Sunday 11 February 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" - Pinigųᶙ [1]



   

 Diego gali duoti man siek tiel pinigᶙ ?[2]

Diego era sulla porta. Stava per uscire, già aveva messo il kuprinė[3] in spalla, aveva detto a Rebeka “Ciao!” quando lei gli si parò davanti e con l’aria furba che le illuminava la faccia aveva detto quella frase.
Diego non aveva capito tutta la frase ma pinigᶙ sì, l’aveva capito bene.
- Taip. Gerai. Atsiprašau. Neturiu labai pinigᶙ [3]  - il suo lituano era da ridere, ma rispose meglio che poteva – ecco Rebeka, ho solo questi

Si era frugato in tasca, aveva due euro e cinquanta. Guardò nel portafoglio. Vi era un biglietto da cinquanta euro, così le diede i due euro e cinquanta.

- Veliau Rebeka, veliau duosiu tau daugiu pinigᶙ. Vakare. Gerai[4]?
- Gerai. Ciau! [5]
- Ciao

Anche Diego cominciava ad accorgersi che le principesse stavano cambiando. Erano diverse.
Goda, per esempio, che in passato litigava sempre con sua madre, era pigra totale e senza maniere, ora invece era divenuta più rispettosa. Si sforzava di fare le cose che la madre le chiedeva.
Aveva cominciato a mettere in ordine la camera, per esempio. Un pomeriggio Barbora[6] aveva portato la spesa. In casa c’era solo Goda. Aveva ricevuto il commesso di Barbora, aveva preso in consegna i sacchetti della spesa e l’aveva ordinatamente messa a posto in frigo.
La sera prima di andare a letto dava un bacio a sua madre. Di quando in quando aveva anche iniziato a dire “Ciau” a Diego.
La mattina quando Diego puliva le scarpe per sé e Rūta, Goda con la coda dell’occhio lo osservava.
La più grande paura di Diego era di non essere accettato. Ma lentamente vedeva che qualcosa andava cambiando.
Anche nella loro alimentazione aveva apportato delle piccole modifiche. Aveva cominciato a fare le bulvės frie[7] in padella. Rebeka e soprattutto Goda ormai ne andavano pazze.
Quando andava a Maxima vicino casa o a Rimi[8] in centro prendeva loro le chips.
Goda e Rebeka mangiavano troppi dolci e Diego cercava di rimpiazzare i troppi dolci con qualcosa di diverso. Meglio le chips che tutti i dolci che mangiano. Pensava.

Diego uscì finalmente fuori.
Finalmente era sereno. Il cielo appariva sgombro, senza nemmeno una nube. Il sole splendeva forte e tuttavia non riusciva a riscaldare l’aria che rimaneva gelata.
Mentre camminava sentiva lo scricchiolio della neve che marciva sotto i suoi piedi.
Dai tetti colava acqua e cadevano di tanto in tanto blocchi di neve che si scioglieva. In certe piccole strade del centro l’acqua correva come se fossero il letto di un ruscello.
Quel suono dell’acqua, il frangersi della neve sotto gli scarponcelli, la luce nitida e pulita che illuminava Vilnius innevata misero di buon umore Diego che ricominciò a pensare a come erano cambiate Rebeka e Goda mentre con i piedi cercava di rimanere sul marciapiede per evitare il flusso dell’acqua o le pozzanghere che riempivano le strade strette dell’ex ghetto ebraico dove camminava quella mattina.

Anche con Goda forse il principio del cambiamento era stato un pomeriggio che rientrato prima del solito aveva trovato Goda sola e chiusa in camera a giocare con il telefono.
Non aveva nemmeno risposto al suo saluto.
Allora Diego, un po’ ruffianamente, aveva deciso di darle dieci euro.
Aveva preso i soldi e era andato fino alla camera.
Aveva bussato. Goda non aveva risposto. Diego molto delicatamente aveva aperto la porta.

