Tuesday 30 January 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" - Morte versus felicità (quantica)




Albert Camus all’inizio de “La Peste” dice che una maniera di fare conoscenza di una città è cercare come vi si lavora, come vi si ama e vi si muore.
Vilnius non è una città comune, ha una personalità complessa, non facile da identificare.
In inverno è di una malinconia struggente e in estate è di una malinconia dolce.
E’ una città cosmopolita, ma un cosmopolitismo urbano e non selvaggio. Quasi cólto, educato, fatto di storia e di relazioni con il mondo fondate su ragioni economiche, politiche e sociali che si sono lentamente stratificate. Forse la parola “lentamente” descrive bene l’anima lituana.
Ma “lentamente” non è indice di pigrizia ma di qualità. La vita ha il ritmo della natura, mai improvviso bensì regolato da cambiamenti che scivolano lentamente nel tempo.
Vi si muore come si muore in altre parti del mondo, ma si vive più attaccati al denaro che alla vita forse. Si ama secondo il denaro, secondo il denaro si misura la portata dell’estensione affettiva e dei sentimenti. Si sezionano i sentimenti e le parti del corpo.

Si lavora dal mattino alla sera, probabilmente con più accanimento e resistenza che in altre nazioni. Si vive in modo meno chiassoso rispetto ai paesi mediterranei e si ama gli elementi che fondano il corpo, il bere e il cibo, in maniera radicale, governati bene dall’espressione frequentemente usata in modo binario per esprimerli “noriu-nenoriu[1]” da parte dei fanciulli soprattutto ma non solo (una cosa piace o non piace, non vi è via di mezzo).
O dall’espressione tuoj[2]” che non è esattamente “dabar[3]”. Se uno dice “tuoj” non esattamente sarà “dabar”. Un bambino che ti risponde “Tuoj” dovrà sempre essere corretto con dabar”. 
Il “tuoj” serve a spostare a tempo indeterminato un cambiamento che non si vuole dabar e così dilata l’anima, in termini del proprio ego.

E’ un piccolo popolo quello lituano ma con una grande anima, l’anima di chi è abituato alla fatica e alla resistenza, a emigrare e a cercare fortuna altrove. E sa procastinare per sopravvivere non solo oggi ma anche domani.
Il cambiamento frequente di opinione dei lituani, la loro incapacità costante di non rispettare gli orari di appuntamento è connesso con ogni probabilità alla costante variabilità del cielo e del tempo.
In inverno può nevicare 4 giorni di fila e poi piovere un giorno, nevicare e piovere insieme e improvvisamente ti alzi la mattina e il cielo è pulito e freddo e l’aria gelata splende di luce.
In estate pioggia sole e nuvole possono alternarsi a ritmo quasi regolare.
E il cielo, il cielo è il grande protagonista di Vilnius: un cielo immenso, padrone, dai colori forti, impetuosi sempre in movimento e tuttavia capace del grigio stagnante più assoluto nei giorni di pioggia.
E’ un cielo che hai la sensazione che ti sorvegli e controlli ogni minuto del giorno, come fosse la madre di ogni pensiero e azione.

Camus diceva che Orano, la città protagonista de “la Peste” è un posto difficile in cui morire, in cui essere malati getta nello sconforto assoluto, in cui per lo stile di vita che vi si conduce, tutti dediti al guadagno e alla voracità dei sentimenti sotto un clima spietato, si domanda una forza di vita non ordinaria.
Vilnius è la capitale della Lituania e ostenta invece indifferenza alla gente, al clima, alla storia e a se stessa e questa apatia verso sé e verso il mondo genera un distacco che smussa, che alleggerisce, che fa soffrire meno, che invita a vivere a cuore leggero nonostante l’intemperie e, per molti, i pochi mezzi economici.
Il freddo non indurisce gli animi ma li volge verso la ricerca di calore e di sole e non trovandoli genera depressione, e alla fine si respira camminando per le sue strade quel clima di indifferenza e di apparente noia ridotto a un’ atmosfera di superficiale malinconia.

Diego avvertiva tutto ciò. E tuttavia a lui vivere a Vilnius piaceva. Vi si trovava bene. Gli aveva fatto dimenticare l’Italia che gli appariva lontana, scolorita, sbiadita, incolore.
Forse la sua malinconia profonda si adattava bene alla malinconia lieve della città.
A Vilnius si ricreava una vita, in modo anonimo. Amava questa maniera anonima di vivere. Vedere senza essere visto.
In questa condizione di quasi-non-esistenza sentiva che imparava.
Non era ben certo di che imparasse ma sentiva che imparava qualcosa che prima non sapeva.
Era un’altra prospettiva, che nasceva in un modo indefinito di vivere e dalla malinconia delle strade e degli edifici, che ristrutturava certe parti di lui che prima non erano in evidenza e che ora invece diventavano chiare, prominenti, impossibili da non avvertire.
Un’urgenza nuova era dentro di lui e urlava di voglia di affermarsi. Una voglia nuova di vita, che nasceva da una singolarità che sentiva sarebbe divenuto il punto di arrivo delle sue riflessioni.

Dopo la morte della madre, quindici giorni dopo, era morto anche il padre. Questa volta non era riuscito ad andare al funerale. Il padre era morto nel pomeriggio tardi e i funerali sarebbero stati alle dieci e trenta del mattino seguente.
Aveva dato un’occhiata ai costi del biglietto areo ed era stato subito evidente che per lui erano proibitivi.
Con la morte nel cuore era rimasto a Vilnius.
In Italia non gli era rimasto che il fratello, con il quale, quasi fosse opera del sacrificio dei genitori, la loro morte aveva rigenerato un riavvicinamento.
Di questo i genitori ne sarebbero stati felici. Ne era convinto.

- Andate d’accordo dopo che saremo morti. Siete fratelli, figli dello stesso sangue – gli aveva ripetuto innumerevoli volte il padre

E così era stato.
Finalmente erano vicini. Si parlavano e si confessavano il dolore del vuoto che i genitori avevano lasciato nel loro mondo. Non in molti mondi, ma nel loro perduravano, anche se gli altri sarebbero divenuti indifferenti alla scomparsa del padre e della madre in loro sarebbero rimasti perché erano stati caricati in qualche modo, trasferiti come un programma in via di esaurimento a un programma ancora vitale.
“Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano ma sono ovunque noi siamo” diceva Sant’Agostino e con quelle parole Diego girava per Vilnius e mentre camminava spesso le lacrime venivano ai suoi occhi.

- Certe volte cammino per Vilnius e piango. Mi viene in mente mamma e papà e piango
- Il vuoto che hanno lasciato mi fa male – rispondeva il fratello al telefono – Ieri sono passato da casa. Ho spento il riscaldamento. Staccato la luce. Per non pagare le bollette. Ho preso la roba in frigo che altrimenti sarebbe andata a male…che freddo in quella casa! E non era solo la temperatura. Vi era il gelo delle loro assenze, della loro vita che aveva riempito quelle stanze. Manca il loro suono, le vibrazioni delle loro voci, il calore emanato dai loro corpi…Non potevo, non potevo starci. Sono fuggito quasi subito. Non so quando vi ritornerò.

La morte cominciò a prendere possesso della mente di Diego, il che faceva preoccupare Rūta. Ma non tanto la morte quanto l’abilità di trovare un modo per mantenere in vita i sentimenti dei morti, perché non generassero tristezza ma felicità.

