparte e mi ha messo a conoscenza di una nuova opinione sull’Italia e sui socialisti. Vedessi come schiattavano quelli della DC – e sorrise Nenni.

Anche Silvano sorrise. Silvano aveva conosciuto Nenni a Firenze, in occasione di una sua visita. Poi era andato a Roma e di nuovo lo aveva incontrato. Nenni era figlio di contadini come lui. E subito avevano familiarizzato. Nenni era un romagnolo schietto, Silvano un toscanaccio senza peli sulla lingua, in politica.
Entrambi avevano la ribellione nel sangue. L’antipatia a chinare la testa.
Ciò che lo distingueva da Silvano era quel basco alla Sartre che Nenni spesso indossava, mentre Silvano si vestiva più da dirigente sindacale, in giacca e cravatta e non indossava mai nessun tipo di cappello in quegli anni.

Con che amore io vedo Lei, acerbo,
gli occhiali e il basco d'intellettuale,
e quella faccia casalinga e romagnola,
in fotografie, che, a volerle allineare,
farebbero la più vera storia d'Italia, la sola.


Così lo descriveva Pasolini in una poesia. Non molto dissimile da come lo vedeva Silvano. E Nenni era così, davvero. Nenni era la Storia. E nella sua passione e ideologia non era settario. Era un uomo che riusciva ad essere amico anche degli opposti. Era nato sotto il segno dell‘Acquario, gli opposti non erano un problema da conciliare.
Anni dopo, quando Nenni morì, Silvano si ricordò di una confidenza di Nenni.

- Sai chi mi ha salvato al Brennero? Quando ero nel vagone piombato che mi portavano in Germania?

Silvano si era stretto nelle spalle, guardandolo senza sapere che rispondere.

- Uno solo mi poteva salvare. Mandare i carabinieri a prendermi e far spiombare il vagone per trasferirmi a Ponza.
- Chi? – reagì impaziente Silvano.
- Benito.
- Il duce?
- Sì.
- Ma tu lo conoscevi bene? So che siete stati in galera insieme…
- Non solo...anche a Ponza ci siamo incrociati, nel 43, quando Benito è stato arrestato.
- Non immaginavo un rapporto di amicizia così forte fra te e il duce. E‘ una rivelazione.
- Sai che diceva Edda, sua figlia, di noi due?
- Non riesco nemmeno a immaginarlo.
- Voi due vi lega la Romagna, la povertà, la testa dura. E la galera. Questo diceva Edda. E credo avesse ragione.

Silvano era andato a Roma al Viminale, dove aveva incontrato Nenni.
Sedeva a un tavolone colmo di documenti, in una stanza grandissima, decorata e piena zeppa di quadri. Si trovò seduto su un seggiolone scomodo. Con Nenni che gli sorrideva davanti.
Era andato a chiedere un finanziamento per la sede di Firenze. Ma finì che parlarono un po’ di tutto fuorché di quello.
Solo alla fine quando si salutarono Nenni gli disse. 

- Non preoccupatevi a Firenze. Vi faremo avere quanto prima quello di cui avete bisogno. 

Silvano era arrivato a Roma verso le 11. Da Roma termini con taxi era arrivato al Viminale.
In treno aveva dormito. Ma solo dopo Arezzo era riuscito ad addormentarsi. Prima aveva a lungo pensato a Sabatina.
La sua disperazione lo disturbava. Lo costringeva a vivere una doppia vita. Anzi una vita che in realtà diventava sempre più la seconda e sempre meno la prima.
Sapeva di non comportarsi bene con lei. Ma gli pareva inevitabile quel comportamento. E non doveva spiegazioni. Che spiegazioni doveva? Le aveva detto la verità, no? Che altro avrebbe dovuto dire?
Voleva una vita nuova tutto qua.
L‘Italia era cambiata. Non era più quella di quando era finita la guerra. Tutto cambiava. Solo Sabatina era sempre la stessa.
L‘avesse mai vista con un vestito diverso. Una volta truccata, con le labbra rosse...
Quando aveva chiuso la porta dietro di sé si era sentito sollevato. Le gambe lo avevano portato leggero alla stazione. Il pensiero di incontrare Nenni a Roma era l‘unico che aveva in testa. Ed era un pensiero leggero. Un pensiero di libertà. E non di oppressione. Poi in treno...erano venuti quelli di oppressioni. Prima uno, poi un altro, poi un altro ancora...e poi a decine avevano reclamato il diritto di vita nella mente affollata.
E quello stato lo aveva accompagnato fino ad Arezzo.


The door




- Why did you stop loving me?
- I don’t know ...so far we have avoided talking nonsense. Why now, then?

Sabatina tried to hug him.

- Please, stop it. Not now. I have to go. In 30 minutes I have the train.

Sabatina felt trapped.

- Where are you going today? - she asked him.
- To Rome, I have a meeting with Nenni.
- Will you be home at midnight?
- I don’t know. Maybe. To overnight in Rome is too expensive.

Sabatina felt a feeling of desperation grow inside. She could not speak. She never knew how to speak. She only knew how to be silent. And she was used to be silent in her life.

It was November, outside. It was raining and it was cold. How she hated those days. Silvano opened the door. The ice of the tramontana entered.

"Ciao" he said.

Sabatina did not answer.
Silvano remained for a while undecided. Then he crossed the threshold and shut the door with anger.
Sabatina stayed in the entrance in front of the slammed door. She felt defeated. Betrayed. Speechless.
She had the whole day to go on. She had to do it. She had her children to hold on to. They were her strength and hope. Living in a Christian way for them. Humanely for them. Maternally for them. Who else could give her hope now that her mother Laura was gone? She now felt as a worn little girl.

Yet she was sure that one day she would not love him anymore, but he would look for her.
But would it have been a victory?

Yet she had two children with her. Had not they been the tangible fruit of their love? The children were there. They were a living testimony of their love. How could it have ended?

That politics. Politics had changed Silvano. Since he had gone to work for the party, since he had gone to Florence and then to Rome, Silvano had become another. It was no longer the honest and brilliant Silvano she had known. It was no longer the Silvan who loved to joke. The Silvan who spoke, who loved to talk. Now he was a taciturn, silent. Cocciuto, like a mule.
It was all so difficult now. She had devoted the whole life to her husband and children. With Lidia she had hoped to find a friend and instead ...

She began to cry. She felt deluded. Deceived.
At night while Silvano slept, she woke him up:

- Silvano, I still love you. I am convinced to love you again. Why don’t you love my any more?

- Maybe, Sabatina ... maybe you're not the woman I need now. Now I would need a different woman. Not just a woman who cares for home and children ...

She had desperately hugged him. She had shouted "No, no, you still love me, tell me you still love me! Please"

He had freed himself, and got out of bed. He had gone to the bathroom. He had shaved, had taken a shower. Then he was dressed and was ready to live.
Sabatina had reached the door before he left home.

Monday 26 November 2018

Fabrizio Ulivieri


La porta



-      



- Ma quando hai smesso di amarmi?
- Non lo so... Fin qui abbiamo evitato di dirci certe cose. Perché ora le vuoi tirar fuori?

Sabatina, si avvicinò per abbracciarlo.

- No, non ricominciamo. Devo andare via. Fra 30 minuti ho il treno.

Sabatina si sentì in trappola.

- Dove vai oggi? – gli chiese.
- A Roma, devo incontrare Nenni.
- Tornerai a mezzanotte?
- Non lo so. Penso di sì. Rimanere a Roma a dormire costa troppo.

Sabatina sentì la disperazione crescere in lei. Non sapeva parlare. Non aveva mai saputo parlare, lei. Sapeva solo tacere. E tacque.
Era novembre, fuori. Pioveva ed era freddo. Come odiava quel tempo. Silvano aprì la porta. Entrò il ghiaccio del tramontano.

- Ciao – le disse.

Sabatina non rispose.
Silvano rimase per un poco indeciso. Poi varcò la soglia e si chiuse dietro la porta.
Sabatina rimase nell’ingresso davanti alla porta chiusa. Si sentiva sconfitta. Tradita. Senza parole.
Aveva un giorno intero da andare avanti. Doveva farcela. Aveva i bambini a cui aggrapparsi. Erano la sua forza e speranza. Vivere cristianamente per loro. Umanamente per loro. Maternamente per loro. A chi altro poteva aggrapparsi ora che la madre Laura non c’era più?
Eppure era sicura che un giorno, lei non avrebbe più amato lui, ma lui avrebbe cercato lei.
Ma sarebbe stata una vittoria quella?

Eppure aveva avuto due figli da lei. Non erano stati quelli il frutto del loro amore? I figli erano lì. Testimonianza viva del loro amore. Come era potuto finire?
Quella politica. La politica aveva cambiato Silvano. Da quando era entrato a lavorare per il partito, da quando era andato a Firenze e poi a Roma, Silvano era divenuto un altro. Non era più il Silvano semplice che lei aveva conosciuto. Non era più il Silvano che amava scherzare. Il Silvano che parlava, che amava parlare. Ora era uno taciturno, silenzioso. Cocciuto, come un mulo.
Uno, che lei non aveva conosciuto.
Era tutto così difficile, ormai. Aveva dedicato la sua intera vita solo al marito e ai bambini. Con Lidia aveva sperato di trovare un’amica e invece...
Cominciò a piangere.

