Sunday 28 January 2018

"Isole di felicità - Laimės salos" - Dovilė Una minaccia alle felicità di Rūta




A Vilnius ci sono due grandi centri commerciali (ce ne sono molti in verità – ma questi sono i più grandi): Ozas e Akropolis.
Rūta aveva sempre preferito Ozas. Un concept più moderno. Akrpolis a suo giudizio risentiva di un’idea vecchia di centro commerciale.
Quando voleva svagarsi era andata a Ozas.
C’era tanta gente. Tutti sembravano indaffarati. Sembravano avere un obiettivo, andare da qualche parte.
Quando era lì sentiva forte il desiderio di essere felice.

-     - Einu ᶖ Ozą. Aš irgi noriu būti laiminga[1]diceva a Goda e Rebeka quando decideva di andarvi

Ma questo era prima, quando era sola e soffriva la solitudine.
Quando si è soli vedere gli altri felici aiuta a annullare un po’ il proprio stato di infelicità.
Solo ora, ora che aveva Diego, capiva quanto disperato fosse stato andare a Ozas per vedere gli altri felici.
Ora non poteva andare da nessuna parte senza Diego, solo con Diego provava quello stato superiore di felicità per cui non necessitava gli altri.

Un pomeriggio che non poteva dire no a Dovilė, fu costretta ad andarci senza Diego.

- Non vorrei incontrare Dovilė ma non posso dirle di no
- Va bene, vai. Per me non è un problema
- Ma io vorrei stare sempre con te
- Anche io
- Saranno solo due, tre ore. Potrai stare senza di me?
- Per due, tre ore non morirò. Proverò a resistere amore
- Ma tu che farai?
- Leggerò, scriverò, guarderò la TV…dormirò un po’ forse

Dovilė voleva comprare un paio di scarpe da Deichmann. A Ozas vi era un negozio.
Con la neve aveva bisogno di un paio di scarpe robuste e calde. La neve e il sale, che viene cosparso per annullare la formazione del ghiaccio, richiedono scarpe solide a Vilnius.
Soprattutto occorrono scarpe con suola carrarmato, perché in inverno i marciapiedi della città e le carreggiate delle strade sono pericolosamente scivolosi.
Deichmann aveva uno stile che piaceva anche a Rūta.

- Forse mi comprerò anche io un paio di scarpe da Deichmann
- So come le comprerai – rispose Diego
- Come lo sai?
- Conosco il tuo stile
- E come le comprerò?
- A scarponcello. Tipo anfibio
- Come lo sapevi?
- Hai un’anima rock…so che stile preferisci
- Davvero mi conosci bene
- Credo proprio di sì…posso anche sbagliarmi qualche volta. Ma per lo più ti conosco molto bene
- Forse la prossima settimana potremmo ritornare insieme. Vorrei comprare un paio di scarpe anche a te Diego
- Oh Rūta…in tutta onestà mai ho conosciuto una donna come te
- Una volta ero felice di andare al centro commerciale e fare shopping per me, ora provo immensa felicità a comprare qualcosa per te. Prima compravo, tornavo a casa ed ero sola. Non avevo nessuno con cui condividere il piacere di comprare. Se compro qualcosa per te ora…vederti sorridere è una felicità più duratura. Non più quello stato di buio che accompagnava il ritorno a casa. Fare shopping era come una sbornia. Passato l’effetto euforico dell’alcol vi è solo depressione

Dovilė come al solito non era di buon umore. Sempre a causa del marito.
Rūta d’altra parte non aveva molta voglia di ascoltare le lamentele di Dovilė. Però quella sera Dovilė non voleva parlare di suo marito, evitava il discorso.
Segno che qualcosa di grave doveva essere accaduto.
Generalmente Dovilė era incline a parlare del marito quando ritornava, non quando se ne andava.