- Rūta ti ho inviato un link per email – scrisse Diego a Rūta dalla libreria Vaga dove era andato a lavorare sulla biografia - E’ un negozio dove si possono comprare film. Li vendono sia fisicamente che online. Non è lontano dal tuo posto di lavoro: è in Čiurlionio gatve. Se lo vuoi comprare online devi fare il sign in. Io non posso è tutto in lituano. Avrei bisogno di tanto tempo. Per te sarà più facile…puoi comprare Transcendence è un film con Johnny Depp del 2014?

Quando Rūta vide la chat ebbe la stessa impressione di un gatto nero che ti attraversa la strada a mezzanotte.
Ebbe la sensazione che Diego stesse persistentemente continuando con le sue idee.

- Posso Diego. Ma di che parla il film? – rispose
- E’ una trama un po’ complessa ma in breve è la storia di una mente umana che viene caricata su un computer quantico per farla sopravvivere alla morte
- Amore ho paura che finirai per soffrire di più se non ti dai pace per la morte dei tuoi
- No Rūta ti sbagli, cerco solo un modo per essere felice con loro. Ho bisogno di un’idea su come tenere in me nel miglior modo la loro memoria. A volte l’idea è la migliore risposta alle sfide impossibili. Ma avere l’idea di cercare l’idea è già un’idea che mi fa stare meglio che mi dà pace e mi fa sentire più vicino a quello che ancora non ho. Cerco solo di estendermi oltre le mie limitazioni attuali. L’essere umano può espandere se stesso in modo esponenziale e non lineare moltiplicando la sua costante ricerca e non semplicemente aggiungendo un pezzo dopo l’altro…questa è la mia idea di felicità Rūta…con loro e con te…

Rūta sentì necessità di stringere il sesso fra le gambe. Gli uomini intelligenti la eccitavano.
Ora avrebbe voluto Diego dentro di sé.
Incondizionatamente dentro di sé.
Qualche volta pensava che il suo sesso ubbidiva a impulsi così forti che non avevano una ragione comprensibile in quello che le accadeva.
Vi era una sproporzione.
E lei non sapeva spiegare quella sproporzione.



[1] Voglio-non voglio
[2] Subito

Sunday 28 January 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" - Dovilė Una minaccia alle felicità di Rūta




A Vilnius ci sono due grandi centri commerciali (ce ne sono molti in verità – ma questi sono i più grandi): Ozas e Akropolis.
Rūta aveva sempre preferito Ozas. Un concept più moderno. Akrpolis a suo giudizio risentiva di un’idea vecchia di centro commerciale.
Quando voleva svagarsi era andata a Ozas.
C’era tanta gente. Tutti sembravano indaffarati. Sembravano avere un obiettivo, andare da qualche parte.
Quando era lì sentiva forte il desiderio di essere felice.

-     - Einu ᶖ Ozą. Aš irgi noriu būti laiminga[1]diceva a Goda e Rebeka quando decideva di andarvi

Ma questo era prima, quando era sola e soffriva la solitudine.
Quando si è soli vedere gli altri felici aiuta a annullare un po’ il proprio stato di infelicità.
Solo ora, ora che aveva Diego, capiva quanto disperato fosse stato andare a Ozas per vedere gli altri felici.
Ora non poteva andare da nessuna parte senza Diego, solo con Diego provava quello stato superiore di felicità per cui non necessitava gli altri.

Un pomeriggio che non poteva dire no a Dovilė, fu costretta ad andarci senza Diego.

- Non vorrei incontrare Dovilė ma non posso dirle di no
- Va bene, vai. Per me non è un problema
- Ma io vorrei stare sempre con te
- Anche io
- Saranno solo due, tre ore. Potrai stare senza di me?
- Per due, tre ore non morirò. Proverò a resistere amore
- Ma tu che farai?
- Leggerò, scriverò, guarderò la TV…dormirò un po’ forse

Dovilė voleva comprare un paio di scarpe da Deichmann. A Ozas vi era un negozio.
Con la neve aveva bisogno di un paio di scarpe robuste e calde. La neve e il sale, che viene cosparso per annullare la formazione del ghiaccio, richiedono scarpe solide a Vilnius.
Soprattutto occorrono scarpe con suola carrarmato, perché in inverno i marciapiedi della città e le carreggiate delle strade sono pericolosamente scivolosi.
Deichmann aveva uno stile che piaceva anche a Rūta.

- Forse mi comprerò anche io un paio di scarpe da Deichmann
- So come le comprerai – rispose Diego
- Come lo sai?
- Conosco il tuo stile
- E come le comprerò?
- A scarponcello. Tipo anfibio
- Come lo sapevi?
- Hai un’anima rock…so che stile preferisci
- Davvero mi conosci bene
- Credo proprio di sì…posso anche sbagliarmi qualche volta. Ma per lo più ti conosco molto bene
- Forse la prossima settimana potremmo ritornare insieme. Vorrei comprare un paio di scarpe anche a te Diego
- Oh Rūta…in tutta onestà mai ho conosciuto una donna come te
- Una volta ero felice di andare al centro commerciale e fare shopping per me, ora provo immensa felicità a comprare qualcosa per te. Prima compravo, tornavo a casa ed ero sola. Non avevo nessuno con cui condividere il piacere di comprare. Se compro qualcosa per te ora…vederti sorridere è una felicità più duratura. Non più quello stato di buio che accompagnava il ritorno a casa. Fare shopping era come una sbornia. Passato l’effetto euforico dell’alcol vi è solo depressione

Dovilė come al solito non era di buon umore. Sempre a causa del marito.
Rūta d’altra parte non aveva molta voglia di ascoltare le lamentele di Dovilė. Però quella sera Dovilė non voleva parlare di suo marito, evitava il discorso.
Segno che qualcosa di grave doveva essere accaduto.
Generalmente Dovilė era incline a parlare del marito quando ritornava, non quando se ne andava.

Disse solo, all’inizio

- Io ti invidio Rūta

Rūta risentita da quella-di-punto-in-bianco-domanda rispose:

- E perché?
- Tu hai l’amore, la felicità. Io no
- Ma tu non la cerchi la felicità. Accetti di vivere in un modo che non può darti felicità. Io onestamente ho finito per accettare molte cose che non avrei mai voluto accettare, forse anche perché non avevo grandi sogni nella vita…o meglio, ho sottomesso tutti i sogni possibili ad un solo sogno…l’amore
- Ma anche io voglio l’amore. Perché non ce l’ho?
- Non lo so. Ma tuo marito non può dartelo, non è la persona che può dartelo. Mi sembra chiaro. Devi cercarlo
- Vorrei fare sesso con un altro uomo
- Va bene. Sei arrabbiata, ti capisco. Vuoi la tua vendetta. Fai sesso con un altro uomo. Ti farà bene. Ma non sarà l’amore
- E come trovarlo?
- Non lo so…io l’ho cercato tutta la mia vita e l’ho trovato finalmente

Dovilė, tacque. Si tolse le scarpe che aveva provato.
Rūta notò che nel piegarsi per sfilarsi le scarpe il respiro di Dovilė diveniva affannoso.
Era un po’ ingrassata Dovilė, e il suo ventre si era rotondamente dilatato per cui nel piegarsi lo comprimeva e aveva difficoltà, divenendo il suo respiro più difficoltoso.
Dovilė beveva molto ultimamente e gli effetti dell’alcol si vedevano sul suo corpo. Tuttavia era ancora una donna attraente e per Rūta era incomprensibile come preferisse distruggersi anziché liberarsi di quel peso che le marcava la vita.

- Sono troppo strette, devo provare il quaranta o un trentanove, se esiste. Queste scarpe mi piacciono, speriamo di trovare la mia misura. Tu non compri niente?