La notte mentre Silvano dormiva, gli aveva detto:

- Silvano, io ti amo ancora. Io sono convinta di amarti ancora. Perché non sei più quello di prima?
- Forse, Sabatina...non sei la donna di cui ho bisogno ora. Adesso avrei bisogno di una donna diversa. Che non fosse solo una donna che pensa alla casa e ai bambini...

L' aveva disperatamente abbracciato. Aveva gridato "No! No! Tu mi ami ancora. Dimmi che mi ami ancora!"
Lui si era divincolato, ed era uscito dal letto. Era andato in bagno. Si era rasato, aveva fatto la doccia. Poi si era vestito. Ed era pronto per uscire.
Sabatina l‘aveva raggiunto sulla porta prima che uscisse.

Saturday 24 November 2018

Prima o poi



Che cosa l' aveva più influenzata di sua madre: i suoi racconti o la sua ideologia? Che era formata di
sole illusioni: dell'essere buoni, dell'essere bravi, generosi, del darsi agli altri, del credere, del sapere eccetera, eccetera...
A differenza di suo padre, che lei mai aveva amato, che era nazionalista, fascista, sua madre, anche se credeva in Dio, non andava mai alla messa, suo padre sì, andava a quella grande, a quella più ufficiale, anche se la sua religione era di pura facciata.
La religione di sua madre invece era una religione contadina, rurale, presa da sua nonna; una religione molto poetica ma per niente confessionale, pagana in un certo senso, mischiata di elementi della terra e del cielo, di fenomeni atmosferici ed elementi cristiani impastati insieme.


E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.


Con queste parole Pasolini in quegli anni avrebbe celebrato l'amore che lui aveva per la madre. Sabatina, certo, neppure conosceva Pasolini. Nella sua semplicità nemmeno sapeva della di lui esistenza, eppure se avesse dovuto usare parole che celebrassero l'amore che aveva avuto per la madre avrebbe usato quelle stesse parole. Non altre. Tanto era il disperato amore che aveva per la madre, disperato come il modo di vivere di Pasolini.

La morte della madre le aveva lasciato un vuoto dentro che solo quando perdi una madre puoi capire, quel vuoto che prima è assolutamente incomprensibile.
Prima era quella presenza rassicurante che le diceva "Io ci sono. Quando mi vuoi, io ci sono."
Ora quella stessa speranza dettata dalla consapevolezza che lei c'era, era scomparsa. Vi erano altre speranze è vero. Quella dei figli che crescevano, che dovevano farsi una vita. Quella di migliorare la vita della famiglia, comprando il frigorifero, la televisione. Come si poteva oggi vivere senza televisione e frigorifero? Silvano non aveva forse comprato la macchina? Si poteva comprare a rate, lei era onesta e le davano credito.
Vi era la speranza di guadagnare di più, poi. La speranza che Silvano non la tradisse più. La speranza di vivere in pace senza litigi...Ma era morta la più grande delle speranze: quella di rivedere la madre, quando aveva bisogno di lei, delle sue parole rassicuranti, del suo modo di parlarle calmo, riflessivo.
Ora, invece, era solo vuoto, carenza, deficit.
Una pena intermittente, senza fine tuttavia.

In quei giorni, forse spintavi dalla desolazione del sentimento di abbandono in cui si sentiva gettata, cominciò a pensare di abbandonare i fiaschetti.
Oltre alla mani ferite, piene di tagli, cominciava anche ad avere dolori ai ginocchi causati dal serrarli in modo rigido per tenere i fiaschetti fermi mentre con l' ago cuciva la paglia per rivestirli. La posizione innaturale e l'umidità della paglia le procuravano dolori, artrosi probabilmente, e si gonfiavano. Anche al collo iniziava ad avere una certa gobba come effetto del continuo stare piegata.
Dopo pranzo e dopo cena la sonnolenza la prendeva, e si limitava a sonnecchiare sulla seggiolina su cui impagliava senza portare a termine il lavoro. Anzi talora, per l'effetto del colpo di sonno, il fiaschetto, ancora nudo che teneva fra le ginocchia, cadeva a terra rompendosi.
La competizione con Rosina la rendeva nervosa. E il sentirsi presa in giro da Rino diveniva insopportabile.
Cominciò a pensare di andare a casa di qualche "signore" di Montelupo a fare pulizie.

Sabatina nella sua semplicità ben poco sapeva che in quell'anno si assisteva alla prima "congiuntura economica", al primo rallentamento del boom.
Sabatina non era a conoscenza (come d'altronde ben pochi sapevano) del fatto che il generale De Lorenzo in quell’anno avrebbe tentato il colpo di Stato, per fermare i socialisti al governo, che il Corriere della Sera aveva definito “il cavallo di Troia dei comunisti”.
Sapeva solo che Gigliola Cinquetti aveva vinto il festival di Sanremo, che era morto Togliatti perché glielo aveva detto Silvano, e che l’America aveva cominciato una guerra in un paese dell’ Asia.
Non sapendo nulla di tante cose forse viveva meglio di chi sapeva troppo.

Era il Ferragosto, il giorno più aoristico dell’anno. Un punto fisso e indeterminato nel nulla del sole che rallentava la vita delle città italiane, le spopolava, le rendeva simili al nulla, a monumenti al nulla avvolti di luce bianca e accecante. Strade odoranti di catrame che prendeva a squagliarsi per il caldo, corpi sudati e maleodoranti, volti stanchi per l’afa.
Montelupo non era dissimile da Roma o Firenze. Era fatta della medesima materia che faceva la calura e la stupidità degli uomini che li condannava a fare le medesime cose nello stesso tempo in quel mese.

- No, mamma. Io il brodo non lo voglio! – si arrabbiava Fabrizio, detestava il brodo a Ferragosto. Era troppo caldo. Mangiare la minestra con quel caldo lo obbligava a sudare, in una casa che era già un forno.

“Obbligare” era un termine che in quel bambino aveva prodotto enormi danni. Fabrizio tentava di arginare quei danni che di istinto avvertiva contro la sua volontà, e non sapeva come ne avrebbero devastato la personalità. Ma li avvertiva.
L’atto più violento che gli aveva imposto sua madre era quello di mascherarlo ogni carnevale da bambina.
Sabatina, quando era nato Fabrizio, aveva sperato in una femmina. Dopo Luigi, oleva una bambina. Fu una delusione che nascose per tutta la vita, ma per tutta la vita guardò a quel bambino come guardasse a una bambina, che si ripercosse su di lui in modo progressivo, per cui fino ad età avanzata in realtà non fu mai ciò che avrebbe voluto essere. E visse sentendosi uno che avanzava in questa vita “mascherato”, indossando abiti che non erano i suoi.

- Ma ti fa bene. Guarda Luigi come lo mangia.
- Non mi interessa. Non lo voglio. Mi fa sudare. Non si mangia la minestra a Ferragoto, mamma.

In effetti era una fissazione di Sabatina prepare il brodo per il pranzo di Ferragosto. Non poteva spiegare dove fosse nata quella tradizione, a lei stava bene però. Lei voleva il brodo di carne a Ferragosto e gli altri dovevano mangiarlo.

- Sei un testone! – e giù gli appiccicò uno scapaccione.

Fabrizio, la guardò con occhi pieni di rancore. Si strinse le spalle. Ma non mangiò la minestra.
Ancora a scuola Fabrizio era un bambino buono, timido e rispettoso. Per questa sua bontà qualche volta era stato picchiato. Una volta era tornato a casa con un occhio nero.
Ma cambiava, stava cambiando. Sarebbe diventato “un giovane ribelle” negli anni Settanta. Uno di quelli che sfilava per la strada con il pugno alzato e gridava “AU-TO-NO-MI-A- O-PE-RA-IA!”, “Fascisti carogne! Tornate nelle fogne!”, e un giorno sarebbe anche finito alle Murate per aver dato un pugno ad un carabiniere.

Anche Sabatina avvertiva il caldo. Soprattutto mentre mangiava il brodo di carne, con I tortellini. Il sudore le scendeva fra I seni e lungo la schiena.
Avrebbe voluto dire “Che caldo! ” ma si trattenne, perché sapeva che Fabrizio avrebbe detto qualcosa.
Disse invece che quella maglietta c he aveva messo non la faceva respirare, e che avrebbe dovuto metterne un’altra che però non aveva trovata.
Nel vestire Sabatina era insicura come in tutte le altre cose in cui doveva decidere. Non vi era stata una volta che avesse comprato qualcosa che non avesse poi (una volta a casa) esclamato “Era meglio se avevo presa l’altra”.
E Silvano si arrabbiava.

- Ma possibile che compri solo quelle cose a fiori! Hai solo vestiti a fiori. Avessi una maglietta in tinta unita. Se ne compri una in tinta unita, la compri nera. E che ti vuoi mettere il nero il 15 d’agosto? - e lo diceva mentre mangiava la minestra con il cucchiaio in bocca e il brodo gli gorgogliava in gola, rischiando che gli andasse di traverso.

