Thursday 10 December 2015

Com'è cominciato il Sessantotto?




Com'è cominciato il '68?
Forse pochi sanno che tutto cominciò con l'uccisione di uno studente, Benno Ohnesorg.
Fu ucciso volontariamente da un poliziotto tedesco, Karl Heinz Kurras, che poi si scoprì lavorava per la STASI, la polizia segreta della Germania comunista.
Se non ci fosse stato quell'omicidio forse neppure sarebbe cominciato il '68.
Ma la STASI aveva forse programmato quell'omicidio. Si doveva creare un caso (oggi si chiamano false flags) per scatenare l'odio verso la polizia di stato della Germania Federale e verso lo stato stesso della Germania Federale, già colpevole quel giorno di ospitare lo Scià Reza Pahlavi, contro il quale si erano appunto mobilitate le contestazioni studentesche.
Molti sapevano. E molti tacquero.

Il senso di colpa, specialmente in un paese luterano, non è qualcosa che si scioglie come neve al sole ma può perdurare e tramandarsi dal padre al figlio e condizionare le scelte dei figli, di una società che paga le colpe dei padri, di una nazione che paga le colpe dei governi.


E’ una foto in bianco e nero, un po’ ingiallita.
Fu fatta in un cortile dove venivano parcheggiate le auto.
E’ un mondo grigio e distante che chiede solo di essere dimenticato.
Lì per terra giace Benno Ohnesorg: un mucchietto di stracci sul cemento. Ha la testa quasi completamente volta all’indietro, come se qualcuno gliel’avesse girata a 360 gradi. I piedi, con i suoi sandali francescani, rattrappiti l’uno sull’altro.
Il suo corpo è lungo e disteso.
A destra vi un poliziotto, il Polizeieinsatzleiter Helmut Stärke, sorpreso dal flash del fotografo in una posa da ebete.
A sinistra un poliziotto in divisa: Horst Geyer, der Polizeiobermeister che gridò "Bist du denn wahnsinnig, hier zu schießen?”
Accanto a Geyer vi è un poliziotto (non identificato) di bell’aspetto in abiti civili. Ancora più a sinistra, dopo il poliziotto elegante e di bell’aspetto, mezza faccia, quasi invisibile, vi è la mano armata della Stasi che cambiò la direzione della Storia: Karl Heinz Kurras.

-       L’avete identificato – fece l’agente in abiti civili sorpreso dal flash e con l’espressione da ebete
-       - Ja, Polizeieinsatzleiter Helmut Stärke! Si tratta di uno studente. Certo Benno Ohnesorg. Presumibilmente uno di quelli che hanno dimostrato contro lo Scià.

A quelle parole Stärke guardò di sottecchi Kurras. Uno sguardo freddo, accusatorio. Chiaramente pieno di sgomento per le conseguenze…

-       Beh, Horst – fece Stärke – ricordati questa data : 2 giugno 1967. Da oggi molte cose cambieranno…

Molti anni dopo, ben 45, il giudice Karl Stärke figlio del Polizeieinsatzleiter Helmut Stärke, riesaminava quella foto. Stanco dei pensieri funesti che si accatastavano uno dietro l’altro sullo sterno e lo facevano dolere, sgomentato gettò un’occhiata dalla finestra del sesto piano dell’ Hotel Palace dove si trovava da quando era giunto a Berlino da München. Da lì godeva una vista formidabile sul Neuer See e il Tiergarten.
Almeno quella era una certezza. Quella foto invece era un incubo.
Karl Heinz Kurras era stato l’incubo di tutta la sua vita e della vita di suo padre, che l’aveva protetto. Ma perché? Perché aveva protetto un simile assassino che per di più lavorava per la Stasi?
Che anche suo padre vi fosse in qualche modo implicato con quel polipo tutto tentacoli che fu la Stasi?
L’aveva spesso pensato e non solo lui…
Otto Bohr era il nome operativo e di copertura di Kurras rinvenuto negli archivi della Stasi…e quello di suo padre?...
Oggi avrebbe incontrato Wensiersky, il giornalista del Der Spiegel, che stava indagando per conto suo da anni e aveva accumulato un bel po’ di nuove prove su quell’assurdo omicidio senza motivo. Il valore della vita è pari a zero; è solo una supposizione del pensiero quella di sentirsi unico ed irripetibile…ma unico ed irripetibile di che se un colpo di pistola può cancellarti in un attimo?