Rūta era venuta sì con l’idea di comprare le scarpe ma la compagnia di Dovilė l’aveva distratta. La sua depressione l’aveva condizionata.
Ora aveva un solo desiderio: tornare a casa, non essere più con Dovilė. Voleva Diego, essere sola con lui.
Cominciò a provare risentimento per Dovilė e per come conduceva la sua vita.
Devo stare con persone felici, non con infelici – pensò.

- No, non compro le scarpe. Non vedo nulla di interessante. Lo sai che tipo di scarpe voglio…lo sai come sono difficile per le scarpe

Dovilė non rispose. Forse era troppo assorta nei suoi pensieri. Forse troppo affannata dal piegarsi. Forse anche lei provava risentimento verso Rūta.
Era ovvio che quell’incontro non rispondeva alle aspettative dell’una e dell’altra.
Tuttavia Dovilė continuò la ricerca delle scarpe.

- Ecco queste sono perfette! Le prendo. Con questa neve era proprio quelle che cercavo.

Quando uscirono dal negozio la faccia di Dovilė pareva rappacificata con la vita.
Rūta si ricordava di quell’effetto che produce lo shopping, di quell’attimo di tregua che ti concede perché hai gratificato te stessa. Ma sapeva bene che era un effetto di breve durata.

- Prendiamo un caffè Rūta
- Sì, vorrei. Un espresso?
- Sì, un espresso

Si sedettero a uno dei “Vero Cafe” che ci sono a Ozas.
Una delle caratteristiche di questi bar è di impiegare ragazzi molto giovani, inesperti.
Infatti al banco vi era un ragazzo che probabilmente avrà avuto non più di venti anni. Era indaffarato a tagliare un pezzo di torta congelata.
Lui era maldestro e chiaramente denunciava un’incapacità totale.
L’operazione sembrava non finire mai.
Dovilė aveva di nuovo lo sguardo cupo e nessuna voglia di parlare. Impassibilmente guardava il ragazzo impegnato nel taglio del dolce, che sembrava mai riuscire.

- Io davvero non capisco perché mettono dei ragazzi così a servire al bar, perfettamente incapaci! – disse Dovilė uscendo dalla sua apatia
- Veramente snervante – ribadì Rūta ma contenta che alla fine Dovilė avesse rotto il silenzio

Finalmente il ragazzo riuscì a tagliare la torta, metterla in un piatto e portarla al tavolo al cliente.
Ordinarono i caffè e si sedettero in attesa che glielo portassero.
Per fortuna questa volta l’attesa non fu lunga.

- Forse io non sono fatta per la vita di coppia – esordì Dovilė che alla fine aveva voglia di aprirsi
- Che vuoi dire?
- Non trovo intesa con mio marito. Ormai non ci capiamo più. Eppure all’inizio andavamo d’accordo. Era un bell’amore…poi lui ha cominciato a bere…e da allora è stata una rovina
- Ma perché ha cominciato?
- Non so…ha detto che la vita con me era divenuta monotona…soprattutto a letto. A lui non basta il sesso vaginale…vorrebbe di più. Ma io non voglio fare sesso anale…sento male! E non riesco a mangiare il suo sperma quando lui viene in bocca, mi fa vomitare…forse per questo ha cercato un’altra donna

Rūta aveva sempre sospettato che quella potesse essere una delle cause. A lei Dovilė era sempre parsa frigida, poco propensa al sesso. Si era sempre chiesta come infatti suo marito potesse convivere con una donna così che sembrava amare tutto fuorché il sesso. Amava mangiare, bere, stare in compagnia di amiche per ore ma quando parlavano di sesso fra amiche lei trovava sempre cose negative.

- Io non posso baciare mio marito la mattina. Non ha un buon sapore la sua bocca la mattina – aveva detto una volta a casa di Jolita, ubriaca
- Ma come? – aveva risposto Rūta – E’ tuo marito. Se lo ami come non puoi baciarlo? Io se amo, amo tutto…
- Non posso Rūta . Io non posso davvero

Rūta tacque. Avrebbe voluto dirle che una donna deve concedersi in tutto. Non può limitare l’atto sessuale del marito, altrimenti, è chiaro, cercherà altre opportunità. Ma tacque. Non voleva rivelare la sua intimità a Dovilė.
Ma Dovilė quasi le avesse letto il pensiero le chiese:

- E tu? Come ti comporti tu con gli uomini? Non mi sembri come me…

Rūta si sentì imbarazzata.

- Non credo che un uomo vada limitato. Se lo ami puoi fare tutto per lui. Questo è quello che penso
- Allora tu mi dici che sbaglio?
- Ti dico com’è il mio punto di vista. Se ami puoi trovare piacere nel fare ciò che piace all’altro, perché diventi una cosa sola. Non sei più due entità separate. Se lui prova piacere anche tu provi piacere. Io non ho il tuo problema

- Allora…tu fai sesso anale…?
- Oh Dovilė!...
- Mangi il suo sperma?
- Oh Dieve!...sì faccio sesso anale e mangio il suo sperma!…vuoi sapere altro? Ma per me è un piacere perché do piacere a lui. Non lo sento come un nemico, un estraneo. Lo sento come parte di me. Dentro di me. Godo del suo piacere, del piacere che lui mi dà e io gli do…

- Non ti capisco…
- Non importa Dovilė…forse è ormai tardi. E’ tempo di chiamare un taxi e andare a casa. Questa conversazione mi imbarazza
- Atsiprašau[2] 

In quel momento il telefono di Dovilė suonò. Dovilė rispose e per un po’ non parlò. Poi prese a urlare.

- Che??? Tu mi chiami e mi dici che hai conosciuto un’altra e mi vuoi lasciare? Sei andato via di casa da tre giorni! Da tre giorni non ho più notizie di te…da tre giorni ti aspetto! E soffro come una pazza…e ora mi chiami per dirmi che hai conosciuto una che si chiama Inga e vuoi lasciarmi? Ma tu sei pazzo???
E le figlie? E me? – s i fermò, era livida, era chiaramente fuori di sé – ma che credi? Credi che anche io non troverò un cazzo migliore del tuo? O pensi che solo tu puoi trovare culi migliori del mio???

Dovilė urlava come una matta. La gente si fermava e ascoltava.
Rūta era diventata tutta rossa e tremava.
Non capiva più una parola di quello che diceva Dovilė che continuò a parlare al telefono per pochi secondi che a Rūta sembrarono attimi eterni.

Capì solo la frase con cui Dovilė chiuse la conversazione:

- Eik nachui![3]


[1] Vado a Oza. Anche io voglio essere felice
[2] Scusami
[3] Vaffanculo

Amazon:

Friday 26 January 2018

La letteratura lituana contemporanea - La difficolta' di imporsi in altre lingue



La difficolta’ in cui si dibatte la letteratura lituana, una letteratura tutto sommato giovane – nata dopo l’indipendenza dalla Russia del 1991, sembra la scarsa presenza in altre lingue dei suoi autori.
Si e’ scritto qualcosa sul soggetto, ma onestamente sembrano piu’ osservazioni che cercano di giustificare qualcosa che cerca di giustificare l’incapacita’ degli autori lituani di interessare all’estero.
Gli autori lituani piu’ noti e basilari, i classici, sono Ričardas Gavelis con il suo “Vilniuas pokeris” e Jurgis Kunčinas con il romanzo “Tula”, entrambi deceduti e che pubblicarono i loro libri simbolo alla fine dell’occupazione sovietica della Lituania.

C’e’ poi Ruta Sepetys che viene acclamata come scrittrice lituano-americana ma in realta’ e’ nata negli USA figlia di un rifugiato lituano. Ha scritto dei best seller in lingua inglese che parlano delle atrocita’ commesse dai sovietici in Lituania e paesi baltici.