In effetti Sabatina sapeva solo comprarsi vestiti a fiori. Magliette a fiori. Gonne a fiori. Magari qualche volta avrebbe anche voluto cambiare, ma non sapeva decidersi a cambiare. E finiva per ricomprare lo stesso vestito dell’ ultima volta.
Quel suo modo di vestirsi fiorito denunciava una infantilità di fondo, di una donna che non riusciva a diventare matura. Una mela sempre verde. Poteva marcire dentro ma rimaneva verde di fuori.
Davvero quella falce che suo padre le aveva tirato in testa aveva bloccato la crescita. Se non fosse stata cocciuta quale era, lo avrebbe ammesso anche lei. Ma non voleva ammetterlo, e questo era un fatto. Come era un fatto quell’ ostinarsi a volere fare i tortellini in brodo nel momento più inappropriato dell’anno.
Come un altro fatto era che non sapeva decidersi e cambiare.
Forse non avrebbe lasciato subito i fiaschetti, forse avrebbe aspettato ancora un po’. In fondo era un guadagno sicuro.
Rino aveva tanto lavoro.

Prima o poi, prima o poi
prima o poi con i baci tuoi mi saprai convincere
se tu vuoi, se tu vuoi
al tuo amore prima o poi non saprò resistere
io lo so (è questione di giorni), io lo so (è questione di ore)
prima o poi troverai la strada per farmi cedere
forse un giorno mi pentirò
ma con te non so dir di no
prima o poi come vuoi io diventerò
prima o poi tu la vincerai
prima o poi ci riuscirai
prima o poi se tu vuoi m’innamorerai.Prima o poi, prima o poi…

(Remo Germani, Festival di Sanremo 1965)

Wednesday 21 November 2018

"Liebe, šaltibarščiai und rote Tomaten" ein zensierter Roman



Dies ist eine Frage, die ich mir schon lange gestellt habe. Ich hatte das Gefühl, daß es existiert, aber ich konnte die indirekten Beweise einer Zensur, die auf der Grundlage von Filtern arbeiten, nur durch das Einschränken der Bereichen und Bedingungen, an die sich große Verleger halten, erfassen, indem sie Texte für die Veröffentlichung auswählen (z.B. nur Autoren, die eine bestimmte Anzahl von Verkäufen garantieren , die präsentiert werden von, die ausgewählt wurden von, die nach bestimmten Modellen und Stilen schreiben, die vermeiden Verweise auf..., die keine ideologische redaktionelle Linie widerspiegeln, die sich von der Unterstützten unterscheidet).

Ich suchte nach dem Splitter und bemerkte nicht den Balken, den ich in meinem Auge hatte.

Bereits bei "Rugíle" (meinem vorherigen Roman) hatte ich eine Unannehmlichkeit festgestellt, die sich der Text für die explizit behandelten sexuellen Themen bot. Sicherlich gab es keine Zensur durch irgendeine staatliche Behörde, aber es gab eine Mauer, die oft von denjenigen aufgezogen wurde, die nicht bereit waren, Sex zuzugeben, weil es grob ist, es kann hart in den Magen schlagen, weil es manchmal unmöglich ist, sich die Wahrheit zuzugeben daß der sexuelle Instinkt in dein Gesicht schlägt.

In meinem letzten Roman "Liebe, šaltibarščiai und rote Tomaten" ist die Zensur unbestreitbar geworden. Auf litauischer Seite wurde es "zum Schweigen gebracht", daß ich mein Buch in Litauen vorzulegen nicht konnte, weil ich 1991 die Fakten des Vilnius-Turms angesprochen hatte. Ich folgte eine Theorie einer russischen Journalistin (die vor einigen Jahren aus Litauen verboten wurde), obwohl ich ihre Theorie nicht persönlich geteilt und unterstützt habe.

Persönlich kann ich Litauen nur dankbar sein, weil es mir die Möglichkeit gab, hier in diesem Land ein Leben zu beginnen, aber es ist jedoch unbestreitbar, daß es eine alternative Theorie zur offiziellen Theorie der Ereignisse im Vilnius-Turm gibt, durch die die litauische Republik gegründet wurde. Sicherlich, nicht durch das Schließen der Augen oder das Verstopfen der Münder kann Sie die Glaubwürdigkeit der Opposition untergraben.

Auf der Seite einiger italienischen Vertreter in Litauen gab es auch Zensur für meine heftige Kritik, die ich in diesem Buch an Italien gemacht habe. Oder besser gesagt zu einem gewissen Italien. Das der Dritten Republik, die Republik, die unter Monti geboren wurde und von PD weitergeführt wurde. Aus dieser Kritik schließe ich die derzeitige Regierung aus, weil, für alles, was sie getan hat und jetzt tut, widerspricht sie der dominierenden Tendenz der Dritten Republik.
Ich weiß jedoch von meinen eigenen Erfahrungen, wie schwierig und komplex es ist, gegen offizielle Narrativen vorzugehen oder einfach nur Themen zu berühren, die nicht vollständig geschätzt werden.

Was soll ich sagen? Ein Schriftsteller kann seine Ideologie auf keinen Fall ändern, er muss jedoch fortfahren und bestätigen, was der Zweck seiner literarischen Berufung ist.
Pier Paolo Pasolini, einer der am meisten zensierten italienischen Schriftstellern und vor Gericht gestellt, docet (lehrt). Niemals hat er unter allen Umständen seine verzweifelte Suche nach Glücks- und Liebesideologie verraten.


Sunday 18 November 2018

"Rugíle" fra transumanesimo e fisica quantistica. Testo che uscirà da Armando nel 2019 in un libro collettivo di transumanisti.







Nel panorama anodino e di pensiero debole rappresentato dalla letteratura contemporanea che gode dei favori delle case editrici che approvano e pubblicano questa linea editoriale sono stato più volte chiesto, durante le presentazioni del mio ultimo Romanzo - "Rugìle" (l'erudita, Roma, 2017), perché avessi alla fine di ogni capitolo di "Rugìle" messo dei sunti per spiegare in termini di
fisica quantistica ciò che si vedeva accadere in ciascun capitolo.
Questa è stata una delle parti più controverse del mio romanzo.
Ma controversa da parte di chi? Non certo da parte dei liceali, parrucchieri, carpentieri, insegnanti, adolescenti, portieri di condomini, millennials, infermieri...gente semplice...che mai hanno questionato sulla fisica quantistica contenuta nei sunti ma hanno letto il romanzo godendo della continuità del ritmo del libro.
Controversa invece per chi aderiva e aderisce a quella visione anodina e di pensiero debole di cui
parlavo sopra. Per questi si è avuto da obbiettare sulla non proprietà di tali sunti inseriti alla fine del
capitolo.
A me, sostenitore di un pensiero forte che deve indagare e questionare la realtà - sociale e politica -
quei sunti invece servivano per illuminare la dimensione trans-umana della realtà visibile
newtoniana.
Nel caso specifico di "Rugìle" per spiegare l'istinto sessuale.
L'istinto (sessuale) è illogico, semplice e non ulteriore scomponibile. Non è analizzabile. E' solo
applicabile. Infatti l'istinto ti colloca sopra o sotto, etero o gay (o entrambi), maiale o troia, pedofilo
o zoofilo...
L'istinto non mente a se stessi. Si può ingannare gli altri ma non se stessi.
La menzogna in effetti non fa parte della realtà trans-umana. La menzogna copre la realtà transumana
non la svela.
Alla fisica quantistica pertiene invece la realtà trans-umana.
L'istinto è bit(s). E' informazione che fa parte del programma (universale) del nostro universo, del
computer (universale) che si autoprogramma all'interno del nostro universo a cui apparteniamo e
dal quale siamo a nostra volta (auto-)programmati.
Avere un istinto è come seguire un entanglement fra il programma universale e il nostro
programma personale a cui si riallaccia.
È come passare da un istinto all'altro, è come di volta in volta sintonizzarsi su un programma
diverso fra i tanti programmi presenti all'interno del computer. In altre parole come passare da "un
universo" a "un altro universo".
La realtà trans-umana a cui accennavo sopra è un ulteriore modo di spiegare la teoria dei
multiversi.
Certi fisici quantistici ci dicono che quando noi diciamo "No" le nostre particelle (bits) non hanno la
stessa conglomerazione di quando diciamo "Sì". Passare da un "Sì" a un "No" significa passare da un
universo all'altro.
Nel romanzo ci sono due personaggi, Ipazia e Rugìle, che si eccitano all'idea di essere violentate. Si
rendono conto che questo è un pensiero assurdo (questo era il punto a cui riducevano la realtà gli
esistenzialisti senza riuscire ad andare oltre: l'assurdo), sbagliato, ma non possono farci nulla, è
qualcosa che va al di là del loro lato umano (trans-umano).
"Mi masturbo tutte le notti pensando a essere violentata", dice Ipazia.
"Una volta ho letto di una donna che era stata violentata da cinque uomini. Mi sono eccitata e
masturbata. Molte volte dopo quel giorno mi sono masturbata pensando a questo. Ogni volta mi
chiedevo se fossi normale. “Sarò normale?” mi chiedevo. Non mi sembrava normale eccitarmi per
una cosa simile. Mi sembrava assurdo. Eppure mi eccitavo e mi masturbavo", dice Rugìle.
Gli universi della violenza sessuale di Rugìle e Ipazia sono due universi che corrono paralleli ai
molti universi che costituiscono la nostra realtà quotidiana (classicality newtoniana), due universi
trans-umani, che solo all'interno di una riflessione quantistica trovano spiegazione:
"Rugìle" affonda in una visione trans-umana, che ovviamente sfugge al piattume della linea editoriale anodina italiana.

Saturday 17 November 2018

"Amore, šaltibarščiai e pomodori rossi" a censored novel





It is a question that I have often asked myself, for a long time. I felt that it existed but I could only grasp indirect evidence of a censorship that operates in virtue of filters, by delimiting the areas and conditions to which big publishers adhere, by selecting  texts for getting published (only authors who guarantee a certain number of sales, who are presented by, who have been selected by, who write according to certain models and styles, who avoid references to ... who do not reflect an ideological editorial line different from the one they support).