Disse solo, all’inizio

- Io ti invidio Rūta

Rūta risentita da quella-di-punto-in-bianco-domanda rispose:

- E perché?
- Tu hai l’amore, la felicità. Io no
- Ma tu non la cerchi la felicità. Accetti di vivere in un modo che non può darti felicità. Io onestamente ho finito per accettare molte cose che non avrei mai voluto accettare, forse anche perché non avevo grandi sogni nella vita…o meglio, ho sottomesso tutti i sogni possibili ad un solo sogno…l’amore
- Ma anche io voglio l’amore. Perché non ce l’ho?
- Non lo so. Ma tuo marito non può dartelo, non è la persona che può dartelo. Mi sembra chiaro. Devi cercarlo
- Vorrei fare sesso con un altro uomo
- Va bene. Sei arrabbiata, ti capisco. Vuoi la tua vendetta. Fai sesso con un altro uomo. Ti farà bene. Ma non sarà l’amore
- E come trovarlo?
- Non lo so…io l’ho cercato tutta la mia vita e l’ho trovato finalmente

Dovilė, tacque. Si tolse le scarpe che aveva provato.
Rūta notò che nel piegarsi per sfilarsi le scarpe il respiro di Dovilė diveniva affannoso.
Era un po’ ingrassata Dovilė, e il suo ventre si era rotondamente dilatato per cui nel piegarsi lo comprimeva e aveva difficoltà, divenendo il suo respiro più difficoltoso.
Dovilė beveva molto ultimamente e gli effetti dell’alcol si vedevano sul suo corpo. Tuttavia era ancora una donna attraente e per Rūta era incomprensibile come preferisse distruggersi anziché liberarsi di quel peso che le marcava la vita.

- Sono troppo strette, devo provare il quaranta o un trentanove, se esiste. Queste scarpe mi piacciono, speriamo di trovare la mia misura. Tu non compri niente?

Rūta era venuta sì con l’idea di comprare le scarpe ma la compagnia di Dovilė l’aveva distratta. La sua depressione l’aveva condizionata.
Ora aveva un solo desiderio: tornare a casa, non essere più con Dovilė. Voleva Diego, essere sola con lui.
Cominciò a provare risentimento per Dovilė e per come conduceva la sua vita.
Devo stare con persone felici, non con infelici – pensò.

- No, non compro le scarpe. Non vedo nulla di interessante. Lo sai che tipo di scarpe voglio…lo sai come sono difficile per le scarpe

Dovilė non rispose. Forse era troppo assorta nei suoi pensieri. Forse troppo affannata dal piegarsi. Forse anche lei provava risentimento verso Rūta.
Era ovvio che quell’incontro non rispondeva alle aspettative dell’una e dell’altra.
Tuttavia Dovilė continuò la ricerca delle scarpe.

- Ecco queste sono perfette! Le prendo. Con questa neve era proprio quelle che cercavo.

Quando uscirono dal negozio la faccia di Dovilė pareva rappacificata con la vita.
Rūta si ricordava di quell’effetto che produce lo shopping, di quell’attimo di tregua che ti concede perché hai gratificato te stessa. Ma sapeva bene che era un effetto di breve durata.

- Prendiamo un caffè Rūta
- Sì, vorrei. Un espresso?
- Sì, un espresso

Si sedettero a uno dei “Vero Cafe” che ci sono a Ozas.
Una delle caratteristiche di questi bar è di impiegare ragazzi molto giovani, inesperti.
Infatti al banco vi era un ragazzo che probabilmente avrà avuto non più di venti anni. Era indaffarato a tagliare un pezzo di torta congelata.
Lui era maldestro e chiaramente denunciava un’incapacità totale.
L’operazione sembrava non finire mai.
Dovilė aveva di nuovo lo sguardo cupo e nessuna voglia di parlare. Impassibilmente guardava il ragazzo impegnato nel taglio del dolce, che sembrava mai riuscire.

- Io davvero non capisco perché mettono dei ragazzi così a servire al bar, perfettamente incapaci! – disse Dovilė uscendo dalla sua apatia
- Veramente snervante – ribadì Rūta ma contenta che alla fine Dovilė avesse rotto il silenzio

Finalmente il ragazzo riuscì a tagliare la torta, metterla in un piatto e portarla al tavolo al cliente.
Ordinarono i caffè e si sedettero in attesa che glielo portassero.
Per fortuna questa volta l’attesa non fu lunga.

