È difficile stabilire quello che Dio scrive sulle righe storte, quello che sta alla base dei nostri apparenti frutti. Talora miseri, talora fuorvianti, ma in realtà rilettono una nostra innata certezza a cui siamo diretti, che porta al finale di nostra vita.
Per vivere - il padre professore che finora lo aveva sostenuto era nel frattempo morto per infarto - Giorgio trovò lavoro in una scuola d’Italiano, nel centro di Firenze, nella zona oltre Arno - dopo Ponte Vecchio: in Via de’ Bardi. Proprio sotto il bellissimo giardino Bardini.
Insegnava italiano agli stranieri.
Lo aiutò a trovare quel lavoro un amico di famiglia. Un famoso pittore fiorentino, ma nato a Parigi e di origine napoletana, a cui la direttrice della scuola doveva qualche favore. Famoso per dipingere il Duomo di Firenze.
All’inizio il lavoro gli piaceva. La scuola si trovava in una bella parte di Firenze, quieta; che conservava ancora quella atmosfera d’inizio secolo che si respira nelle Sorelle Materassi di Palazzeschi.
Insegnava a ragazzi giovani. Ragazze bellissime soprattutto, che divennero il male suo, degli anni a seguire.
Giorgio era un bel ragazzo. Le donne non nascondevano di volerlo e gli si offrivano con facilità.
All’inizio per il fatto di essere sposato cercò di resistere a quelle tentazioni a cui era difficile resistere alla sua età: tette, culi, gambe, scollature, carnagioni, labbra, occhi, odori, sudore, animalità lucida e provocante che aveva nelle narici e sotto gli occhi ogni giorno dalle 9 della mattina fino alle 13.
Una tortura penetrante.
Soprattutto difficili erano i mesi estivi in cui la carnalità dei corpi femminili era un’ esposizione continua, intensa e penetrante, un olore che metteva a dura prova la volontà di Giorgio.
I primi anni trovava piacere a insegnare e vi metteva molto impegno, ma poi d’un tratto, come spesso gli capitò nella vita, si rese conto che quel lavoro era di completa stupidità, per persone tiepide che non vogliono crescere, e che continuava a farlo per due motivi sostanzialmente. Scopava molto ed era così ignavo da non provare a cercarne un altro. Anche lui in fin dei conti non voleva crescere.
Dapprima si era, diciamo, mantenuto sulle sue. Aveva cercato di sottrarsi alle offerte talora veramente sfacciate di certe ragazze - ma poi aveva ceduto.
Quando sua moglie era rimasta incinta di Silvia, Giorgio amava sua moglie. L’amava sinceramente. Ma dopo la nascita di Silvia, Marta, la moglie, cambiò. Se prima con lui era dolce, docile e disponibile, dopo il parto divenne scostante, fredda, dura.
All’inizio Giorgio non sapeva spiegarsi questo cambiamento, ma poi capì.
L’obiettivo di Marta era quello di avere un figlio. E cosí l’aveva ottenuto. Ora non aveva più bisogno di lui.
Dura verità - ma verità.
Giorgio era così innamorato di Silvia che accettò anche quella situazione, benché gli pesasse.
Vivere con Marta divenne un vivere come perennemente separati.
Lei non parlava quasi mai con lui. E se ci parlava usava sempre brutte parole. Non gli faceva mai un complimento. A scuola le donne impazzivano per Giorgio e lei mai un complimento. Mai lo abbracciava. Mai una parola dolce e di amore.
Arrivò a sospettare che Marta fosse gelosa di avere un marito bello e lo odiasse per quello.
Marta in effetti non era molto bella. E Giorgio era stato attratto invece dalla sua aria dimessa, umile, un po’ da cane bastonato.
Giorgio, quando conobbe Marta, era sotto l’agenzia di un’altra di quelle proiezioni sul mondo che gli avrebbero fatto perdere la direzione molte volte e ripetutamente.
Era allora imbevuto di tutte le idee buddiste, in particolare quella sulla karuṇā - la compassione buddista.
La karuṇā viene spiegata dai buddisti come un sincero desiderio di alleviare la sofferenza altrui. Un sentimento di dispiacere per qualcuno - per cui ci sente attivamente ed empaticamente disposti all’altro. Una risposta attiva e non passiva che si manifesta attraverso l’aiutare gli altri in modi tangibili. Ascoltare in profondità il dolore dell’altro. Essere disponibili a dare il proprio aiuto con pazienza e in modo giudizioso all’altro.
E Giorgio sentiva che se avesse dimostrato karuṇā verso Marta avrebbe potuto interrompere i cicli della sofferenza di lei e il suo ciclo di karma negativo.
Questa sua proiezione lo portò naturalmente ad innamorarsi della persona sbagliata.
Talora, a causa di quel mondo nuovo fatto di culi, tette, bocche, umori, sguardi, struggimento e languidità e tutto ciò che in più lo coinvolgeva, Giorgio cominciò a percepire la nuova realtà come un' inclusione potente, dinamica, violenta talora, ma irresistibile e affascinante dei mostri della notte nella sua vita.
Questo mondo già aveva fatto progressi nella vita di Giorgio a causa della relazione ormai irrimedibilmente compromessa con Marta.
In casa la vita era un inferno. Liti continue. Offese. Giorni senza parlarsi. Non vi era gioia in quella casa.
E Silvia ormai dodicenne ne soffriva molto. Anche Claudia, che era nata da un paio di anni, soffriva.
(Su Claudia bisognerà aprire un capitolo a parte, perché la sua nascita è l'amore di Giorgio per Claudia seminò un seme oscuro – oscuro perché Giorgio ne ebbe coscienza verso la fine della sua vita – che sarebbe sbocciato molto più tardi e avrebbe creato un altro solco fra Silvia e Giorgio).
Una cosa che l’uomo moderno (e Giorgio anche - se non fosse stato per l’animo di poeta che in lui viveva) ha perso è la capacità di leggere i segni del soprannaturale nel saeculum. Questo a causa di tanti motivi. Ma ci piace, e in questo riportiamo l'opinione di Giorgio, riportarne due: il nihilismo, che ha accecato l'uomo rispetto al soprannaturale, e lo scientismo che lo ha definitivamente perso in un mondo materiale e senza spirito.
Nietzsche ha proclamato che Dio è morto, ma Dio non è mai morto, è morto semmai l'uomo che aveva conosciuto il Dio rivelato.
Ebbe altri amori?
Sì, negli anni si innamorò varie volte. Quanti nomi potremmo ricordare, e ogni nome un paese diverso, ma era una catena, invisibile allora che lo portava alla fine all’amore finale.
E quello fu quando incontrò l’angelo custode.
Sempre accanto tu - mi sei
stata
E cosí leggera sei passata
E non so se ti ho conosciuta
Ma amo la tua ultima parola
Amo il tuo orgoglio di essere
Il tuo esister quasi perfetto
Con te ho imparato la vita
Attraversare leggero lieve
Moderato non marcato andare
Il tuo corpo unico ad amare
Il tuo nel mio cresciuto insieme
Non so più quale amor ci tiene
È un amor sublime - divino
E se gli occhi guardo lontano
Lì vive uno star sovrumano.
Come diceva Eraclito εἶναι γὰρ καὶ ἐνταῦθα θεούς - anche qui in questo mondo abitano gli dèi. La sua dea, che capí essere il suo angelo custode che sempre aveva cercato e mai incontrato, capì essere quella donna, l’ultima donna della sua vita, l’angelo custode che gli era stato assegnato per concludere la vita su questa terra.
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