I was looking for the speck and I did not notice the beam I had in my eye.

Already with "Rugíle" (my previous novel) I had detected a situation of discomfort that the text procured for the explicitly treated sexual themes. Certainly there was no censorship by any state authority but there was a wall that was often raised by those who were unwilling to admit sex in its crudity, in its ability to punch hard in your stomach, because it is sometimes impossible to admit to yourself the truth that the sexual instinct slams in your face.

With my last novel "Amore, c and red tomatoes" the censorship has become undeniable. From Lithuanian side it was "silenced" me the permission to present my book in Lithuania for having touched the facts of the Vilnius tower in 1991, according to what had been exposed by a Russian journalist, banned from Lithuania some years ago, even though I didn't personally share and support her theory.
On a personal level, I can only be grateful to Lithuania for giving me the opportunity to re-start a life here in this land, but it is undeniable that there is an alternative theory to the official one regarding the events that took place at the Vilnius tower, by which the Republic of Lithuania was founded. It is certainly not closing the eyes or plugging the mouths that undermines the credibility of the opposition.

On the side of some Italian representatives in Lithuania there also has been censorship for the strong criticism  I made of Italy in this book. Or better said, to a certain Italy. That of the Third Republic, the republic which was born under Monti and continued by the PD. From that criticism I exclude the current government, since for what it has done and it is now doing goes against the dominant tendency of the Third Republic.

However, I know of my own experience, how difficult and complex it is to go against official narratives, or even simply touching themes that are not fully appreciated.

What to say? A writer can not in any case change his/her ideology at every turn, he must however continue and confirm what is the purpose of his literary vocation.

Pier Paolo Pasolini, one of the most censored and put on trial writer of the history of Italian literature, docet. Never he has betrayed his desperate search for happiness and love ideology, under any circumstances.

Friday 16 November 2018

L'esistenzialismo vitale di Pasolini


Faccio mie queste parole di Pasolini: "E' sempre difficile lavorare. Ogni volta si tratta di fare una prova esistenziale. O vincere o morire. E' sempre così. Si rischia sempre di morire. Non ho ancora deciso se si tratta della voglia di vincere..o di morire."

Origini della violenza verbale negli schieramenti politicamente contrapposti in Italia



“In Italia si è avuta la resistenza. Che è un caso piuttosto unico. La resistenza italiana è stata molto diversa dalla resistenza francese, jugoslava, ecc...ecc...La resistenza italiana ha suscitato non soltanto la lotta contro lo straniero o contro il fascista ma ha significato la revisione e la rivolta, il rivoluzionamento di tutte le idee che gli italiani avevano su se stessi, sulla propria storia, almeno sulla storia moderna. E allora in fondo la resistenza è stata una sorta di grande rabbia organizzata e impiantata soprattutto sull'ideologia marxista. E quando un giovane italiano ha delle critiche da fare alla borghesia, anche se borghese naturalmente, si rivolta contro la borghesia e trova già, in un certo senso una strada aperta: la strada aperta dalla resistenza.” (Pier Paolo Pasolini, Pasolini l'enragé, intervista di di Jean-André Fieschi).
Nel suo linguaggio peculiare Pasolini coglie il tema centrale dell’Italia unificata: il linguaggio (arrabbiato) e i suoi schemi nati dalla guerra civile. In Italia ci sono tre momenti costitutivi di questo linguaggio arrabbiato e relative strutture:

1) La guerra civile fra nord e sud, come corollario dell’unificazione d'Italia
2) La guerra civile fra resistenza e repubblica di Salò
3) La guerra civile del 68 e post 68

In questi tre momenti, all'interno delle guerre civili sopra descritte, sono nate le caratteristiche del linguaggio e dell’odio, dei sentimenti e delle forme espressive dell’odio, delle sue strutture articolanti (o portanti) che si riflettono nel linguaggio verbale gestuale figurativo, di qualsiasi contrapposizione politica o civile che si attui nel nostro paese. Sì, veda ad esempio, il livello di violenza verbale in atto fra buonisti e sovranisti a proposito dell’immigrazione.



Die sechziger Jahre in Italien.







Dieses Jahrzehnte, die Jahre des italienischen wirtschaftlichen Wirtschaftswunders, hatte etwas, das durch die Politisierung der siebziger Jahren allmählich verschwand: die Hoffnung und die Lebensfreude.
Die Menschen stammen aus den fünfziger Jahren, eine Zeit der bäuerlichen und agrarischen Zivilisation, jetzt ist das Land industrialisierte, es gibt Arbeit für alle, die Menschen arbeiten zum ersten Mal von Montag bis Freitag, acht Stunden am Tag. Supermärkte wurden entwickelt, Fernsehen wird zu einem Massenphänomen, genau wie der Kühlschrank. Die Leute essen und essen gut jeden Tag. Jeder kauft Motorräder, Autos. Das Land verändert sich: von Süditalien aus beginnt die Massenmigration nach Mailand und Turin. Die Außenbezirke dieser Städte weiten sich eindrucksvoll aus, sie werden zu Städten, die in wesentlichen von Südländern bevölkert sind.
Der Kommunismus und die Gewerkschaften werden stärker, weil sie Träger dieser Hoffnung in einer gerechteren Welt für alle sind, auch wenn, in Wirklichkeit, der Kapitalismus den Arbeitern die Arbeit und das Geld gibt.
Jeder hat einen Grund zu hoffen, zu glauben, dass eine bessere Welt möglich ist. Die Arbeiter glauben an die Kraft der Arbeit, um sich aus Armut zu befreien, die Industriellen an Kapitalismus, um immer mehr reich zu werden.
Aber auch treten die Widersprüche auf. Die Menschen verschulden sich.
Die Fabrik wird zu einem Ort der Entfremdung, wo der Mensch nur ein Roboter ist.
Frauen fordern mehr Freiheit, Homosexuelle tauchen auf, Scheidung und Abtreibung sind gefragt, Sex wird immer weniger zu einer Privatsache und immer mehr zu einem öffentlichen Gespräch.
Spannungen und Auseinandersetzungen zwischen Kapitalismus und Kommunismus werden verstärkt. Die Mehrheit der Intellektuellen stehen Links. Die Linke gilt als das Gute, die Rechte als das Böse. All dies führt zu einer zunehmend unruhigen und rebellischen Gesellschaft.
Achtundsechziger kommen an, eine neue Bürgerkrieg kommt an.

Thursday 15 November 2018

A domanda di Pasolini "Esiste secondo Lei la normalità e l'anormalità sessuale?" Ungaretti risponde così







Ogni uomo è fatto in un modo diverso perché la sua struttura fisica è fatta in un modo diverso. Ogni uomo è fatto anche in un modo diverso nella sua combinazione spirituale. Tutti gli uomini sono a loro modo anormali, tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura e questo sino dal primo momento. Fino dal primo momento l'atto di civiltà che è un atto di prepotenza umana sulla natura è un atto contro natura. (da "Comizi d'amore")

Monday 12 November 2018

"Amore, šaltibarščiai e pomodori rossi" un testo censurato





È una questione che mi sono spesso posto. Tutte le volte sentivo che esisteva ma potevo cogliere solo prove indirette di una censura che operava per filtri, delimitando gli ambiti e le condizioni a cui la grande editoria si attiene nella selezione dei testi da pubblicare (si scelgono solo autori che garantiscono un certo numero di vendite, che vengono presentati da, che sono stati selezionati da, che scrivono secondo certi modelli e stili, che evitino riferimenti a...che non rispecchino una linea editoriale ideologica diversa da quella che sostengono).
Cercavo la pagliuzza e non mi accorgevo della trave che avevo nel mio occhio.
Già con "Rugíle" avevo captato una situazione di scomodità che il testo procurava per il tema sessuale trattato in modo esplicito. Certo non vi era una censura da parte di nessuna autorità statale ma vi era un muro che spesso veniva alzato da chi era restio ad ammettere il sesso nella sua crudezza, nella sua capacità di urtare in quanto impossibilitati ad ammettere a se stessi la verità che l'istinto sessuale gli sbatteva in faccia.
Con "Amore, šaltibarščiai e pomodori rossi" la censura è divenuta innegabile, da parte dei lettori lituani per aver toccato il tema della torre di Vilnius, secondo quello che era stato esposto da una giornalista russa, bandita dalla Lituania, anche se da parte mia non vi era e non vi è nessuna presa di posizione personale.
A livello personale io non posso che essere grato alla Lituania per avermi dato l'opportunità di ri-iniziare una vita qui in questa terra. Ma è innegabile che esiste una teoria alternativa a quella ufficiale riguardo ai fatti avvenuti alla torre di Vilnius, su cui si è fondata la Repubblica Lituana. Non è certo chiudendo gli occhi o tappando le bocche che si mina la credibilità dell'opposizione.
Da parte di certa opinione italiana vi è ugualmente censura per le critiche forti rivolte all'Italia. O meglio a una Italia. Quella della Terza Repubblica, nata sotto Monti e proseguita dal PD. Da quella critica escludo il governo attuale, che per quanto ha fatto e sta facendo va contro la tendenza dominante della Terza Repubblica.
Comunque sia, vedo adesso sulla mia pelle, quanto sia difficile e complesso andare contro le narrative ufficiali, anche semplicemente toccando temi che non sono pienamente graditi.
Che dire? Uno scrittore non può in ogni caso cambiare la sua linea ad ogni piè sospinto, deve comunque continuare e confermare quello che è lo scopo della sua vocazione letteraria.
Pier Paolo Pasolini, uno degli autori più censurati e messo a processo della storia della letteratura italiana, docet. Mai ha tradito la sua disperata ricerca di felicità e amore nonosante le pressioni e censure impostegli.

