
Tante cose lo disturbavano della società italiana.
Soprattutto, poiché all’epoca frequentava il mondo universitario, era il chiudersi a riccio del mondo accademico, fino a rasentare l’ottusità.
E quando cominciò a leggere quel libro e lesse quella frase fu fulminato dall’aria nuova che avrebbe respirato in quelle pagine. L’accademico, lo specialista “a furia di assottigliare sempre più la sua area di ricerca, finisce col sapere tutto su nulla”.
Già a Pisa con il professor Poggi si era reso conto come certi specialisti, come lui, si siano talmente specializzati da non consentire a se stessi di pensare oltre quello che la loro fede nel proprio metodo gli consenta. Un fede solo di parte, non critica, che gli impedisce di pensare qualsiasi altro metodo, che non sia il loro, anche se quello palesa in modo fin troppo evidente di poter dimostrare verità innegabili.
In fondo quel mondo accademico non era così poi distante dal mondo rappresentato dal famoso medico aristotelico che portato davanti all'accurata dissezione dell'anatomico che mostrava chiaramente come i nervi originano dal cervello e dal midollo spinale, disse: voi mi avete fatto vedere questa cosa talmente aperta e sensata, che quando il testo di Aristotile non fusse contrario, che apertamente dice i nervi nascer dal cuore, bisognerebbe per forza confessarla per vera.
La linguisitica aveva sempre bisogno di un positum per iniziare il propio ragionamento, e su quel positum costruiva le sue architetture che talora diventavano gioco di abile virtuosismo destinato a moltipicarsi per attestare il proprio progresso. Cosi la linguistica storica, che l’aveva fin lí affascinato, finiva per addentrarsi in perversi labirinti di echi e di suoni ipotizzati, senza che l’Indoeuropeo accennasse a essere una lingua reale.
Come diceva il professore si era passati da ipotizzare *avis "uccello" ad *owis, e poi ancora al posto di *owis l’attuale *h3 éwis quindi al posto di * varna “lana” si volle *wlna e quindi si fu propensi per *wlH2neH2 .
Il professor Semerano, seppur conosciuta la sua opera in un momento in cui aveva abbandonato la linguistica per il domandare metafisico, gli confermava che il suo abbandono era stato necessario.
Leggere I libri di Semerano acuí la distanza che nasceva fra lui e il mondo accademico. Curiosamente più si distanziava da quel mondo meno diventava timido.
Si sentiva di pari passo liberare da retaggi, da lasciti che da sempre gli avevano impedito di essere quello che avrebbe voluto essere.
Che fu il male della sua vita.
Larvatus prodeo, di Cartesio, poteva essere il motto della sua vita.
Era un fatto curioso che le due cose fossero collegate. Curioso ma non infondato.
Gli ci sarebbero voluti anni, decine di anni fino al giorno in cui volendo capire il perché di quel larvatus prodeo, il demone della sua vita, scandagliò a lungo dentro di sé fino a che un’immagine gli si parò innanzi, come la matrice di tutto.
Un bambino in braccio a una madre.
Un bambino vestito da bambina per Carnevale in braccio a sua madre
Un bambino rosso per la vergogna per essere vestito come una bambina ma che accettava quel travestimento per stare in seno a sua madre e respirare il profumo del suo petto che gli dava sicurezza e amore in cambio.
Una madre che voleva una bambina e invece era nato lui, il bambino con una testolina bionda e capelli ricci.
Così gli aveva lasciato i biondi capelli, lunghi con i riccioli d’oro e lo vestiva da bambina a Carnevale per vedere quella bambina che avrebbo voluto tanto ma non aveva avuto. E per la quale, convinta com’era di avere una femmina, aveva anche già scelto il nome: Fabrizia.
Lì, era tutto cominciato. Lì, aveva cominciato ad accettare di essere quello che in realtà non era e per tutta la sua vita larvatus prodiit.
Ma questo appunto lo capì molto più tardi - quando cominciò a capire come le ideologie sono idee nate e imposte al pensiero comune e globale che falsificano la realtà e sono dure a morire perché divengono i fondamenti della menzogna di chi le detiene e ne deriva privilegi e potere.
Così come Semerano che combatteva l’ideologia germanica che aveva plasmato il concetto di Indo-germanico prima e di Indoeuropeo poi (anche le ideologie devono democratizzarsi nel tempo) contro i professori universitari che difendevano idee errate sulla linguistica per difendere i privilegi e l’autorità delle loro cattedre che si fondavano su un’ideologia imperante e globale – così anche l’idea della madre, in privato, si era imposta all’Io di un piccolo bambino procurandogli, magari al di là delle intenzioni della madre, un disagio che lo avrebbe condizionato per decine di anni solo in virtù del potere che aveva la madre di dare sicurezza e protezione al piccolo bambino.
E forse proprio dalla linguististica era cominciato sotterraneamente un processo di analisi del mondo esteriore che si sarebbe poi riversato anche nel suo mondo interiore.
E Semerano fu il motore di quel movimento di ricerca, che all’inizio, a Pisa, era solo un disagio personale.
La linguistica agì come un fiume carsico che scorse sotterraneo sotto la superficie in cui si muoveva invece la filosofia per poi sfociare e ritornare in superficie e scorrere nella luce della filosofia sul finire della sua vita,
Fu portato a casa di Semerano da una critica della letteratura italiana di Lucca che aveva conosciuto tramite un suo amico poeta fiorentino andando alle presentazioni dei suoi libri.
La casa di Semerano era grande con grandi vetrate eppure forse per l’ampiezza delle stanze regnava un po’ di penombra.
Li ricevette nella sua immensa biblioteca.
Vedi giovane amico, io credo di aver fatto delle grandi scoperte, ma sono isolato. Non faccio parte del mondo accademico. Se ho avuto qualche riconoscimento l’ho avuto ma non dal mondo della linguistica comparativa che fa di tutto per escludermi. Addirittura vorrebbero impedirmi l’ingresso a certe biblioteche…
Stia attento professore, il nostro giovane amico ha un padre che è professore di sanscrito all’università di Pisa – intervenne la Carleschi, la critica che lo aveva accompagnato da Semerano.
Davvero? E come si chiama suo padre?
Saverio Santi.
Ma lo conosco perdinci! Ho letto I suoi libri sul Mahābhārata. Molto belli. Ma insegna ancora Suo padre? Dovrebbe essere più giovane di me di qualche anno…
No, è andato in pensione. Dopo la morte del professor Mazzarroni, l’istituto di Glottologia non era più lo stesso. Non vi si trovava più. Era un altro mondo. Chiuso, poco propenso alle innovazione come quando vi era il professor Mazzarroni…e così è andato in prepensionamento.
Oh, lo capisco. Lo capisco. Ma almeno Suo padre ha capito e si è fatto da parte. Qui a Firenze vi sono dei dinosauri che mai muoiono e anche se in pensione conntinuano a comandare su chi debba andare in cattedra o meno…
Ma professore, volevo chiederLe - chiese Giorgio - ma Lei è proprio solo? Non ha nemmeno un allievo, un discepolo?
Sì, in verità ne ho uno.
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