Un’altra importante scrittrice lituana e’ Kristina Sabaliauskaitė con il suo “Silva rerum”, che pero’ non e’ stato tradottissimo all’estero, e che tuttavia (a nostro parere) e’ la scrittrice contemporanea con maggiori numeri per imporsi in campo estero.
Secondo i dati dell'Istituto di cultura lituano che promuove traduzioni in lingue straniere, il numero di traduzioni in altre lingue è comunque cresciuto costantemente negli ultimi quattro anni: nel 2014, 10 libri sono stati tradotti, nel 2017 – 33 libri. La maggior parte delle opere lituane sono tradotte in tedesco (49 traduzioni), oltre a traduzioni in russo (26), inglese (24), polacco (20).
Sempre secondo questi dati , dal 1990 l'autore lituano più letto è tuttavia Tomas Venclova - 38 dei suoi libri sono tradotti in 15 lingue.
Eugenijus Ališanka guida la categoria di poesia - 11 dei suoi libri sono disponibili in 6 lingue.
Si sostiene che la difficolta’ di esportare autori lituani sia legata a sistemi di distrubuzioni esteri complicati e troppo costosi da sostenere.

Vi e’ la rivista online e cartacea Vilnius Review (www.vilniusreview.com ) che pubblica in inglese estratti di narratori e poeti contemporanei lituani. Interviste, recensioni, articoli di varia natura.
Nel centro di Vilnius molto attiva la libreria Eureka (www.knygynas.biz) vicino alla piazza della cattedrale, che particolarmente si sforza di promuovere gli autori lituani gia’ tradotti in lingua inglese.

Insomma vi e’ complessivamente uno sforzo pianificato (ma non troppo pressante) che mira a esportare il genio letterario lituano all’estero, ma sembra piu’ a livello di marketing che di autori che abbiano uno status e un peso lettario tale da sapere imporsi al mercato estero (i.e. saper interessare le grandi case editrici di altri paesi).

Monday 22 January 2018

XIX Fiera internazionale del libro di Vilnius- La voglia di creare cultura in Lituania



Dal 22 febbraio al 25 febbraio, anno corrente, a Vilnius sara' la 19-oji tarptautinė Vilniaus knygų mugė, XIX Fiera internazionale del libro di Vilnius, la più grande fiera del libro della Lituania, un paese di nemmeno tre milioni di abitanti ma composto di forti lettori, dove leggere i libri è ancora di interesse, e dove lo stato ancora parla in termini di sostenere e promuovere la cultura.

Il titolo di quest'anno e' "Skaitau Lietuvą – skaitau pasaulį“ "Leggo la Lituania - leggo il mondo".
Sono attesi piu' di trenta ospiti stranieri da ben oltre dieci paesi.
In occasione del centenario della restaurazione dello stato lituano che si celebra quest'anno, molti ospiti provenienti da paesi che hanno appena celebrato o che celebreranno presto simili centenari arriveranno alla Fiera del libro di Vilnius.
L'Istituto di cultura lituano ha invitato al ciclo di incontri "Il nostro centenario" gli scrittori Nora Ikstena dalla Lettonia, Marijana Milčaka dalla Slovacchia, Jonáš Hájek dalla Repubblica ceca, Ilmar Taska dall'Estonia e Jerzy Illg dalla Polonia al ciclo di conversazione.
La casa editrice Homo Liber ha invitato il Premio della Letteratura dell'Unione Europea (2016): la scrittrice finlandese Selja Ahava.
Arriverà il noto regista, sceneggiatore e produttore estone Ilmar Taskas, famoso per il suo romanzo d'esordio "Pobeda 1946" sulla Tallinn del dopoguerra.
Molti scrittori e intellettuali polacchi visiteranno la Fiera del libro di Vilnius: J. Illg, Michał Rusinek, Wiesław Myśliwski, Krzysztof Zanussi.

Dal Regno Unito parteciperanno alle discussioni la giornalista britannica, figura pubblica di rilievo, collaboratrice della BBC Rosie Goldsmith, l'autrice britannica Evie Wyld, le scrittrici svedesi Lena Andersson e Sara Mannheimer.

Saranno presenti Alexander Von Schönburg, giornalista, ex editore di Frankfurter Allgemeine Zeitung, nonché redattore di Bild, autore di quattro best-seller. Anche il famoso politico, ex primo ministro belga, Guy Verhofstadt che presenterà il libro "The Last Chance for Europe".

La scrittrice, poetessa e saggista israeliana contemporanea Zeruya Shalev arriva in fiera su invito della Casa Editrice Sofoklis. È considerata uno dei migliori scrittori della sua generazione, famosa per il libro "Love Life" tradotto in 24 lingue.

Si aspettano anche scrittori dalla Spagna. Il campo culturale e letterario spagnolo e i suoi rapporti con l'Europa saranno presentati da Ignacio del Valle, Antonio Manuel Carrasco e Iván Vélez.

Alcuni dei ospiti della fiera di quest'anno provengono da paesi la cui letteratura e traduzioni non sono ancora ben note alla Lituania. Tra questi il poeta e traduttore iraniano Ali Abdollahi e il poeta e accademico dell'Oman Hilal al-Hajri.

Iris Hunscheid, dell'Associazione degli editori tedeschi e distributori di libri che rappresentano più di 500 singole librerie, parlerà di libri e della cultura del bookstore in Germania. Alan Staton, responsabile della comunicazione per l'Associazione dei distributori di libri nel Regno Unito, insieme a Jane Streeter, membro del consiglio di amministrazione della Federazione europea dei distributori di libri, discuterà delle iniziative degli editori di libri per promuovere la lettura.

Assenti gli Italiani.

EVENTO: 19-oji tarptautinė Vilniaus knygų mugė – XIX Fiera internazionale del libro di Vilnius
QUANDO: 22 febbraio al 25 febbraio 2018

DOVELITEXPO Laisvės pr. 5, LT-04215 Vilnius, Lithuania

Saturday 20 January 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" - La felicità è in qualche modo essere un cyborg?




Da due giorni su Vilnius nevicava senza sosta. Le strade, le piazze, i giardini, i tetti, gli alberi…e anche il cielo, tutto era bianco e gelido.
Eppure quel gelo non intristiva Diego anzi lo rallegrava. Gli dava la sensazione del vero inverno che mai aveva conosciuto a Parma. Lo motivava a scrivere la biografia.
Tutto quel bianco lo rassicurava e lo faceva sentire a casa.
Rūta ….oh come avrebbe potuto vivere senza di lei!
Rūta era l’inizio e la fine dei suoi giorni. Senza di lei non avrebbe avuto tutto quello che aveva ora, che era poco ma a lui pareva infinitamente tanto.
Dalla pittura era passato alla scrittura.
Grazie alla gelosia di Rūta aveva scoperto quel talento che portava in sé, nei suoi codici, senza saperlo.
Aveva cambiato il profilo Facebook. Vi aveva tolto “Pittore” e vi aveva scritto “Scrittore in esilio A Vilnius in cerca dell’identità di un popolo che ancora non abbia smarrito la sua”.
Camminava lungo Pilies gatvė, venendo da Rotušės Aikštė. Dopo l’ Istituto Culturale Francese la strada, alla fine di Didžioji gatvė nel punto in cui si connette a Pilies gatvė, diventa ripida. Quando nevica si forma uno strato di ghiaccio. Il pericolo è sempre di scivolare e rischiare di farsi male.
Diego era ormai cosciente di quel pericolo e di solito affrontava la discesa con cautela.
Quella mattina però era distratto dai pensieri della Vilnius innevata, della biografia e dal bisogno insaziabile di Rūta.
Vide con gli occhi la lastra di ghiaccio che si profilava davanti al piede destro ma rimase assorto nel suo mondo.
Sentì che emetteva un grido e cadeva a terra. D’istinto alzò la testa evitando di batterla e cercò di buttarsi di lato.
Non capì se il grido avesse preceduto o seguito la caduta.
Si ritrovò steso per terra circondato da un gruppetto di persone che erano accorse per il grido.