-       Ma perché l’avranno ammazzato? – si ripeteva ogni volta quasi sperasse che le conclusioni a cui era arrivato non fossero vere.

E le conclusioni erano sempre quelle di una congiura. Una congiura ed una copertura, ermetica, della polizia di Berlino a favore di Kurras. E suo padre ne era stato un protagonista.

-       E’ peggio di quello che avessimo mai immaginato! – aveva detto Hans Christian Ströbele, il parlamentare verde, in una recente intervista in TV, lui che quegli anni del Risveglio Politico li aveva vissuti e anche sofferti

Stärke ritornò al tavolo posò la fotografia e si sedé davanti al computer. Riprese a guardare il video di quel 2 giugno 1967.
C’era una città divisa quel giorno. Da una parte i berlinesi felici per la visita di una altezza reale: lo Scià Reza Pahlavi in uniforme bianca e la sua consorte che indossava un’intera collezione di gioielli nei capelli. Poi c’erano gli altri, i contestatori. Circa 2.000 che aspettavano invece lo Scià macellaio; quello che con la polizia segreta, la Savak, faceva sparire gli oppositori del regime torturandoli e massacrandoli.
Quel giorno erano stati schierati 4.000 poliziotti in uniforme; più 250 uomini della Kripo, fra cui 88 funzionari dell’Abteilung I, Staatschutz., che non indossavano la divisa ma leggeri vestiti estivi. Con quelli c’era anche suo padre, der Polizeieinsatzleiter Helmut Stärke.
A quel pensiero Karl si sentì a disagio. Che suo padre fosse finito in quella macchina della congiura che aveva dato una sterzata alla Storia non gli dava abento. Una macchina fatta di menzogne e sangue. Era una fitta, un messaggio che gli ripeteva dentro: non voglio essere come lui. Mai! Eppure era una contaminazione che lo accompagnava fin da piccolo e continuava ad infettarlo, come se avesse dentro una voce che gli urlasse quello stesso destino.
Fermò il video. Si sentiva pieno di quell’ angoscia.
Anche oggi era il 2 giugno, come 45 anni fa.

Suonò il cellulare. Era Wensiersky.

-       Hallo Peter
-       Hallo Karl. Volevo solo sapere se mi confermi il pranzo di oggi
-       Sì, certo Peter. Alle 12,30 come d’accordo. Al First Floor, il ristorante dell’hotel
-       Gut. Allora ci vediamo fra poco. Bis dann.
-       Bis dann

Wensiersky aveva gli occhi bovini, come quelli di San Tommaso mentre parlava e beveva lo Spätburgunder che Karl aveva ordinato

-       E’ fantastico questo vino Karl!
-       E’ il mio vino preferito Peter. Un Pinot noir di grande qualità
-       Complimenti!
-       Grazie Peter
-       Vedi Karl…- disse solenne portando il bicchiere all’altezza del naso per aspirarne l’incredibile aroma - tutto si è svolto in quel cortile che dà sulla Krummen Straβe. Lì è terminata la Fuchsjagd che era cominciata davanti alla Deutsche Oper. Partiamo da una delle sequenze finali. Foto davanti al tenditappeti – e porse una foto a Karl - …vedi…questo poliziotto in divisa, Kurt Wegner, raggiunge dopo averlo inseguito lo studente Ruβhoff, uno dei contestatori presenti alla manifestazione anti Scià. Lo blocca davanti al tenditappeti sul prato, del condominio, che precede l’ingresso al parcheggio dove verrà ucciso Benno. Wegner blocca Ruβhoff, lo getta a terra e comincia a picchiarlo con il manganello. In questa foto Benno Ohnesorg lo vedi in primo piano, che osserva la scena. Si riconosce bene per i sandali francescani che ci aiuteranno ad identificarlo in altre foto.

Karl prese la foto e la guardò.