- Goda…tau…mama tyla [9] – e aveva messo l’indice al naso e il pollice leggermente flesso verso la bocca in segno di non dire niente dal momento che immaginava insufficiente il suo lituano

Goda fu evidentemente sorpresa. Dapprima guardò Diego con aria sospettosa. Poi quando vide nella mano di Diego i dieci euro che lui offriva i suoi occhi si accesero e le sue labbra sorrisero.

- Ačiū [10] - disse

Da quel giorno non molto cambiò se non che Goda cominciò a guardarlo con una certa aria di interesse, che prima non aveva.

Dopo essere sceso dal filobus sette alla fermata di Gėliᶙ gatvė, aveva attraversato il semaforo dell’incrocio di Pylimo gatvė e preso per Rūdininkᶙ , poi tagliato per il giardino di Rūdininkᶙ fino a Mėsiniᶙ gatvė, dove, alla fine della strada, aveva incrociato Vokiečiᶙ gatvė e dì lì aveva girato in direzione di Rotušės aikštė per raggiungere Pilies gatvė passando attraverso Didžioji e raggiungere la libreria Vaga, il centro delle sue letture e riflessioni esistenziali.
Quel percorso, che attraversava gran parte del vecchio ghetto gli piaceva in modo particolare. Lo ispirava, si potrebbe quasi dire.
Fare quel percorso lo preparava all’arrivo alla Vaga, che lui riteneva il luogo meno lituano di Vilnius. Era una libreria a carattere internazionale. Si parlava non solo lituano, ma anche russo, inglese, francese, tedesco e persino spagnolo.
In particolar modo amava la musica di sottofondo. Mettevano spesso i Rolling Stones e quella musica lo elettrizzava. Gli dava un impulso a pensare e scrivere.

Di certo quei soldi hanno prodotto un effetto su Goda. Forse si sarà chiesta perché uno come me arrivato da un altro paese che nemmeno è suo padre gli abbia dato dei soldi. Forse l’ha detto anche a Rebeka. Visto che anche lei mi ha chiesto i soldi.
Se quello era stato il risultato era dunque felice di averglieli dati. I soldi che tanta infelicità generano in questo mondo, che spesso distruggono vite umane e provocano guerre, in piccola quantità avevano generato un po’ di gioia in un cuore smarrito come quello di Goda.
I soldi sono un tema fondamentale nella vita, come il gioco.
Saper giocare insegna una migliore vita. Chi sa giocare gioca bene nella lotta del quotidiano, nella realtà, nell’amore, nel lavoro, nello studio, nei sentimenti. Il gioco è gioia di vita, gioia di esistere.
Goda e Rebeka erano un esempio di come il gioco possa rendere felici. Passavano ore in casa, sempre giocavano, mai si annoiavano.
Anche con i soldi avevano giocato. Non prendevano i soldi come l’essenza della vita ma come un gioco al pari di tutto il resto.


Quando aprì la porta della Vaga sentì un gran bisogno di giocare, di strapparsi di dosso la gravità della propria condizione. Ridurla a un fenomeno da osservare magari distaccato, non sentirla come il fondamento stesso dell’ esistenza.
La gravità del vivere ti si attacca addosso e soffoca tutto il resto. Ti toglie l’ossigeno. Ti soffoca. Devia la mente.
Doveva giocare. Imparare a giocare e riacquistare una mente lucida e un cuore felice.
Tutte quelle morti, i pensieri di trattenere in vita i genitori, avevano avvelenato la felicità che Rūta gli aveva dato.
Rūta sì, lei sì sapeva giocare alla felicità.

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[1] Soldi
[2] Diego puoi darmi qualche soldo?
[3] Lo zaino
[4] Più tardi. Più tardi ti darò altro denaro. Stasera. Va bene?
[5] Va bene
[6] Un servizio di spesa online con consegna a domicilio
[7] Patate fritte
[8] Altro centro commerciale, presente soprattutto nel centro di Vilnius
[9] Goda...per te...mamma silenzio
[10] Grazie


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