-         Viskas gerai, viskas gerai…ačiū, ačiū labai[1] – cominciò a dire meccanicamente mentre una mano lo aiutava a tirarsi su

I due movimenti (alzare la testa, buttarsi di lato) e essere vestito in modo pesante a causa del freddo (maglietta, maglia a collo alto, giacca e cappotto) gli avevano attutito la caduta. Sentiva solo dolore alla parte destra del fondo schiena (il lato su cui si era buttato). Il lato più scoperto (meno vestito) della sua persona.

Viskas gerai, viskas gerai…ačiū, ačiū labai – ripeté ancora alla gente che continuava a chiedergli qualcosa in lituano che lui non capiva.

- Viso gero[2] – salutò e riprese la strada

Forse era stato un po’ brusco con la gente che era accorsa in suo aiuto, ma che poteva fare? Parlava poco lituano. Non avrebbe saputo che dire.
Riprese a scendere con cautela scegliendo i passaggi dove era stato buttato il sale.
Ormai la libreria (knygynas) Vaga era in vista.
Piegò a destra, attraversò la strada e si diresse verso la porta di ingresso.
La libreria era divenuto il suo posto ideale dove andare a scrivere la mattina. Vi era tranquillità. Un ambiente internazionale. Sentiva spesso parlare tante lingue.
Soprattutto avevano musica rock, che a lui piaceva ascoltare in sottofondo mentre scriveva.
Vi avrebbe passato la mattina scrivendo come ormai faceva da tempo, dedicandosi alla biografia.
Leggermente zoppicante raggiunse la porta ed entrò.
Stava bene, ma era un po’ strano tutto.
Pensò fosse l’effetto della caduta. Pensò sarebbe stato meglio, presto. Alle una avrebbe incontrato Rūta per pranzo e già il pensiero di vederla lo riempiva di gioia.

- Sai Rūta da quando sono caduto stamattina sento che qualcosa è cambiato dentro di me ma non so che che…
- Ti sei fatto male?
- No, solo battuto il culo. Ma sto bene ora
- Ma come sei caduto?
- All’inizio di Pilies gatve, dopo l’Istituto di francese. C’era del ghiaccio, non l’avevo visto ho messo un piede sopra e sono volato per terra
- Mamma mia! Meno male che non ti sei fatto nulla

Il dialogo si svolgeva a Jurgis ir Drakonas una pizzeria in Pylimo gatvė all’ora di pranzo. Di solito andavano a Belgai ma quella volta Rūta aveva voluto cambiare. Voleva mangiare la pizza.

- Ma ti fa male la testa? Ha picchiato la testa?
- No…sono riuscito ad evitare di battere la testa. Solo un urlo e un grande tonfo agli intestini…e poi tutto bene…ma quel tonfo mi come messo sottosopra l’intestino. Ora non ho molta fame. Mi sento gonfio come un pallone. Eppure non ho mangiato quasi nulla per tutta la mattina. Solo due dei tuoi cornetti con un po’ di marmellata di avietės[3]. E poi la caduta…


Che fosse l’effetto della caduta?

Fu la mattina dopo la caduta.
Di solito la mattina faceva alcune posizioni dello Zhan Zhuang[4] che aveva imparato in Italia. Aveva problemi allo stomaco quella mattina e doveva spesso andare in bagno. Facendo Zhan Zhuang la situazione di solito migliorava. Il gonfiore sarebbe dovuto quasi scomparire o addirittura scomparire completamente e anche la diarrea.
Aveva lasciato acceso il telefono sulla RT International, la versione spagnola.
Sebbene di solito evitasse di percepire cose dall’esterno e si concentrasse normalmente sui movimenti minimi interni al corpo quella volta la sua attenzione fu còlta dall’intervista.
Stavano intervistando Moon Ribas. Un artista transumanista, cyborg. La prima cyborg del mondo che aveva un chip in un piede capace di sentire i movimenti sismici del mondo.
Il suo maestro di Zhan Zhuang gli aveva spesse volte ripetuto che se mentre faceva la “posizione dell’albero” aveva dei pensieri, non li sopprimesse ma li lasciasse passare attraverso.

- Io mi sento cyborg perché ho un nuovo modo di sentire, che amplifica la mia personalità. Avere questo chip mi permette di sentire i movimenti del pianeta. Il che mi conferisce una personalità altra da chi non può avvertire questi movimenti del pianeta. Io ho una capacità sensoriale che un essere normale non ha

Gli venne in mente che Rūta aveva una sensibilità non comune e che anche lui da dopo che viveva con Rūta, era innamorato di Rūta, viveva in un mondo ipersensoriale fatto di felicità e di tempo che passava velocissimo. Un mondo aperto solo a loro due, dove loro due si bastavano e non vi era necessità di null’altro.
Era un mondo fatto di necessità permanente di vedersi, di sentirsi, toccarsi, baciarsi. Di fastidio appena dovevano separarsi, dividersi. E quando la divisione avveniva subito urgeva il bisogno di incontrarsi.
Era un mondo che aveva creato una piccola frattura fra loro e le figlie di Rūta che avvertivano l’esclusività di sentimenti che legava la mamma a Diego. Erano divenute più egoiste, chiuse in se stesse come contrappasso quasi.
Non era un mondo perfetto la loro felicità. Era un mondo che si sottraeva a universi più vasti e che nel sottrarsi trovava ragione di sopravvivenza ma di felicità al medesimo tempo.
Un’isola di felicità come diceva Rūta.
Era quella la felicità?
Doveva parlare di quella felicità nella biografia?

Moon Ribas aveva detto che cyborg è innanzi la libertà di disegnare se stessi.
Nella biografia avrebbe disegnato Rūta e se stesso secondo una felicità che nasce dal corpo, come le vibrazioni che arrivavano a Ribas dal chip connesso a sismografi lui avrebbe connesso i loro corpi a una visione simmetrica dell’amore.
Da quella simmetria sarebbe dipeso il loro amore. Da una simmetria che si attua perché generata.
Quella caduta all’inizio di Pilies gatve, ora pensava, non era un caso.
Il caso non esiste.
Il caso è un invenzione dei greci per spiegare ciò che non sapevano spiegare.




[1] Tutto bene, tutto bene…grazie, grazie mille
[2] Arrivederci
[3] Lamponi
[4] E’ un metodo di allenamento basato su alcune posizioni fisse ma dinamiche, che servono ad accumulare energia e al rinnovo cellulare. Lo Zhan Zhuang implica lo stare fermo come un albero espandersi come un albero ma essere vivo come un albero accumulando energia

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Tuesday 16 January 2018

Isole di felicità - Laimės salos" - Premonizione di una distanza




- Sai, sono curiosa di sapere della tua biografia
- E perché?- Vorrei sapere come appaio, potrebbe aiutarmi a capire meglio
- Che?
- Chi sono, forse…
- Credi?
- Credo
- Ma ti ho detto che poi, alla lunga, i personaggi sfuggono di mano. Non è detto che lei sia tu…
- Lei chi?
- Austėja
- Si chiama così?
- Sì
- E sono io?
- Sei tu ma non sei tu…certamente il personaggio lo ispiri tu
- Ovvero?
- Tu ispiri ma poi Austėja vive di una sua indipendenza. Ha una sua propria direzione, sensibilità modo di ragionare…
- Come l’intelligenza artificiale?
- Taip…come l’intelligenza artificiale

Poi Diego si avvicinò e la baciò.