-       Ma qui Kurras non c’è – disse
-       Non si vede, ma c’è. Te lo posso assicurare
-       E come? L’agente Wegner durante un’udienza dichiarò che per tutta la sera , dalle 19 alle 22, non l’aveva mai visto
-       Sì conosco questa versione. Ma Kurras era lì…e anche tuo padre Karl era lì…

La fitta al centro dello sterno si fece di nuovo sentire.

-       E tu come lo sai Peter?
-       Ho i miei informatori…

Peter stava per continuare ma l’arrivo dei piatti interruppe la discussione. I due si soffermarono a guardare estasiati la composizione del Thunfisch mit Meerrettich. Una meraviglia.
Wensiersky fu il primo ad assaggiare il piatto. Karl indugiava, non osando sciupare la bellezza della composizone.

-       Lecker ! – sentenziò Wensiersky
-       Köstlich! – rispose Karl dopo aver a sua volta assaggiato il piatto

Mangiarono rapiti, per un po’ in silenzio.

-       Ma quante persone c’erano in quel momento, lì sul prato? – chiese Karl
-       Una ventina. Una ventina di studenti avevano circondato Wegner…volevano forse sottrargli il manganello con cui stava picchiando Ruβhoff ma non l’hanno fatto. Sono rimasti indecisi…se osservi l’atteggiamento del corpo di Ohnesorg rispecchia bene l’atteggiamento di tutti gli altri…
-       Chi può testimoniarlo?
-       Schoner, il fotografo
-       Finalmente si è deciso a parlare…e perché proprio ora?
-       Non saprei…forse perché è ormai vecchio . E le colpe cominciano a pesare…
-       Può darsi che sia così, come tu dici…ma potrebbero esserci anche altri motivi…

Karl non aggiunse altro ma sapeva che il giornale aveva versato una bella somma a Schoner, che era malato ed aveva bisogno di soldi per curarsi, in cambio delle foto che finora non aveva mai prodotto.

-       Ma ho qualcosa di nuovo per te Karl

Tirò fuori il portatile e lo mise sul tavolo. Lo accese. Bevve un sorso di vino e quando il computer fu operativo aprì un file che aveva il nome “Kurras Pistola”.

-       Tieni presente Karl che quanto vedrai qui, va inquadrato in tutta la sequenza che abbiamo già visto, Fuchsjagd – foto al tenditappeti. Come ti ho detto nella foto di prima c’erano una ventina di studenti fuori obiettivo. Subito dopo che la foto fu scattata da Schoner irruppe un manipolo di poliziotti in uniforme che cominciarono a picchiare a destra e sinistra. Ci fu un fuggi fuggi generale e solo due vengono intercettati e picchiati: Freidenberg ed Ohnesorg. Ora il filmato che vedrai è colto esattamente nel momento in cui i poliziotti irrompono nel prato e tutti fuggono eccetto che Freidenberg e Ohnesorg perché vengono intercettati. Questi ultimi due cominciano a venir picchiati …guarda questa foto: a terra vedi Freidenberg con un poliziotto che lo bastona come un animale mentre Freidenberg si copre il capo per pararsi dai colpi… sullo sfondo si vedono molte gambe e piedi in movimento che circondano qualcuno di cui si vede solo i sandali, e quello non può che essere Ohnesorg…ma a questo punto ritorniamo un attimo indietro e guardiamo questo brevissimo filmato…

-       Di chi è il filmato?
-       Di Dietrich Bertram della SFB (Sender Freies Berlin)
-       Anche lui ha parlato per rimorsi di vecchiaia?...
-       Può darsi replicò Wensiersky con un sorriso sfuggente e bevve di nuovo un sorso di Spätburgunder –
-       Lecker! – ripeté - …il filmato è di otto secondi. E’ rallentato al massimo. I secondi sono numerati.
Stärke si mise gli occhiali e guardò. Al secondo numero 6 si vedeva un’ ombra di un uomo venire con passo regolare dalla parte del prato. C’era un momento in cui l’uomo passava davanti ad una Volkswagen Maggiolino bianca che finiva per contornare meglio la sagoma dell’uomo e in quel momento si vedeva bene che l’uomo teneva in mano un oggetto che aveva la forma di una pistola. La sagoma dell’uomo era abbastanza riconoscibile e assomigliava molto a Kurras…

