Sunday 16 October 2022

Studiare le lingue insegna a resistere alla follia che domina il mondo

 



Questo brano è preso dal mio testo "A New Normal" che parla della cosiddetta pandemia e dei suoi effetti sulla vita e ha finora coperto l'arco di tempo che va dal 2020 al 2022 (inizio anno). Mi sono al momento arenato perché gli avvenimenti del mondo reale hanno preso uno sviluppo ad una velocità talmente ineguagliabile che mi ha provocato uno stallo nello scrivere questo testo. Nel frattempo ho cominciato a scrivere un nuovo testo "Essere mio padre".                                                                  Come sempre devo compiere una swerve per poi ritornare al punto di partenza con una nuova visione.

Cresceva forte il bisogno di una pausa dalla narrativa della follia che ormai riempiva ogni attimo di vita, ogni minuto di vita. Soffocava.

Ormai si parlava solo di virus, varianti e vaccini.

Lo coglieva il senso di vomito ogni volta che apriva Telegram e leggeva. Era pieno di gruppi e canali privati che parlavano solo di quello. E sempre in termini negativi e catastrofici, la stragrande maggioranza. Deprimevano e demoralizzavano.

Doveva pensare ad altro, altro che non fosse quello di cui tutto il mondo parlava da due anni.

Quasi senza accorgesene ritornò ad uno degli amori della sua gioventù. La linguistica.

Quasi per caso prese ad appassionarsi ad uno degli argomenti più complessi e più difficili da apprendere: le forme participiali in lituano.

Lo avevano fatto penare costruzioni del tipo

Valgant Karina Štolovski papasakojo, kad savaitgalį ją aplankysią tėvai.

Quando aveva iniziato a studiare il lituano aveva imparato che è la desinenza che marca l’accusativo singolare femminile dei nomi e pronomi, come in “lei“, accusativo singolare femminile, quindi di primo acchito si pensa che aplankysią sia un accusativo singolare femminile riferito a anche data la contiguità all’interno della frase, ma non è così. Aplankysią è un participio futuro, ed è esattamente il nominativo plurale maschile del participio futuro che termina in – ą e quindi si accorda con tevai, genitori, maschile plurale..

Per cui la traduzione diveniva la seguente

Mentre mangiava (valgant) Karina Štolovski disse (papasakojo) che durante il fine settimana (savaitgalį) i genitori (tevai) l‘ (ją) avrebbero visitata (aplankysią).

Roba da spaccare la testa. Ma lui la trovava affascinante.

Si immerse allora in studi specialistici sul participio lituano e non contento anche sui verbi causativi in lituano. Ovviamente dal lituano al sanscrito, due lingue, impressionantemente uguali, il salto è presto fatto. Aveva studiato il sanscrito e il tamil all‘università a Pisa, a quello che allora si chiamava “Istituto di Glottologia“. Entrambe le lingue le aveva poi dimenticate, per un semplice motivo, a parte la letteratura vedica che trovava interessante, ma solo gli inni cosmogonici a dire il vero, la letteratura e la filosofia indiana le aveva trovate noiosissime, come pure la letteratura tamil, che era alla fine una scopiazzatura di quella classica sanscrita. E perciò aveva abbandonato le due lingue.

Ma ora era il momento di riprendere quegli studi. L‘isolamento in cui viveva gli diceva di cercare altre strade che non fossero quelle del covid e dei vaccini.

Anche in sanscrito, vi era un lato “participiale“ affascinate, sebbene non complesso come quello lituano.

Prendi per esempio la frase

Mantribhir militvā Damayantī vijñaptā

Di quella frase lo colpiva come fosse interamente costruita, senza un verbo di forma finita, su un gerundivo (militvā), in sanscrito indeclinabile, e un participio passato (vijñaptā) accordato al soggetto (Damayantī) di una frase di senso passivo

Dai ministri (Mantribhir), dopo che si furono radunati (militvā), Damayantī fu informata (vijñaptā).

Questi erano i giorni, questa era la sua guerra asimmetrica, resistere e rifiutate il mondo folle che da fuori aggrediva, in modo massiccio. Anche questa era una forma di resistenza.

Ogni suo atto quotidiano era resistenza. Prendere un fucile, una rivolta armata, poteva essere il picco della resistenza, ma per fare quello si deve essere in tanti ed organizzati, addestrati e finanziati.

Da solo, isolato, che poteva fare? Gli rimaneva la preghiera che avrebbe scardinato quel mondo fuori, la volontà di sottrarsi e di non riconoscere il sistema. Era stato con la febbre, era stato male in modo grave, aveva sofferto. Non aveva fatto il tampone, se lo avesse fatto di sicuro sarebbe stato positivo al covid e una volta guarito gli avrebbero concesso il green pass, che in Lituania chiamavano galymibių pasas, il passaporto delle opportunità. Ma quali opportunità? L’opportunità di obbedire a Loro? Di essere il Loro schiavo? Aveva rifiutato la Loro narrativa, rifiutando un’opportunità da Loro concessa.

Ogni suo atto quotidiano era una testimonianza di quella guerra asimmetrica, in cui lo scopo principale non era al momento la vittoria, ma ingaggiare una guerra di resistenza. Creare dissenso. L'Unione Sovietica crollò per il dissenso interno fra il popolo e lo stato. Il polo è fatto di individui diceva Sant’Agostino. E il dissenso di ciascun individuo avrebbe potuto creare il dissenso generale.

E sotto quel cielo grigio così diverso da quello in cui era nato e cresciuto cercava la via di uscita.

Non mi riconosco qui, ma qui terminerò di vivere? Si chiedeva. Ben sapendo che i tempi e i luoghi del cielo non son quelli della terra.

Finirò per riconoscermi in questo cielo e questa terra, così lontana e diversa dalla mia fatta di sole e blu?

Eppure, sempre più si rincantucciava in quel grigio, come se il grigio fosse sempre più in lui. Come se nutrisse ormai i suoi pensieri, di lupo solitario, che parlava la stessa voce della foresta in cui era stato abbandonato.

E non era una voce di pace; l’uomo porta con sé la guerra dovunque fugga. In lui abitano i due mondi, sempre in guerra, e chi non è stolto sempre vigila sui giorni che vengono. E ora, quei giorni, erano i giorni cattivi. I giorni in cui si doveva vigilare per resistere ed esistere e mostrare al mondo che si può anche in modo indefinito, come le forme participiali; che reggono il mondo delle frasi in modo apparentemente non marcato ma sorprendente.

 

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