- Sai, ho immaginato una scena proprio qui a Belgai.

Belgai era un ristorante vicino alla stazione, in Rūdninkᶙ gatvė, nella sienamiestis[1], erano andati lì a pranzo lì perché da quelle parti c’era la siuvėja[2] di Rūta a cui avevano portato ad aggiustare delle giacche di Diego.

- Ma come puoi scrivere una mia biografia senza farmi domande?
- Posso
- Ma come?
- Tutti i giorni li condivido con te…vedo come parli pensi ti muovi…interpreto il tuo corpo, i tuoi sguardi, i tuoi gesti…i tuoi occhi…facciamo all’amore…ti sento…conosco il tuo corpo centimetro per centimetro…
- E ti piace?
- Tantissimo Rūta. Non ti cambierei con nessuna donna al mondo
- Ma perché non mi fai domande?
- Non ne ho bisogno. Tu mi hai raccontato tante cose di te…ho tanto materiale
- Difficile capire. Tu scrivi una biografia di me ma non sono io. Parli del mio corpo dei miei occhi dei miei sentimenti ma non sono io…com’è possibile?
- E’ possibile…ma poi non è veramente una biografia. E’ una descrizione in forma di biografia romanzata di come un amore si sviluppa, cresce e non muore. Voglio un finale positivo. Un finale dove l’amore non finisce ma continua…ma è strano…
- Che, strano?
- Che…in qualche modo quello che succede ora nella scena che ho immaginato qui prima di venirvi…tu me ne avevi parlato e io l’avevo visto solo da fuori…che quello che ho immaginato quando scrivevo ora in qualche modo si ripeta…stia accadendo
- Spiega meglio
- Mi sembra che senza un motivo preciso fra noi due sia nata una certa contrapposizione, no?
- Credi?
- Sì. Tu hai cominciato a fare domande in modo un po’ compulsivo…io forse non ho risposto secondo le tue aspettative e una certa distanza fra noi è nata
- Sì, anche io ho sentito nascere questa distanza. E’vero. Anche nel libro succede questo
- Sì
- E come ritornano a se stessi?
- Che vuoi dire?
- Come fanno la pace? Sì dice così?
- Sì, si dice così…in filobus
- Come?
- C’è gente, i loro corpi devono stare vicino. Fuori era molto freddo e Austėja tremava…allora lui si avvicina, il tepore dei corpi li riavvicina e la distanza svanisce. Svanisce davanti al calore del corpo e l’amore che si fa di nuovo strada evaporando la distanza. Il tepore è il veicolo dell’amore, il calore…
- Accadrà anche a noi, ora?
- Prendiamo il filobus? Fuori è freddo…kodel gi ne[3]?
-          Taip, mano meile[4]




[1]Centro storico
[2]Sarta
[3]Perché no?

Saturday 13 January 2018

Isole di felicità - Laimės salos" Inizio di una biografia - Connessioni e disconnessioni




Che stai scrivendo?
- Qualcosa sull’amore e la felicità
- Qualcosa sull’amore e la felicità?
-Sì
- Che è successo
- Come che è successo?
- Sì, voglio dire…eri triste silenzioso…inattivo…e ora vedo che tutti i giorni hai qualcosa da fare. Leggi, scrivi…sei in un mondo tutto tuo…mi ami ancora??
- Rūta…io ti amo, sono pazzo di te…ora ti amo più che due mesi fa quando ti ho conosciuto. E’ che questa biografia…
- Biografia?
- …non ti ho detto ma vorrei scrivere una biografia in diretta del nostro amore. Una biografia vissuta dall’interno mentre viene vissuto, giorno dopo giorno…non ho lavoro ma almeno ho idee. Oltre alla pittura mi è sempre piaciuto scrivere…
- Scriverai del nostro amore?
- Sì. Hai qualcosa in contrario?
- No. Puoi scrivere quello che vuoi…non mi vergogno del nostro amore
- Grazie…anche io
- Scriverai cose belle di me
- Le più belle amore mio, anche se…
- Anche se…?
- Anche se qualche volta i personaggi sfuggono di mano. Non sempre riesci a controllarli. E’ come creare un’intelligenza artificiale. La crei e poi va oltre quello per cui l’avevi programmata e non puoi controllare le sue decisioni, che alla fine diventano autonome e indipendenti dal programma con cui l’avevi creata
- E’ un po’ difficile per me capire, ma comunque va bene

In quel momento il telefono di Rūta suonò. Rūta rispose.

- Era la mia estetista – disse dopo aver risposto alla chiamata
- Andrai da lei?
- Sì, mi ha confermato l’appuntamento. Fra un’ora devo partire
- Andrai con il filobus o l’autobus?
- Prenderò l’autobus fino a Žaliasis tiltas e poi il filobus fino alla stazione
- E’ vicino alla stazione?
- Sì, abbastanza vicino
- Ti accompagno Rūta. Vengo con te fino a Žaliasis tiltas. Scenderò a quella dopo: Operos ir baleto teatras e di lì andrò a Gedimino prospektas 9, al caffè a scrivere. Non posso stare a casa senza di te

Uscirono insieme di casa. Aveva smesso di piovere. Il tempo era improvvisamente cambiato come spesso succede a Vilnius e splendeva qua e là il sole.

- Finalmente un po’ di sole Diego. Ti manca il sole dell’Italia?

Diego si tolse la sciarpa, aveva caldo ora.

- No, Rūta. Non mi manca niente di quel paese

Rūta dentro di sé provò felicità. Era felice che Diego si sentisse a casa sua, a Vilnius.


Mentre Diego era a Gedimino 9, all’ Hurácan caffè, Rūta lo chiamo al telefono.

- Diego, mi ha telefonato Giovanni un insegnante dell’istituto Culturale, dove andavo a lezione. Sono lui e Antonio. Tutt’e due insegnanti all’Istituto fanno una cena a casa di Giovanni. Facevano parte del gruppo che avevamo formato, sono soli. Hanno un po’ chiamato tutti ma sembra che questo venerdì sera nessuno sia libero. Sono abbastanza delusi. Ho detto loro che ora tu vivi con me e che tua madre è morta. Quando ho detto questo hanno detto che vogliono organizzare una cena per farti sentire meno triste. Andiamo?
- Tu vuoi andare Rūta?
- Sì, vorrei che tu li conoscessi. Sono bravi. Non sono i soliti italiani anche se Giovanni è di Napoli e Antonio di Palermo
- D’accordo Rūta, andiamo


Rūta in taxi non era felice. Sembrava distaccata e fredda.

- Che succede Rūta? Perché questo sguardo?
- Eri strano a cena
- Come strano?
- Parlavi solo con loro. Non mi guardavi mai
- Ma che dici?
- Sì, è la verità. Ti ho cercato con lo sguardo. Ma tu mai mi hai guardato
- Amore, mi parlavano. Mi raccontavano dei loro problemi in Italia…non mi pareva gentile non ascoltarli. Che potevo fare?
- Sì, lo so…ma loro parlavano solo con te. Io non capivo e mi sono annoiata. Tu avevi attenzione solo per loro e pensavo che fossi arrabbiato con me
- Ma no, Rūta, che dici? Arrabbiato con te? E perché avrei dovuto essere arrabbiato con te?
- Non lo so
- Ma erano così gentili come potevo non ascoltarli?
- Va bene…forse è il tuo comportamento quando sei con altri. Forse io non ti conosco quando sei con altri. Anche tu diventi un po’ un altro…

Diego tacque per un po’. Abbassò la testa e lo sguardo.
Forse Rūta aveva ragione. Forse diventava davvero un altro quando era con gli altri. Con Giovanni e Antonio si era risentito in Italia. Nemmeno gli pareva di essere in Lituania, a Vilnius.
E non gli era piaciuta quella sensazione. Non era stata colpa di Giovanni e Antonio. Erano stati molto gentili, non poteva dire niente del loro comportamento.
Era stato il suo comportamento?
Ma perché?