-       Ecco Karl, questi probabilmente sono gli ultimi secondi di vita di quel povero ragazzo…Benno…un giovane che aveva una vita segnata fin dalla nascita…


Karl inghiottì fiele. Perché suo padre non era riuscito qualche secondo prima a bloccare Benno? come aveva dichiarato di aver cercato di fare durante un’udienza in uno dei tanti processi…Aveva detto che Ohnesorg gli era sfuggito perché aveva cominciato a scalciare e a dare pugni…ma suo padre era un uomo robusto e Ohnesorg era magro anche se alto…Congiura…la parola gli annebbiò la vista

-       Karl, stai bene?
-       Sì, Peter…sto bene…forse devo bere anch’io un po’ di Spätburgunder…
-       Ecco Karl questa è la foto scattata pochi attimi dopo che Kurras ha sparato a
-       Ohnesorg

Karl prese la foto. In primo piano si vedeva Feidenberg che ora stava in piedi e con la mano sinistra si teneva la testa (probabilmente per effetto dello sparo il poliziotto che lo picchiava l’aveva mollato). Sullo sfondo c’era Kurras che osservava da dietro le spalle di due poliziotti in divisa…Quella fu un’esecuzione, non c’è dubbio. Non c’era un motivo per cui Kurras avrebbe dovuto sparare. Sparare su un uomo mentre veniva manganellato e stava per cadere a terra…non c’era motivo…Era la provocazione di un agente provocatore. Non c’era una prova che potesse dimostrarlo, ma le intuizioni, un’intuizione generale che durava da 45 anni, non poteva essere falsa…non può essere falsa…Lì vi erano presenti un bel po’ di poliziotti che furono sospettati di essere IM (Inoffizielle Mitarbeiter des Ministeriums für Staatssicherheit), agenti della Stasi: Heinrich Bürger che poi figurò presente come IM negli atti della Stasi. Lo stesso fotografo Jürgen Henschel che scattò la foto di Ohnesorg morente, lavorava per “Wahrheit” l’organo ufficiale del SEW (Die Sozialistische Einheitspartei Westberlins) che era completamente dipendente dal SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands della DDr) e infine…suo padre…anche lui era stato sospettato…e quel grido dopo lo sparo registrato dalla Süddeutscher Rundfunk: "Kurras, gleich nach hinten! Los! Schnell weg" che era stato attribuito a suo padre…e quella foto di suo padre che stava davanti a Dietrich Bertram cameraman della SFB e gridava “Licht aus!” e Kurras ben visibile dopo lui... E suo padre che aveva sempre dichiarato di non aver mai visto Kurras!

-       Peter, onestamente, mio padre era un IM?
-       Karl…non so risponderti…ma tuo padre chiuse una porta alla verità e a se stesso come uomo. Quella porta è rimasta chiusa anche dopo la morte e tu sei lì davanti a quella porta e non riesci ad aprirla e non potrai mai perché in verità anche tu non vuoi aprirla, perché hai paura della verità…se la Stasi abbia intenzionalmente armato la mano di Kurras non saprei…certo la Stasi aveva creato una macchina che doveva produrre il Sessantotto, fosse pure anche qualche anno più tardi…

Le parole di Peter portarono Karl Stärke a frugare nella mente un brandello di poesia trovata nella giubba insanguinata di un altro figlio che la storia aveva da lungo sepolto, che aveva tentato di cambiare il destino macchinando un attentato ad Hitler: Albrecht Hausofer, il cui padre aveva trasmesso ad Hitler poteri invisibili e gli aveva aperto le porte che Albrecht tentò di chiudere e per questo fu fatto brandelli:


Per mio padre il destino aveva parlato
Da lui dipese ancora una volta
Ricacciare il demonio nella sua prigione
Mio padre ha spezzato il sigillo
Non ha sentito il soffio del Maligno
Ha lasciato libero il demonio per il mondo


E mentre quelle parole gli scivolavano lungo la memoria come i titoli finali di un film mormorò:

…Schuldig bin ich
Anders als ihr denkt…
Und heute weiß ich, was ich schuldig war…


Princas Vilnuje
Fabrizio Ulivieri


No comments:

Post a Comment

Why I write

  Ordinary life does interest me. It gives me substance and makes me be what I am. But I seek in it only the high moments. I search for the ...