- Forse io non sono fatta per la vita di coppia – esordì Dovilė che alla fine aveva voglia di aprirsi
- Che vuoi dire?
- Non trovo intesa con mio marito. Ormai non ci capiamo più. Eppure all’inizio andavamo d’accordo. Era un bell’amore…poi lui ha cominciato a bere…e da allora è stata una rovina
- Ma perché ha cominciato?
- Non so…ha detto che la vita con me era divenuta monotona…soprattutto a letto. A lui non basta il sesso vaginale…vorrebbe di più. Ma io non voglio fare sesso anale…sento male! E non riesco a mangiare il suo sperma quando lui viene in bocca, mi fa vomitare…forse per questo ha cercato un’altra donna

Rūta aveva sempre sospettato che quella potesse essere una delle cause. A lei Dovilė era sempre parsa frigida, poco propensa al sesso. Si era sempre chiesta come infatti suo marito potesse convivere con una donna così che sembrava amare tutto fuorché il sesso. Amava mangiare, bere, stare in compagnia di amiche per ore ma quando parlavano di sesso fra amiche lei trovava sempre cose negative.

- Io non posso baciare mio marito la mattina. Non ha un buon sapore la sua bocca la mattina – aveva detto una volta a casa di Jolita, ubriaca
- Ma come? – aveva risposto Rūta – E’ tuo marito. Se lo ami come non puoi baciarlo? Io se amo, amo tutto…
- Non posso Rūta . Io non posso davvero

Rūta tacque. Avrebbe voluto dirle che una donna deve concedersi in tutto. Non può limitare l’atto sessuale del marito, altrimenti, è chiaro, cercherà altre opportunità. Ma tacque. Non voleva rivelare la sua intimità a Dovilė.
Ma Dovilė quasi le avesse letto il pensiero le chiese:

- E tu? Come ti comporti tu con gli uomini? Non mi sembri come me…

Rūta si sentì imbarazzata.

- Non credo che un uomo vada limitato. Se lo ami puoi fare tutto per lui. Questo è quello che penso
- Allora tu mi dici che sbaglio?
- Ti dico com’è il mio punto di vista. Se ami puoi trovare piacere nel fare ciò che piace all’altro, perché diventi una cosa sola. Non sei più due entità separate. Se lui prova piacere anche tu provi piacere. Io non ho il tuo problema

- Allora…tu fai sesso anale…?
- Oh Dovilė!...
- Mangi il suo sperma?
- Oh Dieve!...sì faccio sesso anale e mangio il suo sperma!…vuoi sapere altro? Ma per me è un piacere perché do piacere a lui. Non lo sento come un nemico, un estraneo. Lo sento come parte di me. Dentro di me. Godo del suo piacere, del piacere che lui mi dà e io gli do…

- Non ti capisco…
- Non importa Dovilė…forse è ormai tardi. E’ tempo di chiamare un taxi e andare a casa. Questa conversazione mi imbarazza
- Atsiprašau[2] 

In quel momento il telefono di Dovilė suonò. Dovilė rispose e per un po’ non parlò. Poi prese a urlare.

- Che??? Tu mi chiami e mi dici che hai conosciuto un’altra e mi vuoi lasciare? Sei andato via di casa da tre giorni! Da tre giorni non ho più notizie di te…da tre giorni ti aspetto! E soffro come una pazza…e ora mi chiami per dirmi che hai conosciuto una che si chiama Inga e vuoi lasciarmi? Ma tu sei pazzo???
E le figlie? E me? – s i fermò, era livida, era chiaramente fuori di sé – ma che credi? Credi che anche io non troverò un cazzo migliore del tuo? O pensi che solo tu puoi trovare culi migliori del mio???

Dovilė urlava come una matta. La gente si fermava e ascoltava.
Rūta era diventata tutta rossa e tremava.
Non capiva più una parola di quello che diceva Dovilė che continuò a parlare al telefono per pochi secondi che a Rūta sembrarono attimi eterni.

Capì solo la frase con cui Dovilė chiuse la conversazione:

- Eik nachui![3]


[1] Vado a Oza. Anche io voglio essere felice
[2] Scusami
[3] Vaffanculo

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