- Mi sono disconnesso Rūta
- Che?
- Credo che tu abbia ragione. Mi sono disconnesso e tu eri infelice per questo
- Non capisco Diego
- Rūta, la felicità è fatta di connessioni e disconnessioni. Io mi sono disconnesso da te. Tu sei la mia isola di felicità vivente. Insieme siamo una grande entropia. Costruiamo una grande simmetria di felicità. Quando uno si disconnette l’altro sente diminuire l’intensità dell’entropia. E tu sei infinitamente sensibile e subito hai avvertito questa disconnessione. Mi sono disconnesso da te e mi sono di nuovo connesso a quel mondo infelice da cui sono fuggito: l’Italia.
Per questo sono cambiato. Per questo sono divenuto un altro. Quello che ero in quel paese, quello che non volevo più essere

Rūta lo baciò, a lei gli uomini intelligenti erano sempre piaciuti. Appena incontrava un uomo intelligente si sentiva dominare e si bagnava fra le gambe.
Fra le gambe le si accese una vampata di caldo. Senza preavviso.
Doveva baciarlo.
- Noriu[1] - mormorò
______________________

[1] Voglio

"Isole di felicità - Laimės salos" Un matrimonio anticipato



I giorni passavano lenti in una Vilnius grigia e gelata. Diego era triste: la morte della madre e senza un lavoro, anche il padre all’ospedale più vicino a morire che a vivere e il fratello che lottava contro i medici che sospettava responsabili della morte della madre.

- Ieri l’altro papà stava bene. Scherzava con le infermiere anche se ogni tanto faceva discorsi strampalati. Ieri gli hanno cambiato il catetere. Incapaci! Oggi ha di nuovo l’infezione e senza dirmi nulla lo hanno legato al letto perché si agitava. Anche con mamma dopo una settimana che era ricoverata per un edema polmonare hanno scoperto all’ultimo giorno, prima che morisse, che aveva l’intestino perforato…chiederò la cartella clinica. Voglio denunciarli

La morte della madre e la malattia del padre aveva riavvicinato lui e suo fratello. Suo fratello era ancora l’unico che lo chiamava da quando viveva a Vilnius. Un po’ tutti erano scomparsi.

- Ora vedi chi è vero amico, chi ti ama e non… - gli diceva Rūta

In quei giorni per vivere doveva chiedere i soldi a Rūta e se ne sentiva umiliato ma a lei in nessun modo dispiaceva aiutare Diego.

- Quando ami qualcuno aiutarlo è una gioia. In nessun modo è una sofferenza o un sacrificio

E tuttavia la vita con Diego non era triste nonostante la sua tristezza. Lui continuava a portarle la colazione a letto a riempirla di baci e carezze.
Se stavano due ore senza vedersi subito lui le scriveva su whatsapp

- Già mi manchi. Non vedo l’ora di vederti

Dovettero anticipare la data delle nozze. Volevano sposarsi a maggio ma avrebbero dovuto anticipare la data al quindici marzo.

- Incredibile, non ci posso credere. Ho lavorato undici anni al ministero degli interni e non lo sapevo
- E’ sempre così Rūta, c’è una politica da giornali e TV e una politica reale. Quello che dicono in TV o sui giornali non è mai vero….cittadini europei, libertà di spostamento, lavoro europeo, diritti europei…e poi scopri che dopo tre mesi in Lituania, io cittadino italiano, devo prendere il permesso di soggiorno e dimostrare di avere un conto in banca per poter vivere qui…come un estracomunitario devo andare all’ufficio immigrazione…
- Va bene anticiperemo la data delle nozze, avremo più chances se sposati. Non dovrai dimostrare di avere un conto in banca…
- Lo spero…ieri ho conosciuto Lorenzo uno di Milano che vive a Vilnius da più di dieci anni e mi ha detto che lui ha il permesso a tempo indeterminato ma come tutti gli italiani residenti in Lituania non ha diritto alla carta di identità lituana e questo gli causa problemi con la sua ditta. Non può mettere la firma digitale che è obbligatoria su tutti i documenti. Così deve mandare a firmare tutto a sua moglie che è lituana…anche lui è arrabbiato con la politica a favore degli immigrati, a questi si riconoscono tutti i documenti, hanno diritto a una diaria…

Andarono così al Civilinės metrikacijos skyrius[1] di Vilnius.
I documenti di divorzio che Diego aveva fatto e l’apostille della questura di Parma andavano bene. Così non rimase che fissare la data del matrimonio.
La funzionaria propose il quindici marzo.
Diego aveva fretta a causa dell’ufficio immigrazione. Avrebbe avuto una lunga trafila: matrimonio, andare al comune di Vilnius con Rūta per prendere la residenza e poi all’ambasciata italiana per iscriversi all’AIRE, lo stato anagrafico dei cittadini italiani residenti all’estero. E poi all’ufficio immigrazione…prima di novanta giorni.

- Non è possibile prima Rūta? Non vorrei passare il termine…Se mi rimandano a casa, muoio senza di te. Non ho più nemmeno una casa a Parma. Che farei?
- No, Diego non è possibile. Deve passare un mese da dopo che abbiamo fissato la data. E comunque non ti preoccupare, non sarà tardi…sarà passato poco più di un mese e mezzo…



[1] Ufficio di stato civile

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Wednesday 10 January 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" Il ritorno di Diego e la fisica dell’immortalità





Diego ritornò. Come aveva promesso.
Ma Diego era cambiato. Non tanto verso Rūta ma verso la vita.

- Mi ami ancora Diego?
- Sì, Rūta. Ti amo tantissimo. Senza di te non so che farei, non so chi sarei…
- Ma ti vedo triste, amore mio…
- La morte di mia madre…onestamente non credevo…mi ha colto impreparato…mi sento disorientato. In vita con lei ho litigato spesso. L’ho trattata male. Era la persona che più mi rendeva nervoso…non aveva un carattere facile, non era una persona facile…ma il viaggio che abbiamo fatto insieme è stato lungo. E’ morta a novantasei anni
- Ma è normale che a novantasei anni si muoia, no?
- Sì, è normale ma…

I giorni passavano e Diego non sembrava più Diego. Era dimagrito, aveva una faccia spaurita. Sembrava più triste.
L’isola della loro felicità era rotta?
A Rūta sembrava che Diego perseguisse un’altra felicità che non era più della loro isola. Una felicità che Diego immaginava più grande.
Ma quale?

- Perché invecchiamo e moriamo Rūta? – le aveva chiesto una sera a cena
- Non so Diego. E’ così: si nasce e si muore…è la natura umana forse. E’ il mondo di cui facciamo parte. Forse in questo universo (o in questi universi) siamo veramente niente…
- Io non vorrei morire mai Rūta

Rūta sorrise. Le pareva un atteggiamento infantile quello di Diego e tuttavia lo accettava.