What is "narrative"?






"Your life has marked you in unique ways and these marks whether you know it or not will determine how you live your life" 
(Michael Rabiger)

To understand what a narrative is, we need to understand its status. Narratives have a status which is equal to that of commons (water, rivers, lakes, cultural heritage ...) and by virtue of their status can be shared or not, participated or not, challenged or not, accepted or rejected, renewed , corrected, contracted, subverted, transformed.
Narratives are norms, behaviors, trends, fashions, rules, stories, myths, lies ... that are internalized and believed by us and therefore accepted, in the form, for example, of convictions, of unconscious signals that have a performative nature that goes into a certain direction (for example believing that the evil people will go to hell, that money will give happiness, that according to a neoliberal principle the state should not intervene in the economy, that gold is the most precious metal ...).
The individual with respect to narratives can have a passive, critical, interpretative, antagonistic, innovative attitude.

Sunday 11 November 2018

Che cos'è una narrativa?



"Your life has marked you in unique ways and these marks whether you know it or not will determine how you live your life" 
(Michael Rabiger)

Per capire che cosa sia una narrativa, bisogna capirne lo status. Le narrative hanno uno status pari a quello dei beni comuni (acqua, fiumi, laghi, patrimonio culturale...) e in virtù di questo loro status possono essere partecipate o meno, condivise o meno, contestate o meno, accettate o rifiutate, rinnovate, corrette, contrataste, sovvertite, trasformate.
Sono delle norme, dei comportamenti, delle tendenze, mode, regole, storie, miti, bugie...che vengono da noi interiorizzati e creduti e perciò accettati, sotto forma per esempio di convinzioni, di segnali inconsci che hanno natura performativa che va in una certa direzione (per esempio credere che i cattivi andranno all'inferno, che i soldi daranno la felicità, che secondo un principio neoliberista lo stato non deve intervenire nell'economia, che l' oro è il metallo più prezioso...).
L'individuo rispetto alle narrative puo' avere un atteggiamento passivo, critico, interpretativo, antagonista, innovatore.

La carne che non muore (VI) - Visita al cimitero di Livorno





-  Davvero mi accompagnerai? – chiese Antonio.
- Non ti abbandonerò, amore mio. Verrò con te al cimitero.
- Vi faccio preparare qualcosa da mangiare, Eccellenza? – chiese una delle cameriere.
- Non ho fame – rispose Antonio.
- No, amore – intervenne Eleonora – qualcosa devi mangiare...sei così pallido. Ed è da quando aspettavamo la coincidenza a Firenze che non hai più mangiato niente. E anche io mi sento debole, se non mangio qualcosa potrei svenire. 

Antonio la guardò. 

- Non voglio che tu stia male, luce dei miei occhi. Mi hai accompagnato in questo viaggio. Sarai stanca e immagino affamata. Ti ho sottoposto a tante fatiche.

Attesero fino a che una donna li accompagnò in una stanza vicina dove era stata imbandita una piccola tavola, con formaggi, salumi e frutta.
Antonio mangiò pochi bocconi, Eleonora spilluzzicò un po’ di tutto ma poco di tutto. Entrambi sentivano di avere un nodo alla gola e non riuscivano a mangiare.
Bevvero invece del vino rosso, un rosso toscano che li rianimò e diede loro una nuova calma nel mentre che l’alcol faceva il suo effetto.
Antonio prese per una mano Eleonora e le chiese se fosse pronta ad andare. Lei ripose di sì con un cenno della testa.

Si avviarono verso il giardino dove un fiacchere li aspettava.
Era lo stesso fiaccheraio che li aveva portati alla villa. Non se ne era andato. Era rimasto commosso dagli eventi e non aveva avuto la forza di andarsene, incuriosito come era dal sapere che fosse successo. La narrazione lo aveva impietosito. Era stato rifocillato dalle cameriere, e della buona aveva era stata data anche al cavallo.
Quando Antonio rivide lo stesso conducente di prima esclamò:

- Ma siete sempre voi! Non ve ne siete andato dunque?
- Mi è mancato il cuore eccellenza.
- Ma come vi chiamate?
- Giovanni.
- Grazie, Giovanni, per essere rimasto. Per averci aspettato.
- Quando ho visto sentirvi male, Eccellenza...
- Basta! Non chiamatemi più Eccellenza ma Antonio, vi prego.
- Antonio...quando ho assistito al suo dolore, quando ho sentito la storia della morte della vostra sorella, era come se un lutto mi avesse colpito personalmente.

Continuarono a parlare e una simpatia nacque immediatamente fra Giovanni e Antonio. Giovanni era un giovane sui venticinque anni, alto, magro dai modi decisi ma cortesi: il tipo di uomo che poteva godere le simpatie di Antonio.
Il cavallo aveva preso un buon trotto e il fiacchere correva lungomare.
I due uomini tacquero, perché la conversazione era stata coperta dal suono del ferro degli zoccoli e dallo sferragliare della vettura.
Eleonora di tanto in tanto guardava Antonio e scorgendolo sempre cupo e pieno di dolore appoggiava la testa alla sua spalla, stringendogli forte il braccio.
Finlmente giunsero al cimitero, davanti alla porta di ingresso.

- Ci siamo – sospirò Antonio.
- Sì, ci siamo – rispose un po’ spaventata Eleonora.
- Coraggio! Andiamo amore mio.
- Andiamo.
- Aspettate – disse il fiaccheraio – Aspettate che la porta è già chiusa. Fatemi suonare il campanello.

Giovanni suonò il campanello un paio di volte.
Finalmente venne ad aprire un omone grande e grosso.

- Ah! Sei tu Giovanni. Che vuoi? A quest’ ora il cimitero è chiuso. Non lo sai?
- Signor Falleni, lo so ma dovreste fare un’eccezione per questi due mie amici, che sono venuti da Torino e non hanno fatto in tempo a veder la sorella morta.
- Mi dispiace Giovanni, ma qui di eccezioni non se ne fanno.
- Signor Falleni, per me dovrete farlo. Io vi ho salvato il figliolo in Darsena, che stava per affogare...

A queste parole, l’omone parve cambiare atteggiamento.

- Giovanni, io questo non lo dimentico. Ti ho sempre detto che avevo un debito a vita con te. Se questo è quello che io devo pagare per sdebitarmi allora che entrino.
- Grazie, amico mio – rispose Giovanni.



Giovani ritornò al fiacchere, aprì le porte ed aiutò Eleonora a scendere.
Mentre oltrepassavano il cancello, Falleni gli chiese.

- Ma che devono fare i tuoi amici a quest’ ora nel cimitero? Visitare una tomba?
- Non una tomba, ma una morta.
- Una morta?
- Sua Eccellenza è il fratello della signora Giusti, è venuto da Torino perché sapeva che la signora stava male. Ma quando è arrivato la Signora era già spirata e trasportata qui.
- Sì, l’hanno messa nella camera mortuaria in attesa che fosse pronta la tomba.
- Possono vederla?
- Lo sai Giovanni, che non posso negartelo. Ho un debito di riconoscenza che mi lega te per tutta la vita. Se devono vedere la morta, la vedranno.
- Accompagnali dunque – rispose Giovanni – Io aspetterò qui.

Wednesday 7 November 2018

La carne che non muore (V)





-  La Signora negli ultimi tempi era divenuta irriconoscibile. Era dimagrita. Pallida. Aveva sempre occhi lucidi. Ma sorrideva. Sorrideva a tutti. Era buona con tutti. Tutti la amavano per quello, per la sua bontà.

Antonio a sentire quelle parole un poco si sciolse, perse quell’ irrigidimento militare che l’ aveva risollevato dal divano.

- Ma il marito? Il commendator Giusti, non era con lei?
- Il marito, Eccellenza, è sempre in viaggio, a casa sta sempre poco. Ma comunque è arrivato, due giorni fa, poco prima che la Signora degenerasse. Visto in che condizioni si trovava la Signora, ha fatto chiamare il curato per darle l’ olio santo.

Antonio, parse accusare di nuovo un capogiro. Si portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi per riaprirli qualche attimo dopo.

