Saturday 11 March 2023

Mesco all’opra vostra il canto mio (i mali dell'Italia visti da Giacomo Leopardi nei suoi canti)

 
















Negli ultimi giorni spinto da eventi di ricerca per scrivere una nuova storia mi sono imbattuto in Giacomo Leopardi, poeta, come per molti, amato in gioventù. Ed in effetti ammetto che quando avevo diciotto anni Leopardi riempiva la mia vita. Era la mia lettura preferita. Poi ci si distacca, spesso succede, ma spesso succede che alla fine della vita si ritorni proprio a quei temi che hanno animato la gioventù e su cui ci siamo formati.
E il ritorno è stato però al contrario della giovineza a quei poemi che in gioventù meno mi avevano affascinato, le cosiddette "liriche civili".
Vivendo all'estero ho potuto focalizzare l'Italia dall'esterno, mentre prima vivendo al suo interno  riuscivo solo a intuire le cose che mi sembravano illogiche e soprattutto grottesche.
E l'Italia è un paese illogico e grottesco fondamentalmente.
Il popolo italiano vive in un torpore, "sopore" come lo chiama Leopardi che viziato dal troppo benessere  lo rende imbelle accidioso e ignavo e senza sangue nelle vene.
In questa poema, Leopardi bene anticipava quasi due secoli fa gli stessi mali che affliggono il popolo iatliano nel XXI secolo. Io  mi sono limitato a sottolinearli.

Già Leopardi si lamentava di un tratto caratteristico dello spirito italiano, il torpore della mente, per cui si preferisce vivere nello stato in cui si è senza mai arrischiare a mettersi in gioco per cambiare le sorti dello stato in cui ci si trova, ignavi e assopiti.

Perché le nostre genti
pace sotto le bianche ali raccolga,
non fien da’ lacci sciolte
dell’antico sopor l’itale menti
[1]

L'Italia vive della grandezza del proprio passato ma solo di riflesso, senza mai misurarsi con gli esempi della sua grandezza passata per scotersi da quel torpore che annulla la coscienza di un popolo intero.


Perché le nostre genti
pace sotto le bianche ali raccolga,
non fien da’ lacci sciolte
dell’antico sopor l’itale menti
s’ai patrii esempi della prisca etade
questa terra fatal non si rivolga.

Il popolo italiano nel suo torpore, nella sua ignavia, è grottesco. L'esempio ne sia Firenze, città onorata nel mondo intero a causa Dante ma al quale nemmeno ha offerto sepoltura, lo ha costretto all'esilio e a essere tumulato in altra terra che quella fiorentina,

Ed, oh vergogna! udia
che non che il cener freddo e l’ossa nude
giaccian esuli ancora
dopo il funereo dì sott’altro suolo,
ma non sorgea dentro a tue mura un sasso,
Firenze, a quello per la cui virtude
tutto il mondo t’onora.


Ma l'Italia sempre grottescamente è un paese che non è padrone di se stesso, dalla caduta dell'impero romano in poi è sempre stata nelle mani di popoli altri che la comandano e lei ubbisce prona. Da Dante alla situazione attuale nulla è cambiato. Allora era colonia essposta al dominio di altri popoli ed oggi è colonia  soggetta a poteri extraterritoriali ugualmente

Beato te [Dante Alighieri] che il fato
a viver non dannò fra tanto orrore;
che non vedesti in braccio
l’itala moglie a barbaro soldato;

Non molto è cambiato, allora come ora è sempre una classe politica traditrice del proprio popolo e del proprio paese, pronta a soddisfare i padroni che si trovano fuori dell'Italia stessa, la rovina dell'Italia.

pugnò, cadde gran parte anche di noi:
ma per la moribonda
Italia no; per li tiranni suoi.

E i migliori, quelli che hanno il coraggio e il sangue, muoiono fuori d'Italia, esuli dalla propria patria, come Dante. L'Italia mai ama i suoi figli migliori, che li sacrifica sempre al volere dello straniero che comanda in casa nostra. Anche in questo è un paese grottesco

Morian per le rutene
squallide piagge, ahi d’altra morte degni,
gl’itali prodi

E il finale della canzone leopardiana incolla l'Italia al suo destino di estinzione a cui sta progressivamente soccombendo, non vi è futuro per una società corrotta e paurosa e senza sangue nelle vene, senza il sangue che l'ha fatta grande che ormai non scorre più nel popolo presente

questa [l'Italia] d’animi eccelsi altrice e scola:
se di codardi è stanza,
meglio l’è rimaner vedova e sola.



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[1] SOPRA IL MONUMENTO DI DANTE CHE SI PREPARAVA IN FIRENZE


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