Tuesday 24 September 2019

Il carattere italiano e "i proto hic"




Nel porsi il problema del carattere degli italiani credo che il primo e fondamentale quesito sia: in quale mondo vivono?
La storia dell’Italia moderna si caratterizza per la mancanza di un “hic”, su cui si focalizzano le categorie del pensiero.

Esistono invece tanti “hic” nei quali le categorie di un pensiero si focalizzano.
Queste categorie o partono dall’interiorità o si costruiscono dall’esteriorità.
Noi propenderemmo per la seconda prospettiva. La categoria non è all’interiorità dell’uomo italiano ma gli appartiene in quanto la individua all’esterno di uno dei tanti “hic”
L’uomo italico non è certamente un uomo kantiano e nemmeno cartesiano. E’ piuttosto un uomo fenomenologico.
L’uomo italiano vive progettato verso l’esterno ed composto dagli strati dei “hic”.

Individuiamo due “hic” di partenza, uno dell’Italia pre-unitaria e uno dell’Italia quasi-unitaria.

Machiavelli e Guicciardini – “i proto-hic”

Da una parte abbiamo uno schema generato dal pensiero del Guicciardini in cui l’uomo si rifugia nel “particulare”, nel proprio tornaconto personale o del proprio clan familiare o comunque nel proprio mondo davanti alla coscienza che la realtà è immutabile nella sua imprevedibilità e impossibile da cambiare; dall’altra abbiamo lo schema machiavelliano dell’adattamento alla situazione e perfino della simulazione al solo scopo di raggiungere i propri fini, in entrambi è la realtà (effettuale) a dettare le ragioni all’uomo, a imporgli le proprie categorie, ma i modi di adattarvisi sono uno passivo (temporeggiatore) ed uno attivo (subdolo, machiavellico)



Liborio Romano – l’inventore della legge fisica del trasformismo 
“Meglio, in politica, aver rappresentato venti bandiere che nessuna: parecchi grandi uomini sono passati da una ad un’altra bandiera, e il mondo non si è trovato di ciò troppo male (Benedetto Croce)
Benedetto Croce ha ripetuto ciò che Romano Liborio aveva codificato: il trasformismo. Lo ha reso prassi e legge fisica fondamentale della politica italiana.
Per chi non sapesse chi era questo Carneade, riferiamo che incomincia la sua carriera in una setta carbonara e la prosegue da ministro di Polizia del re Borbone mentre si mantiene in contatto con Cavour, tradisce Cavour e si schiera con Garibaldi. Garibaldi lo farà ministro, Cavour lo escluderà da ogni carica.
Un uomo di forte personalità e intelligenza che vive costantemente in più stati contemporaneamente. A causa forse della sua estrema intelligenza tattica egli sa anticipare un nuovo stato rispetto a quello che aveva già occupato per cui chi vi si relaziona non ne coglierà mai la posizione in atto. Ma alla fine questa sua continua sovrapposizione di stati lo farà collassare e sarà emarginato dalla vita politica.
L'accusa più grave che generalmente gli si muove è quella di aver costituito una speciale forza dell'ordine composta di camorristi. Di essersi connesso con la camorra e di averne favorito il passaggio da illegale a legale. Di aver costruito la prima ufficiale (ma già Garibaldi in Sicilia lo aveva ufficiosamente anticipato) collusione fra stato e mafia facendo entrare nella forza di ordine pubblico Salvatore De Crescenzo (Tore 'e Criscienzo) capo camorrista e di conseguenza la camorra napoletana.
Liborio Romano non fa che esplicitare una forma implicita di collaborazione che nelle carceri borboniche del dopo i moti del 1848 aveva forgiato una prima connessione, fra camorristi e uomini politici liberali che si opponevano ai Borboni. Molti avvocati, professori, nobili, in contrasto con la dinastia dei Borboni erano finiti in carcere e si erano incontrati con i camorristi e ne era nata una certa intesa, sotto forma di rispetto e di conoscenza.
Quindi l'idea di Liborio aveva già una lunghezza d'onda che si estendeva a tutto l'ambiente liberale e che tendeva "a priori" ad un ordine di coesione fra camorra e stato.

Vi è anche una data che fissa quella legge fisica: 3 luglio 1860

Photo via https://www.bbc.com

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