- Ma che è successo? Che può aver portato mia sorella a una simile fine? Ma non ha lasciato nulla? Non ha detto nulla che potesse rivelare la natura dei suoi mali?
- Mi aveva lasciate tre lettere...forse una di queste era per Lei, Eccellenza.
- E dove sono, queste lettere?
- Avevo l’ordine di impostarle subito, se qualcosa fosse successo alla Signora...e così ho fatto.
- Dannazione!
- Mi dispiace, Eccellenza, ma ho ubbidito al volere della signora.
- Ha fatto bene. – rispose Antonio – Ma come è morta? Di che è morta?
- Venerdì la Signora stava male. Non l’avevo mai vista così. Mi sono subito resa conto che era una cosa grave. Con mia grande sorpresa ha detto che voleva andare a Livorno. “Signora” Le ho detto “perdonatemi ma non mi sembrate in condizione di andare in calesse fino a Livorno”. Con mia grande sorpresa mi ha risposto male. La prima volta da quando lavoro per lei. Mi ha chiesto subito scusa, lamentandosi del fatto che stava alquanto male.
L’ho vista salire in carrozza. Se non l’avesse aiutata il cocchiere non sarebbe riuscita a salire sul calesse.
Un’ora dopo quando è ritornata mi ha spaventato, aveva il colore di un cadavere. Gli occhi rossi come quelli di un topo, ed era febbricitante. Con l’aiuto del cocchiere e di mio marito l’abbiamo portata di peso in camera e messa a letto. “Signora, ma che è andata a fare a Livorno? Sta così male...non doveva andarci...”, “Dovevo Anna, dovevo...il notaro mi aspettava”, “Il notaro? Oh Gesù! Ma che si è messa in testa, Signora?”
Volevo rimanerle accanto la notte ma la Signora non ha voluto. La mattina sono andata in camera era immobile. Ho capito che eravamo alla fine. L’ho chiamata ho cercato di scuoterla ma non rispondeva.
Ho chiamato mio marito. E’ corso a cercare il medico. Io ho fatto chiamare il curato. Abbiamo anche avvisato il commendator Giusti, che sua moglie era morente.
Sono ritornata in camera, ho cercato di rianimarla. Le ho stropicciato le tempie con l’aceto. Per un attimo ha aperto gli occhi e mi ha debolmente sorriso, ma è rimasta paralizzata. Era dura come marmo, e mi pareva divenisse fredda.
Venne il medico e disse che ormai non c’era più nulla da fare. Il curato sopraggiunse dopo poco e le diede la estrema unzione.
Infine arrivò anche il commendatore, che le presa una mano, la chiamò per nome. A sentire la sua voce la Signora riaperse gli occhi ma cominciò ad agitarsi tutta. Pareva avesse convulsioni. Guardò il commendatore come avesse visto un demonio, uno sguardo che non potrò dimenticare. Emise un urlo e...cessò di vivere.

La donna terminò il racconto piangendo. Antonio piangeva. Eleonora quasi non respirava.

- Com’ è possibile che sia morta? Di che è morta? Scoprirò di che è morta. Non mi rassegno! Lo scoprirò! Dov’è ora? Dov’è?
- E’ al cimitero Eccellenza. La tomba acquistata in fretta e furia dal commendatore non era ancora pronta. E adesso si trova in deposito presso la stanza mortuaria del cimitero di Livorno, Eccellenza.
- Eleonora, andiamo ti prego. Devo assolutamente cederla.
- Sì, amore mio andiamo. Anche io voglio vederla tua sorella, finalmente.
- Faccio preparare il calesse? – chiese il contadino, anche lui preso dall’eccitazione del momento.
- Sì, immediatamente – rispose Antonio.
- Sei sicuro che vuoi davvero rivederla? – chiese Eleonora – Non peggiorerà il tuo stato rivederla da morta?
- No. Mi sento in colpa per non essere arrivato in tempo. E poi mi sembra di sentire la sua voce, che mi invoca. Mi chiama. Vuole vedermi.

Eleonora lo guardò con un certo timore.





Sunday 4 November 2018

ON WRITING, NOWADAYS (in Italy)




For me writing means to be un écrivain engagé, to be an existentialist writer such as Camus, Sartre, and also, although someone cannot agree into calling them "existentialists", Yukio Mishima, Junichiro Tanizaki and Yasunari Kawabata. Engagé does not necessary mean that it should be in a strictly political sense, even though it possible to conceive this position like this. Engagé can also be understood in the sense of a writer who searches for the life meaning in facts that concern our own daily existence. A writer can be engagé in creating a certain kind of literature that tends to make people think, to find a way to make people reflect on existence, breaking certain traditional consolidated narratives. In creating alternative voices (alternative narratives) with reference to the dominant ones.
The ideal figure of our writer is an engagé writer who owns a-just-writer-status, i.e. a writer who professionally is only a writer, and not writer and ... writer and ... and ... (writer and journalist, writer and lawyer, writer and actor, writer and journalist and film director ... etc. ad infinitum).
In the field of information, for example, it has always been said that videos longer than three or four minutes are not supposed to be watched. And three or four minutes are though considered an excessive length. It has always been said that contents must be moderately strong because people might get bored by deep analyses ... but lateley it turns out that some independent and alternative sources of information (Byoblu, an Italian video blog, for example) that do exactly what has always been demonized (a two-hour video about economics, politics, internet digitalization, conspiracy and world-wide lobbies ...) gained an incredible success by doing a type of information that has found an a priori unimaginable following on the internet.

We therefore believe that the time is ripe for breaking up the kind of literature of complete disengagement that is currently dominant, what I call the anodyne literature, the meme-literature, which has as main purpose, to put it in a nutshell, to strengthen the transversal globalist category capable of incorporating everything "Read, if you really need it, but stop fucking around!"
This does not mean making a boring literature, but fast-paced stories, that catch the interest of readers in the while strong contents are offered, i.e. contents that are alternative to the dominant models which have instead as their aim the maintenance of a status quo, a prolonged stagnation without interruption, which diverts individuals from the hope of any change, which was the driving force of the post-war Italian economic boom, of the hippies movements as well, and of the student protests of 1968 characterized by popular rebellions against military and bureaucratic elites (regardless of the manipulations and infiltrations that have been proven in these movements).

I do not want and cannot (as I have no proof) say that there is any literature censorship, or any manipulation by publishers side (as there is indeed in the field of media information) but a filtered literature is active, yes. The publishers accept and publish only what corresponds to what has been tested by their preemptive filters: authors who guarantee a certain number of sales, authors who are presented by, who have been selected by, who write according to certain models and styles, who avoid references to ... authors who do not sympathize with a set up ideological editorial line (querelle Vittorini vs Tomasi di Lampedusa, in post war Italian literature) ...

In this temporary grid many other species of filters can be inserted - I have exemplified the most immediate and instantaneous.

Writing a good book does not mean anything. You can write a good book and remain perfectly unknown. You can write crappy books and become a bestselling (I mention some examples: Jonathan Littel, Les Bienveillantes; Lize Spit, It melts; Frances Mayes, Under the Tuscan sun ...), or modest texts passed off as masterpieces (Paolo Cognetti, Eight mountains) ... or boring writers but passed off as new Dostoyevsky (Elena Ferrante, Elizabeth Strout ...). I limit myself to just a few examples, but the list could be lengthened by a lot more examples.

I therefore believe that it should be increased intellectual honesty in writers: If you want to be a serious writer, you have to read (many) other books first of all, you need to have something to say, you must know how and what to write, you should give people hope to change their condition, you should be prepared to break up any status quo which denies hope.

Critics must be real critics and not mere flunkeys of publishers. And publishers have to keep an eye on their budgets, but also to promote Culture. And the State's primary objective must be to promote Italian culture, language and values, in Italy and abroad.

Finally, the writer must be conscious, that he can NEVER claim to please everyone, the more he breaks the aforementioned schemes the more he will incur a similar impasse. Books are like perfumes, it has not to be forgotten, books are something strictly linked to personal taste. Nonetheless, a writer must have a well-defined line of writing and researching to follow, regardless of the fact that he can address multiple audiences.

Saturday 3 November 2018

L'écrivain engagé





Scrivere significa per me innanzitutto essere écrivain engagé, come lo erano scrittori esistenzialisti quali Camus, Sartre, e anche, benché qualcuno possa storcere la bocca nel definirli “esistenzialisti”, Yukio Mishima, Junichiro Tanizaki e Yasunari Kawabata. Engagé non significa che lo si debba essere in senso strettamente politico, lo si può essere tuttavia, ma si può essere engagé anche nel senso di ricerca di significato nei fatti che riguardano l’ esistenza. Si può essere engagé nel creare un certo tipo di letteratura che tenda a far pensare, a trovare un modo per far riflettere sull’esistenza, rompendo certe narrative tradizionali consolidate. Nel creare voci alternative (narrative alternative) a quelle dominanti. A schemi che si pensano vincenti. Innanzitutto nel ripensare la figura di un simile scrittore bisogna eliminare dalla sua narrativa il deittico e...per ricentralizzare la figura in un ruolo ben definito.
La figura ideale del Nostro scrittore è uno scrittore engagé, scrittore solo scrittore, e non scrittore e…scrittore ee… (Litizzetto, Totti, Veltroni…ecc. ad infinitum).
Per riaffermare tale figura bisogna scalfire interrompere narrative consolidate. Nel campo dell’ informazione per esempio si è sempre detto che video lunghi più di tre o quattro minuti non vengono guardati. E tre quattro minuti già sono considerati tempi eccessivi. Si è sempre detto che contenuti troppo forti possano annoiare...salvo poi scoprire che ci sono fonti di informazione(Byoblu, ad esempio) che fanno esattamente quello che si è sempre demonizzato: video di due ore parlando di economia, di politica, di digitalizzazione, di complottismo e poteri forti...Un tipo di informazione che ha trovato un seguito in internet, inimmaginabile.