- …Io credo che un giorno sarà possibile essere immortali
- Come?
- Grazie alla scienza. Io credo che l'ingegneria genetica, la nanotecnologia e la tecnologia informatica trasformeranno la vita umana…grazie a queste scienze diverremo metà esseri umani e metà robot e allungheremo la vita. Forse un giorno sarà possibile trasferire l’intelligenza, la coscienza di un essere umano morente e continuare a farlo vivere in una macchina...

Rūta fu sorpresa di queste parole. Erano alla libreria Vaga di Pilies gatvė. Si erano seduti a un tavolo vicino alle grandi finestre che danno su Pilies gatvė e bevevano un cappuccino. Un sabato mattina presto. Verso otto del mattino. La libreria apriva, a parte la domenica, la mattina alle sette.
Era febbraio e la temperatura si manteneva sui -6.
Diego la notte non aveva dormito. Alle cinque e trenta del mattino si era alzato. Aveva fatto un caffè e riempito di marmellata dei cornetti che Rūta aveva preparato la sera prima. Poi con un piccolo vassoio aveva servito la colazione a letto a Rūta.
Quelle attenzioni riempivano di gioia Rūta, che regalò un largo sorriso a Diego.
Mentre sorseggiavano il caffè Diego le aveva detto:

- Rūta perché non andiamo in quella libreria dove abbiamo bevuto il nostro primo cappuccino insieme quando ci siamo conosciuti e abbiamo parlato del nostro futuro insieme?
- Ora?
- Sì, ora…ti prego

Poi mentre sedevano al tavolo della libreria Vaga, dal cappotto di Diego era caduto un libro in inglese.
Rūta fece in tempo di leggere il titolo “The physics of immortality”.

- Che leggi Diego?
- Un libro molto interessante. Parla di fisica quantistica e immortalità…. Io credo che un giorno sarà possibile essere immortali

- Credi che sarà una bella cosa vivere in una macchina Diego?
- Non so Io Rūta, davvero non lo so…ma almeno ora avrei potuto continuare a comunicare con mia madre. Non sarebbe definitivamente scomparsa. Ora in nessun modo vi è più…se fosse stato possibile sarebbe stata una gioia artificiale ma sempre una gioia, non credi?
- Credo


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Tuesday 9 January 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" Un presentimento inquietante come un parassita invisibile





La domenica sera Rūta era raggiante. Essere con Diego era divenuto lo scopo della sua vita.

- Tu sei la mia droga. La droga della mia vita – ripeteva a Diego – non sai quanto sono dipendente da te. Senza di te non esisto

Diego la guardava sorpreso.

- Da dopo che viviamo insieme sei diventata più bella. In effetti devo essere una bella droga – le rispondeva Diego sorridendo
Quella domenica sera la felicità di Rūta aveva toccato un picco altissimo. E tuttavia sentiva una inquietudine che non sapeva definire.
Erano andati al cinema, lei, Rebeka e Diego.
Goda si era rifiutata.

- Sono grande ormai. Non ho più bisogno di vedere cartoon

Goda stava attraversando un periodo egoista. Era sempre più simile a un piccolo animalino volitivo caratterizzato da intermittenti noriu[1] e nenoriu[2] .

- Mi tratta come una servante

- Serva – correggeva Diego

- Non è mai contenta. Non fa nulla di quello che le dico. Dopo una settimana di vacanze (sono troppe queste vacanze!) non ha fatto nulla. Sempre sul divano a giocare con la planšetė. Non si lava. Non si fa da mangiare. Non lava i piatti anche se glielo chiedo ogni giorno….
Erano andati al film delle 18, al centro commerciale di Oza. Davano Koko un cartoon della Disney.
Rūta l’ultima volta che era andata al cinema con le figlie si era addormentata.
Diego confessò a Rūta che a lui i cartoon non piacevano.

- Non mi piacciono i cartoni animati ma credo che almeno Rebeka debba uscire di casa. Se Goda non vuole va bene. Sua decisione. Ma Rebeka vuole andarci…dobbiamo portarcela

Poi il cartoon aveva finito per affascinare tutt’ e tre.
Era la fantastica storia di Miguel un ragazzino messicano talentuoso cantante e chitarrista che compie un viaggio nel mondo dei morti per scoprire un omicidio e un inganno commesso da un famoso cantante messicano, Ernesto de La Cruz.
Quel viaggio nel mondo dei morti compiuto da Miguel nel Dìa de los muertosera stata la causa della inquietudine di Rūta.
Era un cartoon, era ovvio, un bellissimo cartoon, che alla fine l’aveva pure fatta piangere. Ma quel viaggio nel mondo dei morti onorati con la vita, il cibo e i ricordi di quando erano vivi e soprattutto con la musica i balli e i canti era stato come un parassita quasi invisibile che si attaccasse alla pelle e cominciasse a succhiare il sangue in modo inavvertito .

- Come sei bella Rūta! – le aveva detto Diego usciti dalla sala del film – non ti avevo mai visto con occhi così pieni di gioia come stasera

E aveva ragione Diego. Si sentiva bene. Stava bene. Si sentiva raggiante eppure…quel piccolo parassita non la mollava. Si ingrossava, lo percepiva dentro ingrossarsi.

- Che è successo?
- Mio fratello
- Che è successo?
- Mia madre stanotte è morta

A Rūta si fermò il respiro.
Ritornati a casa avevano cenato e poi erano andati a letto.
Rūta aveva dentro quel presentimento che l’aveva accompagnata mentre prendeva sonno.
Fu risvegliata dalla voce di Diego che parlava al telefono.

- Piangi?

Diego non rispose.
Rūta sentì dall’altra parte del telefono che anche il fratello piangeva.

- Che è successo? – chiese Rūta
L’idea che Diego dovesse partire e ritornare in Italia la fece tremare. Scoppiò a piangere anche lei.

- Perché piangi? E’ morta mia madre non tua madre – reagì stupidamente Diego
- Ho paura che se vai in Italia per il funerale non tornerai più. Mi lascerai sola…io morirò senza di te
- Ma che dici? Io voglio ritornare. Non posso più vivere senza di te anch’io
- Ho paura Diego. Ho paura che se te ne vai, non ti rivedrò mai più
- Ma non pensare questo. Se io dico una cosa la mantengo. Non mi credi?
- Ti credo, ma ho paura. Tu sei la mia droga Diego. Morirò senza di te

La mattina dopo alle 4 Diego prese un taxi per andare all’aeroporto.
Rūta rimase sola in casa ad ascoltare il suono delle parole di Diego che si era lasciato dietro e a cercare di ricordare il suo odore.

- Solo ora Rūta capisco il peso di quelle parole con cui inizia “L'Étranger” di Camus: Aujourd'hui, maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas. Hanno la forza di un pugno in faccia, che ti coglie impreparato, con la difesa abbassata. All’improvviso. E quasi rasenti l’indifferenza perché non ti aspettavi nulla di simile…E’morta con dignità Rūta, come vorrei morire io. Come forse era morta la madre di Camus…è morta lentamente, scivolando via dalla vita alla morte. Sottraendosi alla vita senza aver coscienza della morte. Era piena di morfina e questo l’ha aiutata a avere dignità…

Rūta ricordò quelle parole e scoppiò in un pianto dirotto. Diego aveva detto che sarebbe ritornato presto. Ma lei aveva paura. Anche il padre era all’ospedale e sarebbe potuto morire da un momento all’altro.
Poteva vivere un giorno come un mese. Se fosse morto mentre Diego era lì, chissà quando sarebbe ritornato…

[1]Voglio
[2] Non voglio

Aboding monsters

being by faith forgotten being in sin befallen the same man has gotten from innocence swollen raised and delv'd his night high monsters ...