Crediamo perciò che i tempi siano maturi per rompere con la letteratura del completo disimpegno che è quella dominante. Che è una letteratura che non funziona più, che ha prodotto tutto quello che poteva produrre, che è arrivata al capolinea e perciò va ripensata. La letteratura anodina, la letteratura-meme, che ha come scopo, detto in soldoni, di rafforzare la categoria globalista trasversale capace di inglobare tutto “Leggi, se proprio ti è indispensabile, ma non rompere i c…”, un letteratura cioè staccata da ogni possibilità di incidere sulla direzione del mondo, una letteratura corollario, se si vuole, una letteratura orpello, una letteratura che non è più uno dei valori fondanti del progresso sociale connesso a quello finanziario, poichè la crescita finanziaria si è completamente disconnessa dall'investire nel progresso sociale, come invece si faceva fino agli anni Settanta: si produceva ricchezza che veniva reinvestita nel progresso sociale.
Una letteratura, quella attuale, che è sicuramente nata da un disimpegno sociale e dalla conseguente delocalizzazione della figura dello scrittore attraverso le collocazioni deittiche e...e
Ritornare a fare una letteratura di impegno sociale il cui attore (lo scrittore) non è più delocalizzato ma centralizzato nel suo impegno univoco, non significa fare una letteratura noiosa, ma di ritmo, che prenda e interessi nel mentre che si offre una letteratura forte, fatta di contenuti forti ma alternativi ai modelli imposti, che hanno invece come mira il mantenimento di uno status quo, di una stagnazione senza soluzione di continuità che tolga all’individuo il senso della speranza di poter cambiare, che è stato il fattore propulsivo del boom economico italiano del dopoguerra, dei movimenti hippies nel mondo, del Sessantotto (indipendentemente dalle manipolazioni e infiltrazioni che vi sono provatamente state in questi movimenti).

Chi cerca di ricreare un tipo di letteratura contraria a quella imperante del disimpegno totale si trova a confrontarsi con una serie di filtri messi in essere dal mondo editoriale per la preservazione del disimpegno.  Non voglio e non posso (in quanto non ne ho le prove) affermare che esista una letteratura censurata, o manipolata, dagli editori (come vi è nel campo dell’informazione dei media) ma filtrata sì. Le case editrici accettano e pubblicano solo ciò che corrisponde a quello che è stato messo al vaglio dei loro filtri preventivi. Si scelgono solo autori che garantiscono un certo numero di vendite, che vengono presentati da, che sono stati selezionati da, che scrivono secondo certi modelli e stili, che evitino riferimenti a...che non rispecchino una linea editoriale ideologica diversa da quella che sostengono.
Per questo, oggi, scrivere un bel libro, non significa nulla. Si può scrivere un bel libro e rimanere dei perfetti sconosciuti. Si possono scrivere libri di merda e diventare dei bestseller (ne cito alcuni: Jonathan Littel, Les Bienveillantes; Lize Spit, Si scioglie; Frances Mayes, Under the Tuscan sun...), o elaborare testi modesti ma fatti passare per capolavori (Paolo Cognetti, Le otto montagne)…o essere scrittori noiosi ma spacciati per comprovati Dostoyevsky (Elena Ferrante, Elizabeth Strout...). Mi limito a solo alcuni esempi, ma l’ elenco, avendone voglia, si potrebbe allungare e di molto.

Io credo pertanto, che ci dovrebbe essere maggiore onestà intellettuale in chi scrive, in chi pubblica e in chi recensisce. Scriva chi innanzitutto legge, scriva chi ha qualcosa da dire. Scriva chi sa scrivere. Scriva chi ha speranza. Scriva chi vuole rompere lo status quo che nega la speranza.
I critici facciano i critici e non i pennivendoli. E gli editori guardino sì ai bilanci ma anche a promuovere la Cultura. E lo Stato abbia come obiettivo primario promuovere la cultura, la lingua e il modello italiano, in Italia e all’estero (cosa che finora non ha mai fatto, in verità).


Friday 2 November 2018

La carne che non muore (IV)




L’ interno della villa era sontuoso. Quadri e arazzi dovunque appesi. Per terra tappeti persiani dai colori accesi.. Ai lati delle corridoi numerose statue accompagnavano il visitatore.
I mobili avevano uno stile rinascimentale.
Antonio fu adagiato su un ampio divano dell’ ingresso. Gli fu portato un cordiale fu aiutato a berlo.
Tosto Antonio parve riprendersi.
Eleonora a vedere Antonio, suo marito, stare meglio gli gettò le braccia al collo, dimenticando le albagie mostrate poco prima in carrozza. 

- Amore, stai meglio?

Antonio pareva lentamente riprendersi da quello stordimento repentino. L’ effetto del cordiale fu evidente. Tutti gli astanti parvero tirare un sospiro di sollievo.
Si portò una mano alla fronte. Si toccò la fronte. Si passò la mano sul volto.

- Eleonora – mormorò.
- Antonio.
- Che mi è successo?
- Hai collassato, amore.
- Ma perché?

Eleonora si guardò intorno per trovare un suggerimento. Tutti la invitarono a non rispondere con cenni del capo.

- Non so amore, forse un capogiro...
- Ma dove siamo?
- A Livorno, amore. In casa di amici. 

In quel momento entrò il contadino, quello che aveva fatto capolino dalla porticella laterale.

- Mi ricordo, mi ricordo ora...Ines, Ines la mia Ines... – e con le mani si coprì il volto in segno di disperazione.

Vi fu un lungo silenzio. Tutti fissavano Antonio, il quale ad un certo momento come se si fosse ricordato di essere un militare abituato a ben altre situazioni, si riscosse. Si alzò di scatto, come volesse mettersi sull’attenti.

- Voi! – disse in modo imperioso puntando l’indice verso il contadino, quasi fosse il responsabile della morte della sorella- Voi! Mi racconterete tutto. Mi direte per figlio e per segno quello che le è successo...parlate dunque!

Il contadino, come riconoscendo l’autorità che lo fronteggiava, la stessa che aveva fronteggiato tanti contadini e briganti nel sud dell’Italia, tenendo umilmente il cappello di cencio in mano a testa china come stesse per essere giustiziato.

- Non so molto in verità, Eccellenza, perché raramente, lavorando io nel giardino, non avevo molta opportunità di incontrare la signora Ines. Ma mia moglie che l’ha assistita fino all’ultimo respiro esalato potrà ragguagliarvi meglio, Eccellenza. 

- Che si aspetta, dunque! Mi si conduca qui subito questa donna!

Di lì a poco, una delle serve entrò accompagnata da una povera donna scarmigliata.

- Parlate!
- Eccellenza, l’ ho assistita io – disse confusa, timida e tutta rossa in volta.
- Basta, non siate timida, parlate...vi prego – soggiunse addolcendo un poco il tono.


Neil Sedaka




La notte e’ fatta
per amare
ma per chi e’
solo come me la notte e’ fatta
per soffrire
e ricordare
...
la piu’ bella
cosa al mondo
credevo fosse
amare solo te
un giorno fui felice
adesso piango
per te


Anche Sabatina canticchiava quella canzone di Neil Sedaka, che era il tormentone di quell’anno. La davano sempre alla radio. Quella canzone rispecchiava il suo stato d’animo attuale, di persona ferita.
Neil Sedaka in quegli anni era diventato improvvisamente uno dei cantanti più gettonati della scena musicale internazionale.
Ora stava riscuotendo un grande successo anche in Italia.
“Oh Carol” nel 1959 era rimasta in testa alle classifiche per undici settimane. Poi “Esagerata”, "Un Giorno Inutile”, “Tu Non lo Sai”, “Il Re dei Pagliacci” furono tutti successi italiani. Le ragazze impazzivano per Neil. Sabatina non aveva mai vagheggiato per altri uomini, ma il successo di Neil coinvolse anche lei.
La passione per la musica non era mai stato il suo lato forte. Lei era rimasta a cantanti quali Giorgio Consolini, Gino Latilla, Achille Togliani, Carla Boni…che aveva conosciuto grazie al Festival di San Remo di cui era divenuta una assidua spettatrice. Non ne perdeva un’ edizione.
Ma ora toccata e ferita nell’orgoglio aveva bisogno di evadere e il sorriso di Neil, la sua faccia da bravo ragazzo, pulito, sorridente, che cantava ritmi allegri le dava la possibilità di sognare, quella possibilità di cui aveva bisogno per uscire dal buco nero in cui era precipitata.
“La notte è fatta per amare”, forse il più grande successo italiano per Neil Sedaka, la faceva sentire una donna nuova. Una Sabatina moderna. Canticchiare quella canzone era riprendersi una rivincita su Lidia. Quella troia! Che si professava amica da una parte e dall’altra andava a letto con Silvano. Quel maiale!

E questa volta Sabatina era espolsa. I “Tori” si sa, hanno grande capacità di sopportazione ma quando esplodono, esplodono.
Aveva preso una seggiola e gliel’aveva tirata in testa a Silvano, quando era rincasato a mezzanotte.

- Porco, maiale! Vigliacco! Vergognati!
- Ma sei impazzita?
- No. Tu sei un maiale ecco che sei! Dicevi di andare a lavorare a Firenze e poi andavi in macchina a giro con Lidia. Ora dove seistato? Bighellone? Con quella troia di Lidia!
- Io con Lidia? Ma che hai perso il capo?
- Sì, porco! Non puoi negare vi ho visti io a Montelupo, passare in macchina insieme.

Dopo l’avvertimento di Rosina, Sabatina aveva preso a rimuginare. Rosina non diceva mai una cosa a vanvera. Se faceva o diceva una cosa un motivo c’era. Era una donna pratica. Onesta. Se aveva una cosa da dirti te la diceva in faccia. E per quello aveva perso molte amicizie.
Rosina, aveva voluta avvertirla.
Ma poteva anche essersi sbagliata, come le aveva detto. Perché no? Era possibile. Tuttavia questa spiegazione non la convinceva.
E comunque non avendo prove, rimase sospesa nel giudizio.
Sennonché Silvano cominciò con il suo comportamento a dare ancor più adito al sospetto.
Prese infatti a dire che la sera avrebbe fatto tardi perché aveva delle riunioni del partito a Firenze, quando una delle giustificazioni iniziali del suo trasferirsi a Firenze fu proprio il fatto che avrebbe svolto maggiormente lavoro di ufficio e meno quello di dirigente politico, per cui sarebbe diminuito il numero di riunioni a cui avrebbe dovuto presenziare in ore serali.
Ma ora quelle riunioni divenivano un po’ troppe. Non poteva più crederci. Non poteva più fare finta di nulla. Era troppo.
Un giorno che era andata nel negozio della “Siria” per prendere dei piatti da pagare su su (a rate, si direbbe oggi), la Siria, la proprietaria appunto, dalla quale il negozio prendeva il nome, le disse.

- Sposina, io le devo parlare. Lei è una signora tanto a modino, tanto onesta...che lo vedo, lei compra qualcosa, e ogni mese è sempre la prima a pagare. Non salta mai un mese...sapesse quanti bisogna rincorrere per farsi pagare, non solo operai, poveracci, ma anche signori qui di Montelupo...una vergogna mi creda...io non posso più tollerare che la gente parli alle spalle di lei...non va bene. Lei è troppo per bene.Tutti lo sanno e lei non lo sa. Io sono più anziana di lei, potrei quasi essere la su mamma...mi ascolti.

Thursday 1 November 2018

Lidia






Un’ altra cosa che la distrasse dall’indagare sul cambiamento di Silvano, fu che finalmente Sabatina cominciò a lavorare, a rendersi indipendente da Silvano.
Nella nuova casa, la moglie del padrone, Rosina, fasciava i fiaschetti in paglia.
Fu così che anche Sabatina volle provare.
Un lavoro umile, massacrante, ma per chi veniva dalle vigne, dal lavoro nei campi, da Villambosco, un acquitrino in inverno, una savana in estate, fasciare i fiaschetti rappresentava la liberazione dalla schiavitù, la possibilità di riscattarsi da una condizione di eterna dipendenza: prima il padre, poi la vita in casa con lo zio, poi con Ida ma finalmente ora l’Italia che cominciava a progredire offriva lavoro un po’ a tutti. Anche a Sabatina.
La ditta Piccini dell’ Ambrogiana, un paese vicino (o meglio una frazione di ) Montelupo gestiva un lavoro a domicilio di impagliatura dei fiaschi (“fiaschetti” come venivano chiamati all’ epoca) che distribuivano a una filiera di donne esterne alla ditta, che lavoravano a cottimo. Niente assicurazione, niente tasse da pagare. Lavoravi venivi pagato per quello che producevi. Producevi tanto guadagnavi tanto.


Sabatina all’inizio amava quel lavoro che le dava la possibilità di guadagnare, di avere dei suoi soldi da spendere, senza chiederli a Silvano, di poter comprare cose per la casa e vestiti per i bambini. Era la prima volta in vita sua e questo fatto la rese orgogliosa e più sicura di se stessa.
Una dei tratti fondanti della vita di Sabatina fu tuttavia di crearsi in tutte le fasi della sua vita una opponente, una rivale, una nemica (talora) su cui riversare tutti i dolori della sua sua infelicità, del suo negativismo, delle sue incapacità. E Rosina divenne naturalmente il centro del suo dissenso, del bisogno di entrare in disaccordo di quando, al solito, era incapace di competere allo stesso livello.
Dapprimo cercò di misurarsi con Rosina nel numero di fiaschi fasciati per giorno. Ma Rosina aveva un ritmo per sabatina insostenibile. Rosina rasentava quasi una folle meccanica nel lavoro, Sabatina era più pacioccona, più calma, non nevrotica, non schizzata come Rosina.E quando capì di non poter reggere il passo di Rosina questa presa di coscienza creò una prima frattura fra lei e il lavoro.
Un altro elemento di disamore fra lei e la nuova libertà procurata dall’arte di impagliare i fiaschi furono i profondi tagli che le procurava la “raffia” - come veniva chiamata in gergo la paglia che si usava per rivestire i fiaschi – che di frequente erano dolorosi e difficili da risarcire.
Il sonno, il sonno del dopo pranzo e del dopo cena, che la addormentava come congelata sulla seggiolina con il fiasco fra le gambe e l’ago in mano fu un altro elemento di disturbo.
E infine che fosse presa in giro da Rino, il titolare della ditta, che portava a domicilio i fiaschi e la paglia costituì il trauma finale. Rino non mancava mai di sottilineare che Rosina aveva fatto dei numeri che Sabatina non poteva in nessun modo sostenere.

- Ce ne fossero di Rosine! – ripeteva in presenza di entrambe, facendo diventare verde di rabbia Sabatina.

Sabatina non rispondeva. Taceva. Soffriva. Ma non rispondeva.

- Mi è mancata la parola – avrebbe poi detto a Silvano. La stessa frase che in fondo gli aveva ripetuto anche prima, a Villambosco, quando aveva mancato di rispondere a Ida. La stessa frase che avrebbe ripetuto per tutta la vita, in tutte le infinite volte che le era mancata la parola.

Un’ altra persona avrebbe forse cercato un altro lavoro. Molte donne andavano a lavorare in fabbrica, come la sua amica Lidia di Montelupo, che aveva conosciuto frequentando “La Siria” un negozio di casalinghi di via della Chiesa a Montelupo.
Erano così divenute amiche che Lidia veniva spesso a trovarla e rimaneva a pranzo e qualche volta a cena. Lidia lavorava in una fabbrica di terracotte di Montelupo e viveva sola con la madre in una casa vicino alla piazza del mercato di Montelupo.

- Ma perché non ti sposi Lidia – le aveva chiesto innumerevoli volte Sabatina.
- Io marito non lo voglio. A me piace far girare la stesta agli uomini. Ma averne uno per la casa tutto il giorno mi manderebbe via di cervello.
- Boh! Non so che dirti. Io non immaginarmi di andare con un altro uomo. Ho solo avuto mio marito. Mi basta lui. Con un altro uomo mi vergognerei anche a spoglairmi davanti a lui.
- Ma che vuoi che sia Sabatina, quando l’hai fatto una volta che vuoi che sia a farlo un’altra volta.

Ma a parte queste stranezze del carattere di Lidia, era felice Sabatina di aver trovato un’ amica così, da potersi incontrare parlare, andare al mercato insieme il sabato mattina e al cinema qualche volta con lei e i bambini.

- Perché non vieni in fabbrica con noi a lavorare? Cercano donne giovani. Se glielo dico io al padrone ti prende. Lui fa quello che gli dico io! – e rideva Lidia.
- Ma come faccio? Ho due bambini piccoli. Il marito. Come faccio?
- Ai bambini ci penseranno i nonni. Silvano va via la mattina e torna la sera. Che problema c’è?
- Prima di dare i bambini a Ida, a quel demonio di donna, rimango a fare i fiaschetti!
- Sabatina, qualche volta proprio non ti capisco – le rispondeva alla fine Lidia.
- Non ti preoccupare. Lavorerò duro. Glierlo farò vedere a Rino chi è Sabatina. Se crede di farmi paura non mi conosce.

Questo era il tono dei suoi discorsi con Lidia. Lidia sapeva come parlare a Sabatina. Le lanciava un’ offetta, le faceva una critica, e poi lasciava sfogare.
Sabatina aveva infatti bisogno di questo: persone con cui sfogarsi, confidarsi, dar loro il proprio cuore. E credere nelle persone, credere che loro vogliano solo il tuo bene. Che ti siano amiche. Che il bene esista. Che non esista solo il male. Che non tutte le donne sono come Ida.

- Oh Sabatina, domani viene Rino. Li ha i finiti i fiaschetti?

“Ora che vuole questa?” pensò Sabatina, quando Rosina le rivolse la parola. Era andata a dar da mangiare alle galline nel pollaio dietro casa e mentre ritornava in casa per finire di rigovernare, davanti al garage, incontrò Rosina.

- Sì, quasi. Me ne manca pochi. Ma per l’ ora di cena dovrei avercela fatta.
- Ma Silvano è tornasto a pranzo oggi?

Sabatina storse gli occhi. “Che domanda strana” pensò.

- Rosina, ma lo sai che Silvano non torna mai a pranzo. Fino all’ ora di cena non si vede. Ora lavora a Firenze. Va via la mattina e torna la sera. Non capisco perché me lo chiedi.
- Ma mi era parso di vederlo oggi.
- Ti è parso di vederlo? Dove? A casa non è venuto. E’ andato via stamani alle otto. Mi ha detto che tornava all’ ora di cena.
- Vuol dire che mi sono sbagliata allora. Mi sembrava la macchina di tu marito. A Montelupo m’ è passata davanti una macchinina come quella di tu marito. Erano un uomo e una donna. Ma allora non era lui. Mi son sbagliata.

Aboding monsters

being by faith forgotten being in sin befallen the same man has gotten from innocence swollen raised and delv'd his night high monsters ...